La sua storia è legata a doppia mandata a quella del MystFest.
Nel 2006 ha vinto il premio Gran Giallo città di Cattolica, con il racconto “Una storia da rubare”. La sua ascesa di scrittrice gialla e thriller si è tramutata in un’impennata. Il suo esordito sulle pagine del Giallo Mondadori con La bambola di cristallo, è uscito anche in Inghilterra e negli Stati Uniti, ed è stata scelta dalla BBC per il documentario Italian noir sul giallo italiano.
Oggi, a distanza di sedici anni dalla sua prima volta al MystFest, Barbara Baraldi è ancora al Festival del Giallo di Cattolica ma (da tre stagioni) in veste di giurato del Gran Premio Città di Cattolica, dove ha presentato, lo scorso sabato 18 giugno, la sua ultima fatica letteraria, Cambiare le ossa.
Originaria della Bassa emiliana, la Baraldi è autrice di thriller, romanzi per ragazzi e sceneggiature di fumetti per la serie cult a fumetti “Dylan Dog”.
La sua protagonista Aurora Scalviati ora ritorna in questo nuovo thriller impetuoso (pp. 396, euro 16,90, Giunti editore) e costruito con precisione chirurgica. Il riferimento medico non è casuale: la madre, il suo amante e Tito Ferretti sono tre vittime che non sembrano avere nulla in comune. Eppure Aurora Scalviati, figlia del magistrato che negli anni Ottanta seguì il caso del mostro, venuta al mondo la stessa notte in cui le mani del padre si macchiarono di sangue, è attratta da due indizi inquietanti: delle inspiegabili incisioni sulle ossa di Ferretti e un libro misterioso sulle connessioni fra teoria quantistica e fede. Mentre è all’opera per scorgere quelle connessioni che nessun altro vede, nella storia irrompe un’altra notizia sconvolgente: Giorgia, una ragazzina di dodici anni, è appena stata rapita.
È l’inizio di un viaggio allucinante dove Aurora dovrà ricostruire un meccanismo perfetto e spietato, confrontarsi con la potenza della mente umana e capire, una volta di più, che il passato è l’unica chiave per penetrare il presente. E l’unica possibilità di redimersi.
Il passato e il presente, due porte per affrontare il futuro. Nel suo caso, il passato è legato indissolubilmente alla figura della nonna.
“Siamo le nostre radici. In agosto sarà un anno che nonna Franca ci ha lasciati, dopo che non c’è stato un giorno senza che fosse nella mia vita. E non parlo spiritualmente, che è ancora con me, ma della sua presenza, perché lei occupava spazio, ti abbracciava stretto, chiamava ogni giorno, ovunque io fossi riusciva a raggiungermi. Se lo
prendeva quello spazio, con la fermezza di una bambina mai cresciuta, e insieme di una donna che bambina non è stata mai”.
A sua nonna deve la lettura, le storie e la capacità di affrontare la paura già da bambina.
“Mi saltano addosso i ricordi di nonna, di entrambe le nonne, soprattutto quelli che riguardano le storie che mi raccontava.
Ricordo dove mi sedevo: per terra, tra il garage – che aveva trasformato in un deposito di piante e mobiletti e cose varie – e il cortile. Lei sulla sedia, con mia madre e spesso mia zia, noi bambini sul tappeto e mio nonno che andava avanti e indietro per l’orto, fischiettando. Lei mi leggeva Barbablù (ma anche Le storie della malanotte), da queste pagine vissute, perché ogni giorno apriva il libro come fosse un rito e lo sfogliavamo insieme, e ogni volta affrontando la paura trovavo la libertà.
Quando nonna è morta non sono riuscita a piangere, il dolore era troppo grande e mi è rimasto bloccato nelle ossa. Non è una metafora: sindrome della spalla congelata”.
Quanto è legato Cambiare le ossa alla nonna Franca?
“A un giorno dall’uscita di Cambiare le ossa sono finalmente riuscita a piangere, ricordando lo scorso anno mentre la storia prendeva la sua forma, proprio il giorno prima della sua morte improvvisa.
Sì, la nonna è andata via quando la storia del romanzo mi è arrivata. Inseparabili, gioia e dolore, Come i suoi occhi. Quello nero che aveva visto il male, e quello azzurro che costudiva tutta la bellezza che c’è. È uscito Cambiare le ossa e so mia nonna è con me perché trovava sempre un modo per raggiungermi, e farsi sentire”.
“Nella vita ci sono eventi che non cambiano solo la pelle ma anche le ossa, tanto agiscono nel profondo.
Ritorno alla mia infanzia. Le storie lette dalle nonne insegnavano a prestare attenzione al buio. Nella prima storia che ho pubblicato, mi sono impegnata ad esorcizzare la paura. Un lettore mi ha scritto dicendo che quella che più metteva paura era la storia di Neretto, una di quella che mi raccontavano le nonne”.
Barbara Baraldi e Cattolica.
“È stato il luogo di villeggiatura della mia famiglia a luglio, che ho frequentato ininterrottamente fino ai 18 anni quando ho affrontato l’esame di maturità.
Era più tranquilla rispetto a Riccione, ma nel corso delle stagioni è cresciuta tanto. Resta però sempre molto familiare, regala un abbraccio”.
Con queste prenesse era quasi naturale per lei partecipare al Gran Giallo.
“Ero un aspitrante scrittrice, inviavo manoscritti agli editori, ricevendo lettere prestampate di rifiuto appena 7 giorni dopo l’invio delle fotocopie. Quando sono venuta a conoscenza del bando del Gran Giallo non ho avuto dubbi: ci provo. D’altra parte mia nonna era un’appassionata lettrice del Giallo Mondadori. Non dimenticherò mai la telefonata che mi ha annunciava la vittoria, e quella dell’editor Mondodari che domandava: «Non è che ha un romanzo pronto?». Il romanzo ce l’avevo, e 6 mesi più tardi La bambola di cristallo usciva con il Giallo Mondadori.
Il Gran Premio di Cattolica serve a far luce sui talenti saltando la coda del manoscritto. Lo consiglio a tutti aspiranti scrittori. Da tre anni sono nella giuria. È un cerchio che si è chiuso felicemente”.