Sotto i raggi del sole, a due passi dal mare la stagione estiva riminese è ormai alle porte e bussa con una certa insistenza. Rimini, una delle più importanti mete del turismo balneare, è pronta ad accogliere turisti, vacanzieri e fedeli cittadini sotto i propri ombrelloni. Ma c’è un piccolo, e grande, problema.
I bagnini della riviera lamentano che “non c’è personale, ai colloqui non si presenta nessuno”.
Diego Casadei, presidente della cooperativa bagnini di Riccione, pensa che il problema non sia quello retributivo: “Non si arriva neanche alla contrattazione sulla retribuzione, perché agli annunci nessuno risponde” e Mauro Vanni, presidente della cooperativa bagnini Rimini Sud, gli fa eco: “I motivi sono diversi. Fino ai sedici anni assumere un ragazzino è complicato, ci sono molti limiti imposti e se si sbaglia qualcosa nei contratti o negli orari scatta il penale”.
Altra complicazione, che la pandemia ha sollevato, è che non riescono neanche più ad affidarsi alla manodopera straniera. Si cerca allora di assoldare figli, nipoti e parenti. In più? Il reddito di cittadinanza risulta essere, secondo i pensieri dei proprietari degli stabilimenti balneari, l’ennesima scusa’ che permette ai giovani di oggi di starsene a casa o direttamente in spiaggia (come clienti) a non preoccuparsi di nient’altro se non la tintarella. “C’è un cambiamento culturale, e non da oggi. Basterebbe la voglia di lavorare…”. Ma è davvero questo il problema? I giovani di oggi non hanno voglia di rimboccarsi le maniche e sporcarsi le mani? Oppure c’è dell’altro? Sono gli stessi giovani a rispondere.
Le testimonianze
“Ho iniziato qualche anno fa come ragazzo di riferimento per noleggio di gommoni e giochi acquatici al centro nautico direttamente a riva. – racconta Thomas, 24 anni – Gli orari erano davvero estesi e pesanti, con una pausa pranzo che in realtà pausa non era: molti turisti, soprattutto tedeschi, tendono ad arrivare in acqua all’ora di pranzo e sostanzialmente dovevo essere disponibile e reperibile a qualsiasi orario. Se dovessi parlare con sincerità, non rifarei mai più un’esperienza del genere.
Ma diciamo che ero piuttosto inesperto e certe cose me le facevo andar bene anche se, di positivo, c’era ben poco. L’anno dopo, invece, fino alla scorsa estate, ho lavorato come aiuto bagnino a Marina Centro. Decisamente altra storia, proprio dove stavo io la clientela era prevalentemente (se non completamente) riminese e l’età media era di 70 anni.
Mi sono trovato bene, molto meglio, anche se la fatica non era comunque da meno. Il mestiere del bagnino è uno di quelli in cui devi dimostrare di essere autonomo, svelto e con grande spirito d’adattamento, cioè non devi aspettare che qualcuno ti prenda sotto la sua ala e ti spieghi per filo e per segno quello che devi fare. Lo fai e basta. Bisogna armarsi di pazienza e tenacia, saranno le uniche ancore di salvezza per arrivare a settembre. La sostanziale difficoltà qui a Rimini, per quanto riguarda i lavori estivi e stagionali, è trovare qualcuno che ti proponga un contratto ben definito e che ti tuteli”.
“La mia priorità è lo studio, ma il lavoro stagionale l’ho sperimentato. – esordisce Matteo, 20 anni da poco compiuti – La scorsa estate ho lavorato come bagnino in un parco acquatico a Cesenatico. Avevo trovato il posto a fine aprile grazie ad un’amica che ha interceduto per me. Ho cominciato poi verso il 15 giugno e ho lavorato fino a metà settembre. Mi sono trovato piuttosto bene, una giornata tipo cominciava per esempio alle 8.30 e si protraeva fino alle 12.30, seguiva una pausa pranzo di due ore e mezza, e si riprendeva dalle 15 fino alle 18.30.
L’ambiente era fresco e giovanile, i miei colleghi avevano su per giù quasi tutti tra i 18 e i 24 anni, ma c’era anche qualche ragazzo più piccolo che faceva lo stage stando sugli scivoli. È un lavoro sicuramente pesante e stancante, ma per chi ha bisogno di lavorare solo d’estate in pausa dallo studio è piuttosto comodo”, ma comunque concorda con Thomas: “Bisogna saper adeguarsi” e aggiunge: “Chi non accetta qualche compromesso alla fine non arriva da nessuna parte!”. Neanche lui, come Thomas, quest’anno riprenderà la stagione, causa studio: “Ho troppi esami da dare all’università, ma probabilmente l’anno prossimo ci farò un pensierino”.
Come sempre, dunque, la verità sta nel mezzo.
Non è vero che i giovani riminesi non hanno voglia di mettersi in gioco, o almeno non si può generalizzare.
Magari ci provano, tentano, ma l’anno dopo, se non si sono trovati bene, preferiscono ripiegare su qualcos’altro. Il turismo balneare della riviera avrebbe bisogno probabilmente di una ventata di innovazione e più accuratezza nei rapporti lavorativi.
È vero, c’è tanto a cui pensare e da fare peroffrire tutti quei servizi che rendono Rimini città allettante e meta preferita per svago e divertimenti, ma altrettanto impegno meriterebbe il rendere invitante la stagione lavorativa per chi, quei servizi, li garantisce con il proprio lavoro e la propria fatica. Insomma, in questa specie di tiro alla fune in cui ad un estremo troviamo datori di lavoro che cercano solo mani in più e all’altro invece i giovani lavoratori a cui piacerebbe trovare un impiego estivo senza troppe complicazioni, sarebbe sufficiente trovare un punto di incontro che possa esser vantaggioso per entrambe le parti. Evitando inutili generalizzazioni e polemiche.