Al Teatro Comunale di Bolzano l’opera Powder Her Face di Thomas Adès in un convincente allestimento del regista Julien Chavaz
BOLZANO, 25 marzo 2022 – Opera da camera in due atti, Powder Her Face (Incipriale il viso) aveva rivelato nel 1995 il talento dell’appena ventiquattrenne compositore Thomas Adès. È passato ormai parecchio tempo e il catalogo del musicista inglese, che nel frattempo viene eseguito sempre più spesso anche in Italia, si è arricchito di numerosi titoli operistici e strumentali: un’attività di scrittura proseguita con successo insieme alla carriera di pianista e direttore d’orchestra.
A trasformare in libretto d’opera le avventure galanti della chiacchierata Duchessa di Argyll, personaggio della high society britannica, è stato lo scrittore inglese Philip Hensher. Oggetto d’interesse e motivo di scandalo non sono tanto gli ottantotto amanti che le vennero attribuiti dal marito al momento del divorzio, quanto il voyeurismo catalizzatosi attorno al personaggio: inizio di una deriva irreversibile imboccata dalla stampa scandalistica, trasformatasi rapidamente in macchina infernale, in grado d’invadere ogni spazio privato di personaggi più o meno famosi. Come un lungo flash back, la vicenda si concatena in una successione di scene che si dipanano dal 1934 al 1963 (data del divorzio), quando la licenziosa nobildonna aveva ormai perduto tutto il suo denaro: ma se il modo scelto dal librettista per raccontare il vortice d’imprese erotiche della Duchessa irride con garbo feroce alla vacuità della sua esistenza e di un’intera classe sociale, la musica di Adès l’amplifica rivestendola di sferzante ironia.
Powder Her Face è stato proposto, come ultimo titolo del cartellone di Oper.a Festival 2022, al Teatro Comunale di Bolzano in un allestimento della Nouvel Opéra Fribourg: spettacolo che porta la firma di Julien Chavaz, con le scene di Annelise Neudecker, i costumi di Severine Besson e le luci di Eloi Gianini. Il regista svizzero ha il merito di esser riuscito a renderne la dimensione di ‘opera da camera’, tanto più che l’intera vicenda si svolge – come previsto dal libretto – in un’unica stanza d’albergo. Al centro della scena c’è un letto rotondo girevole (la scansione dei vari episodi è invece affidata al movimento di alcune quinte mobili), che diventa teatro delle imprese erotiche, spesso rievocate attraverso il racconto degli altri interpreti che danno voce a numerosi personaggi. Poiché tutto ruota attorno alla protagonista, Chavaz la fa stare sempre in scena, anche quando vive solo nei ricordi degli altri; né la regia si sottrae alle sollecitazioni più scabrose del libretto, tenuto conto che l’orchestra le contrappunta in modo quasi onomatopeico, del tutto inequivocabile: le risolve con una discreta carica d’ironia, senza scantonare mai in effetti a luci rosse. E nel finale recupera eloquentemente la dimensione cameristica, facendo indossare a tutti lo stesso abito nero della Duchessa: lo scopo è comunicare l’idea di personaggi che non possiedono vita autonoma, ma sono destinati soltanto a rispecchiarsi in colei che, nel bene e nel male, ha osato andare fino in fondo.
In un ruolo nominalmente concepito per soprano drammatico, Sophie Marilley è stata l’efficace protagonista, sopperendo ai limiti di una voce un po’ piccola grazie all’apprezzabile precisione, anche nei passaggi più virtuosistici: è così riuscita a delineare il profilo di una donna che, al di là della frivolezza e della mancanza di senso della realtà di chi non ha problemi economici, è in qualche modo consapevole della propria vacuità. Il versatile tenore Timur (questo è il suo nome d’arte), con notevole duttilità vocale e scenica, ha reso icastici i tanti personaggi da lui incarnati: dall’elettricista al gigolò, dal cameriere al fattorino. Sempre a suo agio con le colorature delle numerose figure femminili a lei affidate (cameriera, amante del duca, giornalista di cronaca rosa) è stata il soprano Alison Scherzer. Con qualche disomogeneità vocale di troppo, il basso Graeme Danby interpretava il cinico Duca, l’ottuso giudice e altro ancora.
Il direttore Timothy Redmond ha diretto con impeccabile eleganza l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento – l’organico di Powder Her Face prevede solo quindici strumentisti – valorizzando la ricca varietà timbrica e il ritmo serrato della partitura. È poi riuscito a far percepire le numerose sollecitazioni che confluiscono nella musica di Adès: dallo swing ai ballabili, oltre a reminiscenze novecentesche che vanno da Weill a Britten. Con lui l’orchestra è stata un’autentica protagonista, come pretende una partitura che salda otto scene attraverso caleidoscopici interludi.
Giulia Vannoni