Struggente e sconcertante.
Scandaloso e gaudioso. Non strabiliante, certo, ma stupefacente. Sì, il mistero del Natale non finisce di stupire. Eppure – paradossale, ma vero – il rischio più serio con questa festa introdotta nel calendario ‘giuliano’ nel 325 d. C., lo corrono proprio i cosiddetti ‘praticanti’. È il rischio dell’assuefazione.
Il rischio di ridurre la festa ad una stanca abitudine, ad una annoiata, e ormai arrugginita, formalità. Senza l’odore della sorpresa. Senza il colore della meraviglia. Senza il calore dello stupore. Insomma, il rischio di andare in automatico con il mistero.
Nel racconto di Luca, si parla dei pastori, che dopo aver visto il “segno” che ha destato in loro uno stupore intrattenibile, lo contagiano a loro volta “in modo virale”… Nel presepe napoletano non manca di solito la figura di un pastorello che rimane abbagliato dal fiotto di luce che arriva dalla grotta e tiene la mano a visiera sulla fronte per calibrare meglio la vista.Ma perché la reazione al vangelo del Natale non può che essere lo stupore? Pensiamo a Maria.
Ma chi lo avrebbe detto allora che quel fatto a prima vista insignificante – una donna che partorisce la sua creatura – e non il primo grande censimento universale, avrebbe diviso la storia in un ‘prima’ e in un ‘dopo’ quella nascita? Quale fu l’estasi di Maria, nel trovarsi la carne di Dio tra le braccia, nel vedere, udire, toccare e abbracciare in quel piccolo bambino l’Infinito, l’Assoluto, l’Eterno! La domanda vale anche per noi. Siamo chiamati a una conoscenza ‘manuale’ del Signore, posto nelle nostre mani. L’Altissimo si è fatto piccolissimo. L’onnipotente si è reso onni-impotente.
La Parola si fa ‘in-fante’ (=) ‘che-non-parla’. L’immortale, mortale. La gioia senza fine si è ridotta a vagito di un bambino… pur di essere accolto e abbracciato da noi. È il mistero del Dio-Amore, che nulla teme e si espone ad ogni piccolezza e debolezza. Ad ogni impotenza e sofferenza. Ad ogni degradazione e umiliazione.
Ma non finisce qua. Perché con la sua incarnazione il Figlio di Dio ci ha reso tutti figli e fratelli tutti. E dunque, auguri a tutti. Anzi, un solo augurio. Che tutti in questo Natale possiamo fare un pieno di stupore. Tutti, anche quanti faticano a credere, perché con il contagio dello stupore di quanti dicono di credere, possano continuare cercare il Dio-Bambino finché non lo hanno trovato.
+ Francesco Lambiasi