L’apertura del Palazzo del Fulgor, ultimo asse del Fellini Museum, è cosa fatta. Arriva, dunque, a compimento il percorso che consegna alla città il nuovo polo museale diffuso. Quello che nelle intenzioni dell’ex sindaco Gnassi voleva essere il più grande progetto museale dedicato al genio di Federico Fellini.
Dopo l’apertura, lo scorso 19 agosto, delle sale di Castel Sismondo, con l’inaugurazione del Palazzo settecentesco del Fulgor e il completamento dello spazio rievocativo della “campagna felliniana” in piazza Malatesta, arriva al traguardo il polo museale diffuso ispirato all’immaginario del cineasta riminese, inserito dal Ministero della Cultura tra i grandi progetti nazionali dei beni culturali. Il progetto, oltre a superare il concetto di spazio museale tradizionale, ha come leit motiv non l’interpretazione del cinema di Fellini come opera in sé conclusa, come sacrario o omaggio alla memoria, ma intende esaltare l’eredità culturale del più citato, celebrato, imitato e premiato regista della storia del cinema, nel segno del “nulla si sa, tutto si immagina”.
Chi ha immaginato, ma ha anche ricevuto uno sguardo di concretezza dal cinema di Fellini, è Papa Francesco. Jorge Mario Bergoglio fa spesso riferimento nel suo magistero al cinema: in Amoris laetitia citava Il pranzo di Babette, nella Fratelli tutti ci sono ben tre riferimenti al film Papa Francesco – Un uomo di parola di Wim Wenders. Ma il regista che più di ogni altro ama citare è Fellini. Questa “affinità” emerge, una volta di più, dal libro-intervista di mons. Dario Edoardo Vganò nel quale il Papa riflette sul suo raporto con la settima arte.
“ Devo la mia cultura cinematografica soprattutto ai miei genitori. – assicura nel volume appena pubblicato da Effatà Editrice, pp. 104, 14 euro – Quando ero bambino frequentavo spesso il cinema di quartiere, dove si proiettavano anche tre film di seguito… i miei genitori mi hanno insegnato a goidere dell’arte, nelle sue varie forne”.
Tra queste il cinema occupa un posto privilegiato. Il neorealismo italiano, ad esempio. “ Tra i 10 e i 12 anni credo di aver visto tutti i film con Anna Magnani e Aldo Fabrizi, tra cui Roma città aperta di Roberto Rossellini, che ho amato molto”.
Fellini è spesso citato da Papa Francesco per la sua capacità di restituire lo sguardo sugli ultimi.
“La strada di Fellini è il film che forse ho amato di più. Mi identifico molto in quel film, in cui troviamo un implicito riferimento a san Francesco. Fellini ha saputo donare una luce inedita allo sguardo degli ultimi. In quel film il racconto sugli ultimi è esemplare ed è un invito a preservare il loro prezioso sguardo sulla realtà”.
Fellini, dunque, e La strada, in cima alla “classifica” di preferenza cinematografica di Papa Francesco. Alcune scene sono rimaste scolpite nel cuore del pontefice. “ Penso alle parole che il Matto rivolge a Gelsomina: «Tu sassolino, hai un senso in questa vita» È un discorso profondamente intriso di richiami evangelici. – ha detto il Papa rispondendo alle domande di mons.
Viganò, Vice Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze Sociali della Santa Sede, nel volume Lo sguardo: porta del cuore. il neorealismo tra memoria e attualità – Ma penso anche a tutto il percorso di Gelsomina: con la sua umiltà, con il suo sguardo pienamente limpido, riesce ad ammorbidire il cuore duro di un uomo che aveva dimenticato come si piange. Questo sguardo puro degli ultimi è capace di seminare vita nei terreni più aridi. È uno sguardo di speranza, che sa intuire la luce nel buio: per questo va custodito”.
I film di Fellini, e La strada in particolare, hanno la capacità di guardare oltre, di non fermarsi alla superficie.
Per questo sono ancora pellicole in grado di parlare al nostro presente. Perché “ Guardare non è vedere.
Vedere è un atto che si compie solo con gli occhi, per guardare occorrono gli occhi e il cuore”.