Il tema è quello, citato spesso con un nome altisonante, della “guerra dei cieli” in Romagna. Termine forte che, spogliato della sua immagine quasi apocalittica, sta ad indicare un qualcosa di concreto e importante: la situazione degli aeroporti del nostro territorio.
Nello specifico, quella che sembra una vera e propria saturazione degli scali: guardando all’Emilia-Romagna, sono addirittura quattro in poco più di 100 chilometri. Bologna, Parma, Forlì e Rimini. E sono proprio questi ultimi due a interessarci più da vicino: con la recente rinascita del forlivese “Ridolfi”, infatti, è tornato di stretta attualità il tema del rischio di una concorrenza sfrenata con il “Fellini”.
Aeroporti: la situazione
Stando al dibattito che si è acceso negli ultimi mesi, la Regione (competente in materia) starebbe gestendo la situazione Rimini- Forlì con un comportamento che la fa apparire lontana, disinteressata a intervenire in quella che, sulla carta, rischia di essere un’accesa battaglia commerciale tra due scali, gestiti entrambi da società private, che si contendono uno stesso identico mercato (già messo in crisi dalla pandemia) nel raggio di appena 50 chilometri. “La Regione dov’è?”, “La Regione se ne lava le mani”, “La Regione latita e non interviene”, alcune delle frasi ricorrenti della discussione.
L’ultima puntata di questo dibattito risale alla primavera scorsa, quando l’assessore regionale a turismo e trasporti Andrea Corsini (nella foto) è intervenuto sull’argomento per rispondere alle preoccupazioni espresse da più parti nel mondo politico riminese. Una risposta che, però, non ha convinto del tutto, confermando in molti l’impressione di una Regione che fatica a prendere una posizione netta, preferendo lasciare il gioco nelle mani delle società che gestiscono gli aeroporti stessi.
“Macché guerra dei cieli. – le parole di Corsini – Invece di perderci in assurdi campanilismi tra quale scalo sia più importante, se quello di Rimini o quello di Forlì, dobbiamo pensare che siamo in presenza, in entrambi i casi, di gruppi imprenditoriali seri e conosciuti, che gestiscono gli aeroporti e che hanno deciso di investire milioni di euro su un bene pubblico. Rimini è una delle più grandi destinazioni turistiche d’Europa e ritornerà prepotentemente ad essere scelta da milioni di turisti internazionali che utilizzeranno il Fellini e il Ridolfi.
Come Regione Emilia-Romagna confermiamo di voler sostenere gli investimenti e lo sviluppo degli aeroporti, nel pieno rispetto dell’autonomia gestionale che spetta ai privati. Quando il pubblico ha provato a gestire, a fare un mestiere che non è il suo, i risultati come tutti sanno non sono stati brillanti”.
Parma riaccende tutto
A tutto questo, si aggiunge un ulteriore tassello, arrivato proprio nelle ultime settimane: l’impegno della Regione sull’aeroporto di Parma per trasformarlo in uno scalo cargo (traffico merci).
Un investimento fortemente osteggiato dalla cittadinanza locale, sia per motivi ambientali sia per la sua vicinanza a strutture sensibili, come scuole elementari e medie ma che, nonostante tutto, non sembra scoraggiare l’impegno dell’ente regionale.
Da tutto ciò, alla luce del dibattito di cui sopra, non può che nascere una domanda: perché la Regione interviene in modo così profondo su Parma, addirittura nell’ottica di trasformarlo e andando contro l’opinione pubblica locale, mentre è titubante nel dare vocazioni diverse agli scali di Rimini e Forlì lasciandoli, come detto, a combattersi in uno stesso mercato?
Nello specifico, la “questione Parma” nasce da una notizia dello scorso giugno, che conferma l’esistenza di una convenzione sottoscritta a novembre 2019 tra il Ministero dei Trasporti ed Enac (l’Ente nazionale per l’aviazione civile) finalizzata a finanziare i lavori all’aeroporto di Parma in ottica cargo: 12 milioni l’impegno previsto (la stessa cifra indicata dal presidente della Regione Stefano Bonaccini nel 2016 proprio per il potenziamento dello scalo parmense), da impiegare nell’allungamento della pista (dai 2,2 km attuali ai circa 3 km necessari per gli aerei del traffico merci) e nella realizzazione dell’hangar cargo. Interventi importanti, i cui lavori interesseranno la struttura nei prossimi anni.
Scalo cargo: perché non Forlì?
Ricapitolando, dunque: la Regione decide di gestire un sistema aeroportuale costituito da ben 4 scali in appena 100 km. Molto importante, dunque, diversificare la vocazione di ogni singolo scalo, per impedire che aeroporti così vicini tra loro si trovino in una situazione di concorrenza sfrenata rischiando di fagocitarsi a vicenda.
Questo, però, non avviene a Rimini e Forlì, con scali ritenuti entrambi a vocazione turistica lasciati a “farsi la guerra” in poche decine di chilometri, a causa di un atteggiamento poco interventista da parte della Regione.
La stessa Regione che, però, si dimostra molto interventista sull’aeroporto di Parma, impegnandosi in importanti lavori di potenziamento per destinarlo al traffico merci, nonostante il malcontento di gran parte dell’opinione pubblica locale. Considerato questo scenario, si è troppo maliziosi a pensare che ci sia maggiore interesse, da un punto di vista politico, a investire in Emilia piuttosto che in Romagna? È solo una domanda, che però in tanti cominciano a farsi.
Complice anche un altro elemento da sottolineare: Forlì, per le caratteristiche tecniche dello scalo e per la sua storia (provincia d’eccellenza del settore industriale e agroalimentare), potrebbe essere già adatto a svolgere la funzione di scalo cargo, senza quindi dover passare per Parma.
Eppure Forlì rimane uno scalo turistico, secondo la visione della Regione. “A Forlì non si può optare principalmente sul traffico passeggeri quando un funzionario dell’aviazione civile britannica, già pilota di turboelica, mi ricordava che portava a Forlì vitelli o dove, da funzionario dell’aviazione civile italiana, controllavo i voli dall’Etiopia carichi di fagiolini. – spiega Giampiero Gentili, ex funzionario di Enac (il suo intervento nell’articolo in basso) – In una Forlì sede di un istituto tecnico aeronautico, del polo scientifico aeronautico, non solo regionale ma con la scuola di volo e controllori del traffico aereo nazionale ed europeo, le alternative per una gestione positiva vanno studiate, perché ci sono”.
La questione ambientale
La saturazione degli scali sul territorio porta con sé un altro importante problema: quello dell’impatto ambientale. Secondo un rapporto dell’ISDE (l’associazione internazionale dei medici per l’ambiente), infatti, il traffico aereo è tra le più importanti fonti di inquinamento ambientale e danno alla salute. Proprio per questi motivi, diventa ancora più problematica la decisione di investire sul potenziamento in ottica cargo dell’aeroporto di Parma, guardandolo in prospettiva ambientale.
“I voli aerei – è l’intervento di Legambiente Emilia-Romagna – sono tra i sistemi di trasporto che al momento mostrano meno potenzialità di decarbonizzazione, essendo completamente basati su combustibili fossili. Inoltre la posizione dell’aeroporto di Parma, stretto tra la tangenziale/ferrovia e l’abitato di Baganzola/Alta Velocità/Autostrada A1, ha problemi irrisolti di sicurezza (è stato sequestrato il cantiere di un centro commerciale in testa alla pista) e di impatti sugli abitanti. A questo, infine, si aggiungerebbe un’importante cementificazione collegata non solo all’aumento della pista, ma anche a tutte le infrastrutture connesse”.
Si tratta di un dibattito che, senza dubbio, si trova lontano dalla propria conclusione.
L’auspicio, però, rimane quello di interventi maggiormente incisivi e concreti su un territorio che, dal punto di vista degli aeroporti, presenta situazioni di forte concorrenzialità. Perché, in caso contrario, la “guerra dei cieli” rischia di non essere più solo un’altisonante formula giornalistica, ma una triste realtà.