Ha radici romagnole il nuovo magnifico rettore dell’università di Bologna. Giovanni Molari è infatti il nipote del santarcangiolese Rino Molari, insegnante e partigiano, amico e collaboratore di don Giovanni Montali, a cui i nazifascisti uccisero il fratello e la sorella.
Rino Molari, che nel 1944 aveva la cattedra di Lettere alla scuola media di Riccione, fu tradito mentre diffondeva testi di propaganda antifascista e aiutava a trovare rifugio ad ebrei e perseguitati politici. Rinchiuso nel campo di Fossoli, nei pressi di Carpi, Molari non rivelò mai i nomi degli antifascisti con cui era in contatto. Fu fucilato dalle ‘SS’ il 12 luglio 1944, insieme ad altri 66 civili antifascisti.
Suo figlio all’epoca aveva un anno.
Cosa ha significato per lei, Giovanni, essere il nipote di Rino Molari?
“Indipendenza del proprio pensiero e rispetto del pensiero altrui sono sempre stati valori molto presenti nella mia famiglia: del resto, sono valori iscritti nello Statuto dell’Alma Mater, ai quali io aderisco con grande convinzione personale. Finché è stata in vita mia nonna Eva, si è parlato poco della tragica vicenda di mio nonno Rino, così dolorosa per lei. Solo in questi ultimi anni mio padre sta studiano i documenti del periodo e cercando di capire i motivi di questa strage, così assurda e così spesso passata sotto silenzio”.
Lei è nato a Bologna (il padre insegnava ad ingegneria), ma ha trascorso diverse estati nella casa dei nonni materni a Bertinoro e di quelli paterni a Novafeltria. Che ricordi ha trattenuto di quegli anni?
“Ho ricordi bellissimi degli anni trascorsi dai nonni insieme a mia sorella. A luglio stavamo a Bertinoro e ad agosto a Novafeltria, estati passate in campagna a giocare con i cugini e a fare lunghissime passeggiate”.
Si è poi laureato in ingegneria meccanica e da un lustro è ordinario di meccanica agraria e direttore del dipartimento di scienze e tecnologie agroalimentari dell’università di Bologna. Da cosa è nato questo interesse?
“Ho sempre avuto interesse per le macchine agricole. Così, quando ho avuto la possibilità di lavorare in questo ambito, mi sono appassionato e ho cercato di far si che le principali ditte costruttrici di macchine agricole tornassero a investire in ricerca a Bologna, con benefici – credo – per tutto l’Ateneo”.
Dal 2018 è componente del Senato Accademico. E adesso, a 47 anni, la scommessa più impegnativa: fare il rettore dell’Alma Mater. Con quale ricetta intraprende questa sfida?
“Ascolto di tutte le realtà che compongono la nostra grande università, condivisione delle scelte e partecipazione di tutti nei processi decisionali”.
Lei è stato eletto con 1825 voti ponderati contro i 1274 della sua sfidante al ballottaggio Giusella Finocchiaro. Oltre all’appoggio dei candidati sconfitti, quali sono, a suo parere, le proposte che hanno fatto pendere la bilancia a suo favore?
“La mia storia all’interno dell’Università, come direttore e come Senatore Accademico, e la conoscenza dell’Ateneo che devo ai tanti dialoghi di questi anni: credo siano stati due aspetti importanti di tutta la campagna elettorale”.
Per i campus romagnoli (Rimini, Forlì, Cesena e Ravenna ) intende indicare un pro-rettore o preferisce occuparsene direttamente?
“Le decisioni sulla squadra verranno in autunno. In ogni caso, credo che sia indispensabile rafforzare il ruolo dei Presidenti di Campus”.
Fino al primo novembre rettore resterà Ubertini, mentre andranno alle urne i cittadini di tre importanti città che la interessano, oltre Bologna anche Rimini e Ravenna. Questo elemento facilita o complica le relazioni fra università e territori?
“Il Rettore deve lavorare a stretto contatto con i sindaci di tutte le città del nostro multicampus, sia con quelli di nuova nomina che con quelli già in carica. Mia intenzione è rendere questo dialogo sempre più intenso”.
Nell’augurarle “buon lavoro”, l’amministrazione comunale di Rimini sottolinea come il campus universitario sarà sempre più centrale nella pianificazione strategica e nello sviluppo della città. Ma cosa può e deve fare un Comune per favorire la sua università e i suoi studenti?
“Lavorare a stretto contatto con l’università per potenziare l’insediamento in città e rafforzare il supporto agli studenti in termini di servizi e alloggi”.
E le realtà economiche e imprenditoriali del territorio?
“Anche in questo caso lavorare a stretto contatto con i dipartimenti, che sono il vero motore della nostra università”.
La prima cosa di cui intende occuparsi da rettore?
“Rilanciare la ricerca di base e raccogliere le sfide del PNRR”.
Nell’università che vorrebbe, il digitale sostituirà il diritto allo studio in presenza?
“La nostra università è un’università in presenza e deve tornare in presenza: gli strumenti digitali sono un supporto per migliorare l’offerta didattica in presenza, non i mezzi per sostituirla”.
Per chiudere sul personale: sua moglie e le sue quattro figlie lo sanno che per sei anni sarà fuori dal radar?
“Cercherò di ricavare tutti gli spazi che devo e voglio dare alla mia famiglia, come ho sempre fatto anche da direttore di dipartimento”.
E nella sua comunità parrocchiale di san Giuseppe in Saragozza a Bologna, come hanno vissuto la sua elezione a rettore della più antica università del mondo?
“Ho ricevuto tanti messaggi e mi hanno fatto molto piacere”.
Giorgio Tonelli