Il ruolo di Rimini nelle vicende del Risorgimento e della nascita dello Stato italiano è tanto significativo quanto, oramai, noto. Si pensi al famoso proclama di Gioacchino Murat, che nel 1815 chiamava in causa il comune sentimento nazionale degli italiani al fine di costituire una nazione indipendente e sovrana, o alla Battaglia delle Celle, il feroce scontro tra austriaci e rivoluzionari andato in scena il 25 marzo 1831. Passando per la rivolta del 23 settembre 1845 che portò, sotto la guida del liberale Pietro Renzi, alla resa della compagine pontificia.
Insomma, Rimini ha messo il suo “zampino” anche nel Risorgimento e nella storia della nascita dell’Italia. Ciò che, però, è meno noto, è il ruolo avuto da quello che era un semplice borghetto nella frazione meridionale del territorio di Rimini, allora ancora lontano da istanze autonomiste: Riccione. La Perla Verde, infatti, nel 1859 e 1860 era la sede ufficiale del Quartier Generale del 2° Corpo d’Armata dell’Italia Centrale agli ordini del generale trapanese Luigi Mezzacapo, figura importante del Risorgimento italiano, se si pensa che fu Ministro della guerra del neonato Regno d’Italia dal 1876 al 1878. Più precisamente, la sede dell’armata italiana era presso il villino riccionese Mattioli-Graziani, oggi sede dell’associazione culturale “Centro Arti Figurative”, a Riccione Paese.
A svelare tutto questo, una lapide marmorea (il testo nella foto piccola) murata nell’edificio la cui presenza risale sicuramente fino al 1886, ma poi scomparsa nella letteratura successiva (probabilmente asportata nei numerosi passaggi di proprietà del villino o andata distrutta nel terremoto del 1916).
A raccontare la storia di questo villino riccionese e del suo ruolo nelle vicende risorgimentali, sono gli scrittori e ricercatori di storia locale Fosco Rocchetta e Luigi Vendramin, nel libro Riccione nel Risorgimento – Il villino Mattioli Quartier Generale dell’Armata Italiana a Riccione, pubblicato nel 2013 da La Piazza Editrice. Un libro che aggiunge ulteriori tasselli al ruolo giocato dal territorio riminese nelle fasi decisive del Risorgimento, e del quale riportiamo di seguito un estratto.
“Questa pubblicazione trae origine da indagini archivistiche che hanno portato, sorprendentemente, alla conoscenza di vicende sconosciute, del tutto trascurate dalla storiografia riminese. Di quei fatti non è rimasta traccia alcuna nella tradizione orale cittadina, malgrado la notevole importanza rivestita da tale abitazione nel corso di buona parte dell’Ottocento.
Questo edificio rappresenta infatti la dimora più antica che, seppur modificata nel tempo, si erge tuttora a Riccione Paese: un’apprezzabile testimonianza architettonica riconducibile al XVIII secolo. La struttura venne costruita verso la metà del Settecento alle Casette, primo nucleo abitativo della borgata di Riccione lungo la via consolare Flaminia.
Posseduta dai frati domenicani, la casa fu acquistata nel 1755 dai conti Mattioli, una ricca famiglia proprietaria di numerose abitazioni e tenute agricole nel territorio riminese. Un grande quantità di documenti attesta che quel palazzo, per il numero di stanze e di servizi di cui disponeva, e per la presenza di stalle in grado di accogliere cavalli ed animali da soma, era il primo a Riccione ad essere requisito dalle autorità civili e militari in occasione del passaggio di eserciti sull’antica strada romana, transiti particolarmente frequenti tra gli anni Quaranta e Sessanta dell’Ottocento”.
La storia “svelata” dalla lapide
“Il periodico riminese Italia del 3-4 agosto 1886 riporta la notizia che sul citato villino era murata una lapide marmorea, di cui non è rimasta alcuna testimonianza nella letteratura successiva, volta a rammentare alcuni eventi salienti accaduti tra il 1849 ed il 1860, un’epoca cruciale nel processo di unificazione nazionale. […] Il villino Mattioli-Graziani venne occupato dall’avanguardia dell’esercito austriaco nel maggio 1849, invasione che causò ingenti danni materiali e morali alla popolazione locale, in seguito al ritorno della Romagna sotto il dominio asburgico, che comportòla restaurazione del potere temporale del Papa in questa regione.
La suddetta iscrizione disvela, unitamente ad una molteplicità di altre fonti, un fatto completamente sconosciuto: a partire dal 28 settembre 1859 alla prima decade di settembre del successivo anno 1860, quell’antica residenza divenne la sede del Quartier Generale del 2° Corpo d’Armata dell’Italia Centrale agli ordini di Luigi Mezzacapo, generale trapanese, che con il fratello Carlo deve annoverarsi tra le figure più eminenti del Risorgimento italiano.
Se ben noto è il ruolo svolto da Rimini nel movimento risorgimentale, con uomini, idee e fatti d’armi, nulla finora si sapeva della funzione strategica avuta dalla sua borgata meridionale, Riccione, da cui il 10-11 settembre 1860 partirono migliaia di soldati e volontari, acquartierati nel territorio riccionese, per la battaglia di Castelfidardo (18 settembre 1860)”.
Il ruolo di Riccione nel Risorgimento
“Un’altra preziosa fonte per la conoscenza degli avvenimenti che caratterizzarono Riccione nel biennio 1859-60, è rappresentata dal diario di don Carlo Tonini, ininterrottamente parroco della chiesa di San Martino per trent’anni, dal 1848 al 1878, il quale ebbe modo di ‘vivere’ quegli anni fondamentali che precedettero l’unificazione italiana. […]
In tale registro, riportato in questo libro, sono quotidianamente narrati passaggi di truppe, problemi relativi all’accasermamento di centinaia di soldati in residenze e cascinali, reperimento di viveri e di foraggio per uomini ed animali, e via dicendo.
Viene altresì descritto il passaggio che più volte fece per Riccione l’Eroe dei Due Mondi, Giuseppe Garibaldi, oltre che di importanti personaggi del Risorgimento, tra cui il generale Enrico Cialdini. Crediamo che Riccione debba pertanto essere inserita tra le località che ebbero un significativo ruolo nei Risorgimento, ed in particolare in quelle operazioni militari che condussero all’invasione da parte delle truppe italiane delle Marche e dell’Umbria (settembre 1860) e che in seguito alla sconfitta di Castelfidardo subita dall’esercito pontificio, e della capitolazione di Ancona, permisero l’ingresso di queste regioni nel Regno d’Italia”.