Rimini e l’Albania, un rapporto che dura 30 anni. Che oggi mostra una situazione di grande integrazione e inclusione, ma che non è certo frutto di un percorso facile, lineare o scontato. Tanto è cambiato dagli anni ’90, quando la fine della dittatura albanese portò a un’apertura del Paese e a grandi flussi migratori con i vicini del Mediterraneo, tra cui l’Italia. Cambiamenti sotto diversi punti di vista: la percezione degli albanesi da parte degli italiani, l’integrazione scolastica e professionale, la grande ricerca di un percorso religioso. Che a Rimini sembra particolarmente accentuata: degli adulti battezzati ogni anno nel riminese, infatti, la maggioranza è di origine albanese.
Ce lo racconta don Giuseppe Vaccarini, parroco riminese che da anni segue la pastorale delle diverse comunità straniere presenti sul territorio, tra cui quella albanese. “Negli anni ’90 il principale problema in Albania era la fame, le persone non avevano proprio nulla. Uno scenario che ha portato diversi Paesi a livello internazionale a far arrivare aiuti al popolo albanese. Aiuti che, col tempo, hanno completamente cambiato la situazione interna dell’Albania. Almeno a livello di facciata”.
Ci spieghi.
“Almeno in superficie, oggi in Albania si può vedere, soprattutto nelle grandi città, una situazione piuttosto simile a quella di un qualsiasi Paese moderno: mi riferisco, ad esempio, alle costruzioni, alle infrastrutture, al modo di vestire, allo stile di vita in generale. Andando più in profondità, però, ciò che emerge è la presenza di una grande frattura. Per molti aspetti c’è stata una crescita e uno sviluppo importante, mentre altre realtà sono rimaste quasi completamente ferme. E questo ha portato a un marcato divario sociale: per intenderci, se negli anni ’90 sostanzialmente tutti soffrivano la fame, oggi nello stesso contesto è possibile trovare chi fa una vita molto agiata e chi, invece, soffre ancora la fame”.
E per quanto riguarda il rapporto con l’Italia?
“L’emigrazione continua a esserci. Sia a livello interno, dalle montagne alle pianure e alle città, sia all’estero, soprattutto in Grecia e in Italia, visti come Paesi di arrivo ma spesso anche come punti di partenza per andare in Paesi più produttivi. In sostanza, è costante ancora oggi negli albanesi la ricerca di una situazione migliore. Soprattutto nelle nuove generazioni: oggi è molto difficile che un giovane albanese pensi a un futuro in patria”.
Veniamo a Rimini. Qual è la situazione della comunità albanese in città e nel territorio?
“Tendenzialmente, e storicamente, gli albanesi che arrivano a Rimini poi si fermano, vi si stabiliscono. E questo grazie a un’integrazione molto forte, che però non è stata immediata o semplice. Nei primi anni, infatti, gli albanesi a Rimini erano abbastanza sprovveduti, non sapevano come muoversi o dove andare. ‘Sbandati’, in un certo senso. Col tempo, però, la situazione è molto cambiata: chi è riuscito a inserirsi nel tessuto sociale, soprattutto a livello lavorativo (come nella maggioranza dei casi), oggi ha raggiunto un’integrazione massima. Anzi, in un certo senso, potremmo dire che si sono integrati anche troppo”.
In che senso?
“Nel senso che molti albanesi oggi tendono a dimenticare o a voler nascondere la propria realtà di origine, il proprio retaggio. Una dinamica che ho potuto notare soprattutto attraverso il mio impegno con Migrantes, il progetto di pastorale con gli immigrati della Caritas diocesana, grazie al quale si creano molti momenti di scambio e di ritrovo con le comunità di stranieri presenti a Rimini. Momenti ai quali gli albanesi solitamente non rispondono con grande entusiasmo, proprio per questa fatica a riavvicinarsi alle proprie radici”.
Ha parlato di pastorale con gli stranieri. Cosa ci può dire dell’integrazione degli albanesi a Rimini dal punto di vista religioso?
“Dal punto di vista religioso, quella albanese è una realtà abbastanza sui generis: la maggioranza delle persone, infatti, è catalogata come musulmana, come retaggio soprattutto della tradizione familiare, ma di fatto non lo sono, perché il precedente regime ha azzerato tutto. I cattolici sono una minoranza, però c’è un dato molto interessante: normalmente, dei battesimi di adulti che celebriamo a Rimini, il 50, 60 o addirittura il 70% sono albanesi. Un elemento molto interessante, perché rivela la presenza di una ricerca religiosa molto forte”.
Il rapporto con la politica riminese
Forte integrazione e grande spinta religiosa, questi gli elementi che più di tutti caratterizzano oggi la presenza di albanesi a Rimini. Come visto, però, l’emigrazione (soprattutto giovanile) dall’Albania all’Italia è cosa ancora attuale: la questione dell’accoglienza, dell’integrazione e dell’inclusione albanese, dunque, rimane un tema molto importante per il nostro territorio, che deve essere adeguatamente affrontata e gestita dal punto di vista politico. È ciò che avviene? Quanta attenzione viene rivolta alla comunità albanese da parte della politica riminese? Analizza la situazione Edmond Kumaraku, rappresentante legale di Agimi Rimini, associazione nata allo scopo di accompagnare e favorire l’integrazione della comunità albanese sul territorio, dal punto di vista soprattutto sociale e culturale. “Per quando riguarda la politica riminese sui temi dell’immigrazione, – spiega Kumaraku – la nostra comunità da anni si sente lontana dalle scelte e dai programmi intrapresi. Siamo stati favorevoli ad abbracciare l’invito del PD riminese alla convocazione dei rappresentanti delle comunità immigrate del territorio nelle decisioni e nelle scelte delle politiche dell’immigrazione, con la speranza che la politica ci accompagnasse nell’aiuto di tutte le comunità straniere presenti con un programma politico condiviso. Ma siamo rimasti delusi, perché il risultato è che le varie comunità straniere nel riminese hanno fatto ognuno per sé sul tema dell’integrazione. Da questo discorso, comunque, vanno escluse le politiche amministrative dell’accoglienza, eccellenti e funzionanti come sempre”. Cosa occorre fare per migliorare la situazione? “È giunto il momento – continua il rappresentante di Agimi Rimini – che la nostra generazione nata, vissuta e formata nelle aule riminesi, faccia le proprie scelte politiche a sostegno della realtà di Rimini e delle nuove generazioni di stranieri sul territorio. Abbiamo i numeri per una lista seria e un’esperienza che può essere la base di un programma condiviso da tutti per il bene della comunità, al fine di salvaguardare ciò che abbiamo guadagnato durante 30 anni d’immigrazione nel suolo riminese. Allo stesso tempo, non è escluso anche uno schieramento con altre forze politiche, che ci possano guidare con un programma condiviso e ben ragionato su questi temi”.
Gli albanesi a Rimini
Secondo i dati ISTAT aggiornati al 31 dicembre 2019, gli albanesi residenti in Provincia di Rimini sono 6.734, che rappresentano il 18,6% degli stranieri residenti (36.167). Tra i Comuni della Provincia, è Rimini quello con la presenza maggiore (3.037), seguito da Bellaria Igea-Marina (1.010) e Riccione (583). Altri dati arrivano direttamente dalla Provincia di Rimini, che registrano un lieve aumento. Al 1 gennaio 2021, infatti, gli albanesi residenti in Provincia sono 7.070, che rappresentano il 18,36% del totale degli stranieri (38.509) e il 2,08% del totale dei residenti (339.648). Allargando la prospettiva, dal 2010 è possibile assistere a una flessione degli albanesi residenti a Rimini, a fronte di un sensibile aumento negli anni precedenti. Il perché di questo trend è spiegato dallo stesso ente provinciale riminese. “È una tendenza dovuta alla ‘italianizzazione’ dei cittadini albanesi di seconda e terza generazione: la flessione non è dovuta ad un loro ritorno in patria, ma ad un cambiamento di cittadinanza. Non a un abbandono del territorio da parte degli albanesi, dunque, quanto piuttosto ad una loro radicazione”.