C’è solo un criterio che guida le scelte della Chiesa, anche in campo economico: la sua missione evangelizzatrice.
Accompagnare cioè le persone e le comunità nelle pieghe della vita, attraverso la liturgia e la fraternità, e senza far mancare mai la carità, declinata nelle sue varie forme. Questa missione deve, però, coniugarsi anche alla sostenibilità economica delle opere e degli interventi, e alla loro prospettiva progettuale.
Questa attenzione, che in ogni caso non chiude mai la porta all’azione dello Spirito Santo e alla Provvidenza, è la pietra angolare su cui la Diocesi di Rimini fonda il suo Bilancio. Quello 2020 è stato approvato dal Consiglio Affari Economici Diocesano e successivamente ha ricevuto il via libera anche dall’organismo competente della Santa Sede, la Congregazione per il Clero.
Stilare un bilancio dell’anno della pandemia è doppiamente difficoltoso, per quello che l’emergenza sanitaria ha rappresentato (e rappresenta) in termini di perdite relazionali e anche economiche. Una sofferenza per tante persone che immediatamente si è riversata in difficoltà per tante parrocchie, ma anche per l’azione della Caritas, che ha subìto un aumento considerevole di richieste di aiuto, alle quali era umanamente e cristianamente impossibile non cercare di dare risposta.
Il 62% va per i contributi erogati alle parrocchie per diversi bisogni.
Il resto delle spese, quelle che potremmo definire “per la gestione della struttura diocesi”, ammontano invece a meno del 40%.
La carità, dunque, resta una voce decisiva nel Bilancio della Diocesi,
una voce che – fuor di metafora pesa. Aiutare la vita delle persone, delle famiglie, dei poveri, degli emarginati, degli anziani, di chi è più in difficoltà, è impresa necessaria, vitale, ma indubbiamente significativa anche dal punto di vista finanziario.
Lo attesta anche un altro dato. “Ben più della metà del finanziamento annuale dell’8 per mille alla Diocesi (960.000 euro su 1.500.000 euro, ndr) viene destinato per questa urgenza, sempre più pressante, assicura mostrando i dati l’Economo diocesano, don Danilo Manduchi – per chi ha a cuore ogni persona, e non solo i credenti o i fedeli”.
Il Bilancio 2020 è comunque caratterizzato da una generale buona notizia: la Diocesi ha chiuso in positivo, con un utile di 1.837.768 euro. Questo segno “più” è il frutto di 4.830.170 euro di ricavi e 2.992.401 euro di costi.
L’esercizio 2020 migliora quello precedente di 292.000 euro.
La chiesa riminese prosegue, dunque, nel suo cammino di sana gestione che va avanti da sette anni. Resta, però, da appianare un debito bancario importante, ancora molto importante: tra mutui e affidamenti si aggira sui 18.000.000 di euro. “Si tratta di debiti pregressi che nella presente congiuntura economica e sociale che persiste dal 2010 ad oggi, ed è aggravata dalla pandemia, pesano come macigni”ammette il Vescovo Lambiasi.
Il debito globale della Diocesi resta importante ma anch’esso scende, anno dopo anno: nel 2014 il passivo era di 26 milioni, sono già stati recuperati circa 10 milioni.
Cala il debito, nonostante una costante, diminuizone sensibile dei ricavi.
“L’attenzione alla progressiva riduzione dei costi – prosegue il Vescovo Francesco – non pregiudica una risposta adeguata alle necessità della vita della Chiesa riminese”.
Tradotto: ci sono meno soldi, ma la Diocesi non smette di preoccuparsi e di intervenire a favore di parrocchie e di progetti, naturalmente all’interno di esigenze verificate e di sostenibilità dei costi.
Questa attenzione alle comunità vive, la si incontra anche nei numeri del Bilancio 2020. La voce “contributi erogati” è in cima alla classifica (1.368.382) delle spese sostenute, seguita dalla gestione immobiliare (486.876). Al terzo posto, compare la voce “dipendenti”: 328.603 euro.
“Anche questo costo sta progressivamente scendendo anno dopo anno – fa notare l’Economo diocesano. don Danilo Manduchi – Siamo passati da 361.226 euro del 2019 a 328.603 lo scorso anno, senza aver licenziato alcuno ma ottimizzato e casomai non aver riassunto dopo il pensionamento”.
Marcia indietro diffusa riguarda anche gli oneri finanziari, scesi da 337.674 euro del 2019 a 268.496 euro la passata stagione.
Dopo la gestione uffici (272.014), è rilevante anche la cifra spesa in imposte e tasse: 193.354 euro.
Il Bilancio si chiude con un utile, “ma ciò che anima la Diocesi di Rimini – rilancia don Manduchi – è soltanto un principio di solidarietà e sostenibilità. Non ci sono altri obiettivi, non c’è il profitto che anima giustamente – il commercio e l’industria, ma il sostegno a quel bene non negoziabile che è la cura e la ricerca di dignità, umanità e felicità che alberga in ciascun uomo”.
Circa 3.000.000 di costi nell’anno che abbiamo lasciato alle spalle, non è cifra da poco. Ma è pur vero che tante di quelle spese si riferiscono alle “supplenze che la Chiesa riminese fa in vece dello Stato, il quale non sempre (o spesso) riesce a garantire, a provvedere.
D’altra parte – insiste don Danilo – riteniamo che proprio attraverso la sussidiarietà si manifesti molto della testimonianza cristiana che ci sta a cuore”.