Non c’è stata azienda in Italia che non abbia risentito in maniera negativa dell’epidemia da Covid-19. Mentre l’emergenza faceva saltare i mercati, la produzione, l’organizzazione aziendale e, prima ancora, l’equilibrio finanziario, all’interno delle imprese si sono create, in breve tempo, grosse criticità. Solo chi, senza indugi, ha saputo ripensare il proprio modello di business, è riuscito a far fronte alle crescenti necessità aziendali e a superare questa forte crisi.
Abbiamo fatto un giro d’orizzonte nel nostro territorio, ricco d’imprese a livello internazionale, per sapere se il riflesso dei danni provocati dal Coronavirus abbia ridefinito alcune modalità operative soprattutto per garantire continuità aziendale e lavoro ai dipendenti.
SCRIGNO S.p.A.
La prima azienda contattata è stata la Scrigno Spa.
Con sede a Sant’Ermete, nel comune di Santarcangelo, la Scrigno, fondata nel 1989, è leader nella progettazione e produzione di controtelai per porte e finestre scorrevoli a scomparsa. Con 270 dipendenti, 400.000 controtelai prodotti all’anno ed esportati in oltre 30 paesi, vanta un fatturato consolidato di oltre 70 milioni di euro nel 2018 di cui circa il 50% all’estero.
Quanto è costato, in termini di calo del fatturato e che conseguenze ha avuto il blocco delle attività, compreso eventuali disdette di ordini dall’Italia e dall’estero?
“Il blocco delle attività a causa dell’emergenza sanitaria ha sicuramente avuto un impatto in termini di calo del fatturato, sia per il mercato italiano che per quello internazionale. – risponde Francesco Bigomi, CMO del Gruppo – Avendo preso tutte le precauzioni, speravamo di ripartire prima del 4 maggio, tenendo debito conto che all’estero i cantieri sono rimasti aperti e i nostri concorrenti hanno sempre continuato a produrre. Tuttavia abbiamo la fortuna di essere un’azienda leader, finanziariamente solida con un forte impianto produttivo, un’organizzazione internazionale e una clientela fedele e siamo quindi riusciti a cogliere tutte le opportunità alla riapertura, registrando una ripresa positiva già a partire da maggio”.
Quanti dipendenti hanno adottato il lavoro a domicilio, come sono stati supportati e quanti sono stati messi in cassa integrazione?
“Durante la fase di lockdown è stata attivata la cassa integrazione per la totalità dei dipendenti, con un successivo rientro graduale favorendo, ove possibile, lo smart working. Già a marzo abbiamo inoltre stipulato una polizza assicurativa specifica per il Covid-19 destinata a tutti i lavoratori, che prevede un’indennità giornaliera di ricovero di 100 euro (fino a 10 giorni per ogni giorno di ricovero superiore al 7°) un’indennità di convalescenza di 3mila euro in caso di terapia intensiva e un pacchetto di misure di assistenza postricovero”.
Quali le norme di sicurezza adottate, quanti sono rientrati al lavoro, cosa cambierà nell’organizzazione del lavoro stesso e quando si prevede il ritorno alla completa normalità?
“Durante il lockdown abbiamo redatto con le RSU il Protocollo di Sicurezza aziendale anti-contagio Covid- 19 in vista della riapertura: un piano articolato che prevede strumenti di prevenzione ancora più stringenti di quelli previsti dal Governo, un forte impegno sulla formazione delle persone per la loro applicazione e un’equipe dedicata all’emergenza. In dettaglio, il Protocollo disciplina rigidi controlli agli ingressi di stabilimenti e uffici, con disinfezione delle scarpe, misurazione della temperatura e utilizzo obbligatorio della mascherina chirurgica, oltre a specifici flussi di accesso, sia per i lavoratori sia per gli esterni. Il reparto produttivo, che ha ripreso le attività nel mese di maggio, è stato riorganizzato con uno sdoppiamento dei turni di lavoro in fabbrica in modo da dimezzare le occasioni di contatto e garantire il distanziamento sociale. Per i dipendenti degli uffici si è invece proseguito in modalità smart working, con un rientro completo a partire da giugno in totale sicurezza, garantendo ad esempio un distanziamento di 3 metri tra le postazioni. Sono infine previste attività cicliche di pulizia, igienizzazione e sanificazione in tutti gli impianti e uffici. Possiamo dunque parlare di un ritorno alla normalità, nel rispetto di tutte le misure precauzionali necessarie”.
I fondi promessi dal governo sono arrivati? La procedura è stata semplice o ci sono stati dei problemi?
“Scrigno non ha avuto necessità di ricorrere agli incentivi offerti dallo Stato, ha solo usufruito della cassa integrazione, anticipando ai propri collaboratori lo stipendio dei mesi passati in modo tale da garantirne la stabilità finanziaria”.
INDEL B
La Indel B di Sant’Agata Feltria opera nel campo della refrigerazione mobile (mini-frigo) e collabora da anni con le più importanti aziende europee e americane costruttrici di veicoli industriali, pullman gran turismo, navi da crociera.
Quali ripercussioni ha avuto il fermo delle attività dovuto all’epidemia Covid?
“Fare una stima del calo di fatturato non è così semplice. – dice l’Amministratore Delegato Luca Bora – Siamo una società quotata in borsa e abbiamo dei vincoli; sono dati sensibili ai fini del valore della società. L’impatto del Covid-19 è stato certamente importante, in modo particolare nel mese di aprile c’è stato un fermo generale e abbiamo dovuto chiudere.
La Indel B opera su mercati diversi: dall’automotica e settori legati ad alberghi e navi da crociera al tempo libero (nautica, camper, caravan, motorhome) inoltre cantine per la conservazione del vino, frigo per la conservazione del latte. Il settore che ne ha risentito di più è stato quello dell’automotive; si sono prodotti molti meno veicoli e di conseguenza abbiamo fornito molti meno componenti (frigoriferi) da installare. Un altro mercato entrato in crisi è quello dell’Hospitality e navi da crociera. Non possiamo però considerare il 2020 del tutto negativo; alcuni specifici mercati hanno addirittura beneficiato di questa situazione perché prendere un camper, un caravan, una moto, una barca, per fare vacanza, permette un distanziamento sociale maggiore perciò questo settore non ha risentito in maniera negativa, anzi ne ha tratto vantaggio”.
Avete ricevuto disdette di ordini?
“All’inizio di maggio alcuni settori erano in piena crisi, altri invece recuperavano in maniera importante. Abbiamo avuto disdette e cancellazione di ordini in maniera sensibile anche dai mercati esteri (Europa e Nord America), altri ci hanno dato segnali positivi. Stiamo notando comunque segnali di miglioramento”.
Quanti dipendenti avete?
“A Sant’Agata Feltria oltre 400 dipendenti sono del gruppo Indel B mentre saliamo a circa 500 se calcoliamo le aziende che sono nostre controllate”.
Alcuni dipendenti hanno lavorato a domicilio?
“Da subito abbiamo recepito il protocollo siglato tra governo e parti sociali e abbiamo reso possibile lo smart working riorganizzando gli orari di lavoro, scaglionando gli ingressi e le uscite; abbiamo munito tutti i lavoratori di dispositivi di sicurezza, installato barriere in plexiglass sulla maggior parte delle postazioni lavorative in modo tale che il dipendente fosse più sicuro e protetto e abbiamo eliminato completamente le riunioni in presenza favorendo le videoconferenze; tutte attenzioni e accorgimenti che sono ancora in essere”.
Avete adottato la cassa integrazione?
“Sì. Da quando abbiamo ripreso l’attività produttiva (maggio) abbiamo ridotto la cassa integrazione. Oggi è su un 20-25% delle persone per un giorno la settimana. Se i segnali di ripresa saranno duraturi possiamo interromperla”.
I fondi promessi dal governo sono arrivati?
“Abbiamo anticipato la cassa integrazione ai dipendenti e adesso stiamo cominciando a ricevere poco alla volta i contributi”.
LA ROC Macchine Agricole
Altra azienda contattata è La Roc Macchine Agricole.
Nata nel 1996, opera nel settore della costruzione di macchine agricole professionali dedicate all’industria del foraggio, impianti Biomassa e Biogas. Negli ultimi anni si è sviluppata notevolmente diventando un’azienda di riferimento a livello internazionale.
Avete avuto il blocco delle attività con l’avvento del Coronavirus?
“Il blocco della produzione – spiega Denis Ubaldi Amministratore Delegato dell’azienda – pari al 30/35%, è durato circa 5, 6 settimane. Nell’arco dell’anno siamo però riusciti ad assorbire questa perdita e ora siamo in crescita e stiamo compensando le perdite”.
Vi sono state disdette di ordini o le consegne sono slittate più avanti?
“Abbiamo avuto un 15-20% di disdette, ma abbiamo riprogrammato gli ordini per assorbire le perdite. Il fatturato, che ammonta a 15 milioni di euro, nel mese del lockdown è calato del 10-15%, ma ora stiamo incrementando il lavoro”.
I dipendenti hanno potuto lavorare in smart working o sono stati messi in cassa integrazione?
“Abbiamo una cinquantina di dipendenti e di questi pochissimi (1-2 persone) hanno lavorato da casa. La chiusura delle attività lavorative è stata un’esperienza problematica perché le linee internet non sono veloci e la zona non supporta bene il lavoro telematico. Alcuni dipendenti sono stati messi in cassa integrazione”.
E’ cambiato qualcosa nell’organizzazione del lavoro, siete di nuovo operativi e quali norme di sicurezza avete adottato?
“La normativa ci suggerisce entrate scaglionate, mascherine, distanziamento, tutto ciò che è previsto dal protocollo. Avendo molto lavoro all’estero (90%) dobbiamo rispettare appieno le regole; in molti paesi con cui siamo in contatto la situazione è sfuggita di mano e sono tornati a chiudere i dipartimenti, le contee, le province”.
Si controlla se i dipendenti attuano le misure di sicurezza?
“Sì, la prevenzione viene osservata scrupolosamente. Sono amareggiato invece dal fatto che queste misure di sicurezza al sabato sera vengano completamente ignorate, come se una persona si dovesse infettare solo quando viene a lavorare in fabbrica”.
I fondi promessi dal governo sono arrivati o ci sono stati problemi?
“Le banche non erano preparate a gestire una situazione così complicata; qualsiasi problematica si è riversata su coloro che avevano bisogno di usufruire di servizi allo sportello o finanziari. Noi lavoriamo con l’home-banking e non abbiamo risentito più di tanto. I fondi non sono arrivati, forse c’è stata confusione da parte del governo. Certo che con quei famosi 600 euro non copriamo neppure le spese minime, cosa ci dovevamo fare con una cifra simile? Tutte le attività hanno sofferto, ma per ricevere un qualche contributo è più il lavoro che devi fare che il risultato che si ottiene”.