L’ultimo indizio, peraltro molto curioso, è il “nuovo” film in uscita su Amazon Prime. Tra virgolette, perché la pellicola (girata interamente in Valmarecchia) viene distribuita a 20 anni dalla sua realizzazione. Storie di seduzione, il film di Antonio Maria Magro, si aggiunge a pellicole d’antan come Rimini Rimini o La prima notte di quiete di Valerio Zurlini, ma anche – e soprattutto – ai titoli di più recente produzione, e si lega anche ai tanti romanzi e scrittori che hanno scelto Rimini come base per le loro storie.
Rimini sotto i riflettori non è passata inosservata a un osservatore attento come Giorgio Tonelli, caporedattore Tgr Rai di Bologna. A lui il merito di aver lanciato la provocazione-suggestione “Rimini capitale italiana della cultura”, inziativa subito sposata da amministratori, uomini di cultura e del marketing. Ariminum, il Trecento riminese, il Tempio Malatestiano di Leon Battista Alberti ma anche la capacità di inventare e reinventare per decenni le vacanze di italiani e stranieri, sono alcuni dei tratti caratteristici di una “capitale” che -Gnassi docet – potrebbe allargare la sua area al Montefeltro e alle terre dei Malatesta.
Tonelli, perché Rimini è così presente in questo momento?
“Fa parte dell’immaginario collettivo, è una metafora delle vacanze, due italiani su tre ci sono almeno passati una volta.
È una città dei ricordi, spesso giovanili e tempi pandemici come l’attuale, costringono tutti ad un viaggio nella memoria, al ritorno alle origini, come i salmoni. E poi Rimini è sempre stata sotto i riflettori.
Senza scomodare Fellini o Zurlini, basterà ricordare che Rimini è il titolo di un album di Fabrizio De Andrè, di un libro di Pier Vittorio Tondelli o di due film di Sergio e Bruno Corbucci. Come dire: Rimini è sempre stata per ogni palato: dall’intellettuale al nazionalpopolare”.
Cosa suscita questa città ?
“Rimini è una città di provincia, ma non provinciale.
Sa essere città dalle cento sfumature, ricca di storia e di storie.
Non sarà solo un caso se qui sono ambientate la fiction – ma ispirata da una storia vera – di Sydney Sibilia su L’Isola delle Rose o il discusso SanPa: luci e ombre su San Patrignano di Cosima Spender. Insomma Rimini melanconica e un po’ nebbiosa d’inverno, colorata e intraprendente d’estate, sa essere anche metafora della coscienza inquieta dell’uomo di oggi.
Un valore aggiunto favorito dal superamento della linea della ferrovia che non è più una barriera fisica che separa i residenti dai turisti. E poi non dobbiamo dimenticare quel che diceva il cardinal Tonini: «Tutto quello che succede a Rimini fa il giro del mondo». Un vero massmediologo!”.
Come ‘sfruttare’ allora questa onda?
“Beh, una proposta l’ho già fatta: candidarsi a capitale italiana della cultura 2024.
Certo, non sarà una passeggiata. Occorre un buon lavoro di squadra e che amministratori ed operatori economici ma soprattutto i cittadini riminesi siano convinti di poter giocare la partita.
Occorre capacità di ascolto ma anche di proposta, strutturarsi per ottenere fondi europei, risorse pubbliche ma anche sviluppare un’attività di ricerca fondi, fund raising presso i privati, fondazioni, mondo industriale e dell’ospitalità.
Rimini è rinata dopo i bombardamenti.
Quella che occorre mettere in campo è una ripartenza con nuove basi e nuove prospettive e la cultura – favorita dalla bimillenaria storia della città – è una di queste, certamente non l’unica. Ma il tema vero forse è un altro: i figli di quegli imprenditori che, a suon di cambiali, sulle macerie della guerra hanno dato vita alla capitale del turismo saranno in grado di inventare nuove proposte e intercettare nuovi turisti sulle macerie che ci lascerà la pandemia?”.