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THE BOYS, LO STRAPOTERE DEL CAPITALISMO

Fin dalla loro nascita, i supereroi hanno rappresentato lo specchio, dal punto di vista della cultura popolare, dello spirito dei tempi percepito e vissuto dalla società americana (e, per influenza, da tutto l’Occidente). A ogni epoca si può far corrispondere un certo tipo di narrativa supereroistica: dalla nascita nel periodo della seconda guerra mondiale, in cui agli eroi in calzamaglia è data una funzione (non solo, ma anche) di propaganda contro i totalitarismi; alle avventure colorate, spensierate e dal sapore fantascientifico che rispecchiano la rinascita post-bellica, il boom economico e lo spirito kennedyano della nuova frontiera dello Spazio; passando per il cosiddetto decostruzionismo revisionista degli anni ’80, in cui eroi fallibili, dalla condotta morale ambigua, perdono l’innocenza e diventano portatori delle angosce legate alla Guerra Fredda e alla minaccia costante della Bomba. E oggi? Quali possono essere le storie di supereroi che possano rispecchiare la società americana (e quindi occidentale) attuale?

La risposta è The Boys, serie a fumetti edita da Wildstorm-Dc Comics nel 2006, scritta da Garth Ennis per i disegni di Darick Robertson, dalla quale è stata tratta l’omonima serie televisiva in due stagioni, con la terza attualmente in produzione.

Super… per niente eroi

La serie tv The Boys (ideata da Eric Kripke e prodotta da Amazon per la propria piattaforma Prime Video) racconta di un mondo simile al nostro, con la differenza che i supereroi esistono. E non è un bene: in questo mondo, infatti, i supereroi non sono individui che, acquisiti i superpoteri, decidono di metterli al servizio della comunità; ma sono vere e proprie celebrità globali al soldo di una colossale multinazionale americana, la Vought, che ne gestisce la vita pubblica, le attività e l’immagine come fossero rockstar, divi di Hollywood o, come diremmo oggi, influencer. Il dato che caratterizza questi “supereroi”, però, è un altro: dietro la facciata da icone (la principale squadra sotto contratto della Vought è quella dei “Sette”, caricatura di gruppi classici di eroi dei fumetti, come la Justice League o gli Avengers), si nascondono persone senza scrupoli, viziate, egocentriche, egoiste se non addirittura malvage, il cui unico obiettivo è quello di guadagnare sempre più denaro, fama e riflettori. Come detto, però, si tratta pur sempre di individui con superpoteri: e così, grazie al proprio immenso potere economico e mediatico, la Vought utilizza i propri “asset con mantello” nella società, inserendoli in una narrazione che è quella tipica dei fumetti, permettendo loro di intervenire nel far rispettare la legge, senza troppa accortezza per i cosiddetti “danni collaterali”. Non sono rari, infatti, gli episodi di civili rimasti gravemente feriti o uccisi a causa delle azioni “eroiche” di questi personaggi, episodi che prontamente la Vought mette a tacere comprando il silenzio dei testimoni o dei familiari delle vittime a suon di dollari.

Ed è qui che entrano in gioco i “Boys” (i ragazzi): un gruppo di mercenari ed ex agenti della CIA che, toccati più o meno direttamente dalle azioni terribili perpetrate dai “super”, decidono di fare di tutto per far affondare la Vought, tentando di rivelare al mondo intero la vera natura dell’azienda e dei suoi super personaggi. In questa guerra tra “gente comune” e supereroi, la serie tv The Boys non si risparmia nulla, mettendo in scena ciò che davvero la guerra è: gioco sporco. Sangue, violenza, sesso come ricatto, tradimenti, affari economici e giochi politici si intrecciano in modo sempre più fitto, portando lo spettatore a non fidarsi di niente e di nessuno. E, non nascondiamoci, a volerne sempre di più. Inoltre, puntata dopo puntata, i colpi di scena si fanno sempre più frequenti, togliendo qualsiasi speranza allo spettatore di capire come potrebbe procedere la narrazione e alzando sempre di più la posta in gioco: non si vuole rovinare la visione a nessuno, ma basti pensare che, a un certo punto, si arriva a coinvolgere una sorta di Quarto Reich e il concetto di Superuomo in senso nietzschiano. Ma non diciamo altro.

Lo specchio del mondo di oggi?

Ma perché, come anticipato in apertura, questi supereroi così corrotti e spregevoli dovrebbero rappresentare lo spirito della società attuale? Viviamo sempre di più nella società dell’apparire, e in un certo senso i supereroi presentati in The Boys non sono altro che personaggi pubblici pensati da un’azienda come “super”prodotti di marketing. Ma la vera sovrapposizione tra la serie tv e la nostra epoca va ricercata da un punto di vista meta-narrativo: l’elemento che più di tutti caratterizza The Boys è uno spirito fortemente anti-corporativo. La multinazionale, il colosso capitalistico che attraverso il denaro è in grado di raggiungere qualsiasi obiettivo, a prescindere dai mezzi usati e ignorando qualsiasi tipo di morale, è il male. La gente comune, che nulla può contro questo gigante se non sporcandosi le mani e perdendo la propria umanità, è il bene. Ecco, questa serie tv, con questo spirito così preciso, è prodotta da una delle più grandi multinazionali del mondo, Amazon. Il più grande colosso capitalistico del mondo vende alla gente un prodotto in cui il capitalismo è il male da estirpare, senza alcuna conseguenza. Anzi, guadagnando ancora di più. Cosa significa? Il potere delle multinazionali è talmente forte e radicato che nulla può scalfirlo (al pari di quello dei supereroi presentati)? Non è forse inquietante che l’oggetto della critica diventi il soggetto stesso che incentiva a dileggiarlo?

In fondo, forse, il mondo di The Boys e il nostro non sono così diversi.