Nel Vangelo i servi bravi sono quelli che rischiano. Non sono cauti e guardinghi, non conservano quel che hanno ricevuto, ma lo impiegano.
Perché il bene, se non si investe, si perde; perché la grandezza della nostra vita non dipende da quanto mettiamo da parte, ma da quanto frutto portiamo. Quanta gente passa la vita solo ad accumulare, pensando a stare bene più che a fare del bene. Ma com’è vuota una vita che insegue i bisogni, senza guardare a chi ha bisogno! Se abbiamo dei doni, è per essere noi doni per gli altri”.
Così Papa Francesco nell’omelia della messa in occasione della IV Giornata mondiale dei poveri: “Essere fedeli a Dio è spendere la vita, è lasciarsi sconvolgere i piani dal servizio. ’Io ho questo piano, ma se servo…’. Lascia che si sconvolga il piano, tu servi.
È triste quando un cristiano gioca sulla difensiva, attaccandosi solo all’osservanza delle regole e al rispetto dei comandamenti.
Quei cristiani ‘misurati’ che mai fanno un passo fuori dalle regole, mai, perché hanno paura del rischio. E questi, permettetemi l’immagine, questi che si prendono cura così di se stessi da non rischiare mai, questi incominciano nella vita un processo di mummificazione dell’anima, e finiscono mummie.
Questo non basta, non basta osservare le regole; la fedeltà a Gesù non è solo non commettere errori, è negativo, questo”.
Per il Papa, “il Signore ci invita invece a metterci in gioco generosamente, a vincere il timore con il coraggio dell’amore, a superare la passività che diventa complicità. Oggi, in questi tempi di incertezza, in questi tempi di fragilità, non sprechiamo la vita pensando solo a noi stessi, con quell’atteggiamento dell’indifferenza”.
“Troppe volte, guardando alla nostra vita, vediamo solo quello che ci manca e ci lamentiamo di quello che ci manca. Allora cediamo alla tentazione del ‘magari!…’: magari avessi quel lavoro, magari avessi quella casa, magari avessi soldi e successo, magari non avessi quel problema, magari avessi persone migliori attorno a me!… Ma l’illusione del ‘magari’ ci impedisce di vedere il bene e ci fa dimenticare i talenti che abbiamo. Ma Dio – ha aggiunto il Papa – ce li ha affidati perché conosce ognuno di noi e sa di cosa siamo capaci; si fida di noi, nonostante le nostre fragilità.
Si fida anche di quel servo che nasconderà il talento: Dio spera che, malgrado le sue paure, anche lui utilizzi bene quanto ha ricevuto. Insomma, il Signore ci chiede di impegnare il tempo presente senza nostalgie per il passato, ma nell’attesa operosa del suo ritorno”.