Prosegue il viaggio alla scoperta delle realtà riminesi di impegno ecologico e ambientale. L’Umana Dimora è un’associazione che promuove i temi della tutela ambientale dagli anni ‘80 e che dal 2007 è presente anche in Romagna.
Ce ne parla Marco Pacelli, presidente della sezione riminese
Un gruppo di amici che, da amanti della natura e delle bellezze del territorio, si rendono conto che a Rimini gli argomenti della tutela e della salvaguardia dell’ambiente non sono proprio tra le priorità. È il 2007, quando, spinti da questa intuizione e accomunati da una sensibilità e da esperienze di ispirazione cattolica, decidono di dare vita a L’Umana Dimora di Rimini e dell’Adriatico, sezione provinciale di una realtà che già da diversi anni, dalla fine degli anni Ottanta, portava avanti la propria attività di promozione e sensibilizzazione sui temi della tutela ambientale a livello nazionale. In quel gruppo di amici c’era anche Marco Pacelli (foto piccola), oggi Presidente della sezione riminese dell’associazione, che racconta questa esperienza.
Partiamo dall’inizio. Come nasce la realtà di L’Umana Dimora a Rimini?
“Nasce dal desiderio di un gruppo di amici appassionati ai temi legati all’ambiente che, avendo il comune riferimento al Magistero sociale della Chiesa, nel 2007 hanno pensato di impegnare il tempo libero iniziando anche a Rimini quella attività di valorizzazione e promozione del territorio che è alla base di L’Umana Dimora, una realtà associativa nazionale nata nel 1988 e riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente. L’idea originale nasce dal desiderio di approcciarsi alla realtà e all’ambiente in maniera non frammentata, rispettosa di tutti i fattori in gioco, capace di integrare diverse professionalità e soggetti. Il tutto senza dimenticare che il primo soggetto da difendere è l’ambiente, in quanto casa dell’uomo.
Umana dimora, per l’appunto”.
L’associazione oggi: di cosa vi occupate, quali sono le vostre attività?
“Il territorio che viviamo ci è dato, è la casa che in un modo o nell’altro abbiamo ricevuto in eredità: mettiamo in campo, dunque, iniziative che ne favoriscano la conoscenza, che portino a scoprire il valore e la bellezza espressi come paesaggio, come storia e soprattutto come eredità di uomini che lo hanno abitato e che lo vivono tuttora; cerchiamo, poi, di informare sulle peculiarità che ha il nostro territorio, che spesso presenta fragilità e delicati equilibri. Capita di presentare i temi ambientali ai ragazzi, attraverso progetti realizzati insieme ad altre realtà di volontariato o in incontri nelle scuole”.
Ma non vi muovete solo nel territorio.
“Spesso ci siamo spinti oltre i confini della provincia per conoscere altre parti d’Italia, in ogni stagione dell’anno o seguendo importanti ricorrenze legate alla storia di luoghi o persone.
Questo lo facciamo sia attraverso attività all’aperto sia organizzando convegni o visite guidate: ricordo a riguardo i due convegni sulla ‘Laudato Sì’ o la mostra sui 30 anni di ricerca italiana in Antartide. Ultimamente, vista l’attuale situazione di emergenza, cerchiamo di continuare a mantenere viva l’attenzione utilizzando gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione: d’altra parte, un buon padrone di casa non tralascia le pulizie quotidiane se improvvisamente deve dedicare il suo tempo a qualche grave imprevisto”.
Ha parlato di sensibilizzazione sui temi dell’ambiente.
“Vorrei riportare solo un esempio: la risorsa dell’acqua potabile. Riteniamo che capire l’importanza in fatto di raccolta, conservazione e consumo dell’acqua e, di conseguenza, agire per la salvaguardia del nostro territorio, sia un valido contributo alla vita sociale della nostra comunità. L’acqua, oltre a essere un bene essenziale per la vita, è un elemento fondamentale per la nostra economia, basata sul turismo di massa e su un’agricoltura d’eccellenza. Su questo e su altri temi altrettanto impattanti ci confrontiamo da tempo con le altre associazioni ambientaliste, nella convinzione che le reciproche sensibilità siano complementari e aiutino a suggerire soluzioni ai problemi che gli amministratori locali sono chiamati a risolvere. Per questo motivo, fin da subito abbiamo aderito al Piano Strategico e dialoghiamo con l’assessorato all’ambiente di Rimini”.
La salvaguardia di un territorio, però, non passa solo ed esclusivamente attraverso la tutela dell’ambiente, ma anche della sua identità storica. Avete progetti che si concentrano su questo?
“Ci siamo accorti che il nostro entroterra è stato teatro di importantissimi eventi storici e questo ci ha spinto a diverse azioni allo scopo di promuoverlo e salvaguardarlo. Cito, come esempio, il Cammino di San Francesco da Rimini a La Verna, riconosciuto in Italia dal Ministero dei Beni Culturali. Affascinati dalla figura del Santo e stupiti dai segni indelebili e fruttiferi che il suo passaggio ha lasciato nel corso dei secoli, abbiamo immaginato un orizzonte più ampio, un progetto che potesse perseguire lo scopo di far conoscere i luoghi legati alla storia francescana. Così, abbiamo cercato partner ‘oltre-appennino’ e oltre i confini italiani che condividessero la stessa visione: storia, cultura, arte e religione in un unico percorso, che a breve speriamo porti alla certificazione di Itinerario Culturale Europeo.
Un tassello di internazionalità in più per la nostra città e il nostro territorio, che ha questa caratteristica nuova: un’impronta di turismo sostenibile e al tempo stesso valorizzatore di un’identità culturale, in cui l’aspetto paesaggistico e ambientale è fattore indiscutibile”.
Uno sguardo al domani, che nei tempi che stiamo vivendo non è scontato. Quali progetti per il futuro?
“Non per nascondere sorprese che potremmo avere in serbo, ma la realtà si svela da sola: continueremo a guardare e monitorare cosa accade, ad approfondire la conoscenza del territorio e delle sue ricchezze, a tenere viva l’attenzione e trasmettere con la nostra sensibilità le preoccupazioni che si manifesteranno. La nostra società, com’è giusto, si muove sul territorio e lo modifica interagendo con esso: oggi più che mai è necessario che questa azione sia estremamente ragionata perché, come si suol dire, ‘non si butti il bambino con l’acqua sporca’. Penso che con le conoscenze e la tecnologia che abbiamo oggi si possa depurare facilmente l’acqua ma, soprattutto, salvare quel bambino”.
Chiudiamo con un commento personale: il Covid-19 ha distolto l’attenzione su molti altri dibattiti importanti, ma fino all’arrivo della pandemia quello ambientale era tra i più discussi. Qual è l’importanza di tornare a parlarne, secondo lei, e l’importanza di realtà come L’Umana Dimora nella società attuale?
“Il dibattito sull’ambiente deve continuare: d’altra parte, il virus non è un elemento estraneo ad esso, è un piccolo frammento di biologia che in questo momento si oppone alla vita dell’uomo. È giusto combattere il virus, ma la situazione ci insegna che l’ambiente dobbiamo ancora conoscerlo. Diventa importante, perciò, l’approccio nel guardare ciò che accade. Una realtà come la nostra può aiutare a mantenere alta l’attenzione su quei problemi apparentemente (e anche giustamente) meno urgenti, che però in modo inesorabile, col tempo, rischiano di danneggiare la nostra casa comune. E, soprattutto, credo che la nostra esperienza e la nostra sensibilità possano aiutare a suggerire ai nostri giovani un approccio di sostenibilità. La consapevolezza che la Terra su cui viviamo è un dono, un’ eredità di cui godiamo, spero sia già un buon lascito per i nostri ragazzi, prima ancora della nostra azione sul campo”.