Come sottolineato da Papa Francesco nella sua enciclica, è necessario cambiare rotta nel nostro rapporto con l’ambiente. Necessità accolta da tante realtà, anche a Rimini: come la Bottega Poco di Buono, che promuove un commercio solidale, sostenibile ed etico
Il Covid-19 ha quasi cancellato ogni tipo di dibattito che non sia legato a virus, ricoveri, metodi di tracciamento e misure di limitazione. Purtroppo, però, i problemi che affliggono il mondo di oggi sono tanti, e non sono legati esclusivamente alla pandemia. Forse ce lo siamo dimenticati, ma fino allo scorso marzo uno dei temi principali al centro del dibattito pubblico, nazionale e internazionale, era quello dell’attenzione ai cambiamenti climatici, della lotta agli sprechi, della necessità di abbandonare l’utilizzo massivo della plastica monouso. In generale, della tutela dell’ambiente. Una necessità di cambiare rotta nel nostro rapporto con il pianeta, che è stata fortemente sottolineata dalla Laudato Sì, l’enciclica di Papa Francesco che dal 2015 stimola tutto il mondo a un cambio di paradigma che porti a una maggiore cura del Creato e della nostra “casa comune”.
Un appello globale, quello del Santo Padre, che nonostante l’attenzione rubata dal Covid-19 è accolto da tante realtà che, in piccolo o in grande, portano avanti quotidianamente la propria “battaglia” in favore di una maggiore sostenibilità ambientale ed etica produttiva. Anche a Rimini: tra queste c’è la Bottega Poco di Buono, nata alla Grotta Rossa esattamente dieci anni fa. Una realtà che prende vita nel contesto del RiGAS, il Gruppo di Acquisto Solidale di Rimini, il cui obiettivo è quello di promuovere i valori dell’etica della produzione e della solidarietà, privilegiando l’acquisto di prodotti biologici, i piccoli produttori del territorio e la filiera corta, fornendo così un’alternativa ai canali della grande distribuzione ( www.pocodibuono.org). Una realtà raccontata da Christian Magnani,( nella foto) responsabile della bottega e volontario del RiGAS.
Christian, raccontaci. Cos’è la Bottega Poco di Buono?
“È un’esperienza che nasce da un’esigenza del RiGAS, il Gruppo di Acquisto Solidale di Rimini, associazione nata dalla volontà di un gruppo di famiglie riminesi di acquistare prodotti la cui realizzazione sia in linea con una serie di requisiti etici e ambientali. Un’associazione nata più di dieci anni fa (2007) e che da allora è cresciuta sempre di più. Tanto che, per far fronte a tutte quelle che sono le esigenze sia burocratiche e fiscali, sia di gestione dei prodotti, si è pensato di creare una realtà, la cooperativa Poco di Buono, che gestisse una bottega aperta al pubblico nella quale il cittadino può recarsi per acquistare questo tipo di prodotto”.
Una bottega a tutto tondo, dunque.
“Sì, una bottega di prodotti solidali. Ma non solo: l’altro scopo di Poco di Buono è quello di fungere da punto di ritiro e base logistica del RiGAS. In sostanza due giorni a settimana, il mercoledì dalle 17 alle 18.30 e il sabato dalle 9 alle 11.30, le famiglie del Gruppo di Acquisto possono recarsi alla bottega e ritirare la merce che hanno ordinato”.
Parliamo dei prodotti.
“Spaziamo da frutta e ortaggi a riso e pasta, passando per piada, affettati e formaggi. Possiamo dire di avere un paniere quasi completo, da negozio di alimentari a tutto tondo”.
Cosa significa acquistare in modo solidale?
“Significa acquistare merce che arriva da produttori principalmente locali (ma non solo) e che abbia determinate caratteristiche di qualità. Qualità che, da una parte, sta nei metodi di produzione, come il biologico e, dall’altra, è legata all’etica della produzione stessa. Secondo quelli che sono i princìpi del RiGAS, infatti, il prodotto solidale non è legato solo a un insieme di caratteristiche di qualità intrinseche alla merce, ma anche al fatto di riconoscere al fornitore il giusto compenso per il lavoro che svolge. Sulla base di questi requisiti, dunque, scegliamo i produttori con cui interfacciarci per avere i loro prodotti nella nostra bottega”.
Come nascono questi rapporti e come valutate la sussistenza di queste caratteristiche?
“Nel 90% dei casi, dopo un primo contatto, andiamo direttamente a incontrare i produttori cui siamo interessati. Lo scopo è quello di verificare ‘sul campo’ che ciò che ci viene detto risponda a verità: oltre a capire se i prodotti siano effettivamente biologici, chiediamo ai produttori di garantire che chi lavora per loro sia impegnato con regolare contratto e sia tutelato a dovere. In sostanza, dunque, questi incontri servono per verificare la qualità del prodotto e l’onestà dei produttori”.
Sono valori, questi, importanti. Mettete in campo anche attività di sensibilizzazione, per diffonderli il più possibile?
“È importante sottolineare, a questo proposito, il progetto ‘Spreco Zero’, che oggi va molto di moda ma noi è da oltre dieci anni che lo mettiamo in pratica, evidenziandone l’importanza. Si tratta di recuperare dai canali della grande distribuzione tutti quei prodotti che sarebbero destinati al macero e, attraverso gruppi di volontari che li organizzano in cassette, ridistribuirli ad un prezzo molto vantaggioso: parliamo di cassette di prodotti che mediamente arrivano a pesare 5-6 chili e che vendiamo a 4 euro. Un progetto che ci permette, e ci ha permesso negli anni, di recuperare una grandissima quantità di prodotti che altrimenti sarebbe andata perduta: parliamo di circa 40 tonnellate recuperate nel 2018, quasi 36 l’anno scorso e circa 35 nel 2020. Volumi davvero importanti. E poi non manca la nostra attenzione all’utilizzo della plastica”.
Ci spieghi.
“Il nostro obiettivo è quello di arrivare a non utilizzare più la plastica in nessuna circostanza. Certo, è un processo graduale che necessita di tempo, e infatti al momento non tutti i nostri prodotti sono privi di plastica. Ma la direzione è quella di arrivare a una totale eliminazione: un passo in questo senso, ad esempio, è rappresentato dal fatto che nel nostro banco salumi non viene utilizzata plastica in alcun modo, preferendo materiali compostabili. Inoltre incentiviamo la nostra clientela, laddove sia consentito per legge, a portare da casa i propri contenitori per i prodotti, in modo da riutilizzare sempre gli stessi evitando ogni tipo di spreco. In sostanza, dunque, si tratta di sensibilizzare attraverso le buone pratiche, dando il buon esempio nella nostra attività, mettendoci in campo direttamente”.
Il Covid-19 ha, purtroppo, rubato la scena a qualsiasi altro tipo di dibattito, come ad esempio quello sulla sostenibilità e sull’attenzione all’ambiente. Perché, dunque, una realtà come Poco di Buono può essere così importante nei tempi che stiamo vivendo?
“La pandemia ha certamente catalizzato l’attenzione, diventando, purtroppo, il principale protagonista dell’attualità e dei pensieri di tutti. Va detto, però, che il virus ha tolto l’attenzione verso i temi delle buone pratiche e del rispetto per l’ambiente solo nei più distratti. I valori che perseguiamo, infatti, restano fondamentali e continuano a essere portati avanti e valorizzati da tante realtà come la nostra. Non va mai dimenticato che nonostante la pandemia oggi goda, giustamente, di un’attenzione privilegiata, i temi della sostenibilità ambientale, e dell’etica del mondo della produzione, non sono solo fondanti per la società di oggi, ma sono necessari per guardare al domani”.