Nella messa di San Gaudenzo fra i doni presentati all’altare c’era anche il Nuovo Messale che il vescovo Francesco ha voluto donare alla Cattedrale e che sarà utilizzato dalla prima domenica di Avvento.
Si è giunti dunque alla conclusione di un lungo percorso, forse anche troppo lungo, anche perchè di fatto ci troviamo di fronte alla traduzione dal latino di testi promulgati già nel 2000.
Ma vediamo di ripercorrere questo cammino.
Un lungo percorso
La prima edizione italiana del Messale Romano, pubblicata nel 1973, era sostanzialmente una pura traduzione dall’edizione originale in latino, senza adattamenti o aggiunte. Adattamenti e aggiunte che, al contrario, hanno caratterizzato la seconda edizione, arrivata nel 1983. Ora, a distanza di 37 anni, si è giunti alla pubblicazione della terza edizione.
L’iter di questa nuova edizione italiana del Messale è stato particolarmente lungo.
Nel 2000, l’allora papa Giovanni Paolo II ha promulgato la terza edizione latina del messale; la cosiddetta editio typica da cui le varie conferenze episcopali devono attingere per le edizioni in lingua locale. Due anni più tardi, nel giugno del 2002, la CEI ha istituito una Commissione episcopale, composta da esperti di liturgia, biblica, patristica, italianistica e musicologia, che ha iniziato a lavorare sulla nuova traduzione.
Pronta dopo dieci anni, la traduzione è stata approvata dall’Assemblea generale della CEI del maggio 2012 e inviata alla Santa Sede per la recognitio, la revisione necessaria per la definitiva pubblicazione del Messale. Un passaggio, questo, previsto dall’istruzione Liturgia Authenticam, che richiedeva la massima integrità nella traduzione dal latino. Un’esigenza di fedeltà che, però, rischiava di andare a scapito della comprensibilità del testo. Il rischio venne messo in evidenza da più parti e da conferenze episcopali.
Tanto che Papa Francesco, nel 2017, con il Motu proprio Magnum Principium ha abolito la recognitio a favore di una più leggera, se così si può dire, confirmatio delle traduzioni da parte della Santa Sede, ribadendo successivamente che la fedeltà al testo latino non deve andare a scapito della comprensibilità della traduzione.
La novità espressa dal Motu proprio ha fatto sì che la Commissione
episcopale della CEI rimettesse mano al testo del Messale già presentato. Dopo circa un anno di ulteriore revisione, il testo è stato approvato nel novembre del 2018 dall’Assemblea generale straordinaria.
Ricevuta anche l’approvazione da Papa Francesco il 16 maggio 2019, il nuovo Messale Romano è stato finalmente pubblicato e diventerà obbligatorio dalla prossima Domenica di Pasqua (4 aprile 2021). Di fatto, si potrà iniziare ad utilizzarlo molto prima.
Alcune novità
Nella sua quasi totalità, la terza edizione italiana del Messale Romano conferma l’edizione precedente. Ma lungo tutto il testo ci sono correzioni, aggiunte, modifiche, effettuate secondo una logica di maggiore comprensibilità e fruibilità, nel rispetto, ovviamente, del testo originale latino. Vediamone alcune:
• intanto, nelle “precisazioni” della CEI vengono date alcune indicazioni operative che sgombrano il campo da dubbi espressi a più livelli. Ad esempio, il divieto di usare la musica registrata durante la celebrazione e quello di introdurre preghiere devozionali o avvisi al termine del momento di silenzio dopo la comunione;
• si è sicuramente parlato molto della frase “ e non abbandonarci alla tentazione”, che nel Padre nostro ha sostituito “ e non ci indurre in tentazione”. Ma di modifiche, anche se a volte apparentemente impercettibili, ne sono state fatte in varie parti recitate del rito, come nel saluto di benedizione, nel Confesso a Dio onnipotente (con l’aggiunta di “ e sorelle” a “ fratelli”), nel Gloria (dove la frase “ e pace in terra agli uomini di buona volontà” è stato sostituita con “ e pace in terra agli uomini amati dal Signore”), nello scambio della pace, nell’invito alla comunione. E in tante altre parti ancora.