Il vento continua… a far discutere.
Infatti, mentre l’iter per l’approvazione del progetto di un impianto eolico al largo della costa riminese procede per la sua strada (il progetto di Energia Wind 2020 è stato presentato alla Capitaneria di Porto di Rimini e ora, fino al prossimo dicembre, i portatori di interessi del territorio potranno presentare le proprie osservazioni) il dibattito sui pro e i contro di un’opera del genere nella nostra Riviera non accenna a fermarsi.
Interviene sul tema Marco Affronte (nella foto), naturalista, divulgatore scientifico ed ex europarlamentare riminese.
Lei si è più volte detto favorevole a questo progetto. Per quali motivi lo ritiene un’opportunità?
“Più che di opportunità, sulle quali si può discutere, dobbiamo parlare di una situazione di emergenza e urgenza nella quale ci troviamo e alla quale non possiamo sottrarci.
Le conseguenze dei cambiamenti climatici sono sempre più presenti, vicine e tangibili. E l’unico modo che abbiamo per contrastare questo fenomeno, che è già molto avanzato, è quello di convertire il nostro modo di produrre energia, smettendo di bruciare i combustibili fossili e utilizzando l’energia pulita e rinnovabile, come quella del vento”.
Su questo pressoché tutta l’opinione pubblica è d’accordo. La discussione è di altro tipo: l’impianto in progetto nel mare di Rimini è di notevoli dimensioni e l’impatto sul territorio sarà inevitabile.
“Me ne rendo conto, è un progetto grande e importante. Però quale azione dell’uomo non produce un impatto? Vista la situazione di grande emergenza che stiamo vivendo, questi effetti vanno controbilanciati dai benefici che progetti di questo tipo possono portare, e che a mio avviso in questo caso sono di gran lunga più importanti”.
Quali sono questi benefici?
“Pensiamo ai numeri: si prevede che questo impianto produca 330 megawatt all’anno di energia. Tradotto, si tratta di una produzione che corrisponde a circa 110mila impianti di fotovoltaico sui tetti delle case. Numeri molto importanti, che rappresenterebbero una grande fetta di produzione energetica sottratta ai combustibili fossili”.
L’impatto ambientale, però, rimane un tema centrale. Qual è la sua posizione?
“È una questione importante ma occorre fare chiarezza. L’impatto ambientale portato da questo tipo di impianti è di due tipi. Durante la prima fase di realizzazione delle strutture, di posa dei piloni e dei cavi che collegano l’impianto con la terraferma, è difficile negare la presenza di effetti soprattutto sulla fauna marina, dovuti al rumore e al traffico di imbarcazioni impegnate nei lavori che possono allontanare e spaventare gli animali.
Oltre, ovviamente, alla modifica del fondale per i lavori sui piloni. In questa fase, dunque, nessuno nega la presenza di un impatto sull’ambiente. Non dimentichiamo, però, che l’Europa è all’avanguardia per quanto riguarda l’eolico offshore (in mare, ndr), soprattutto nei mari del Nord, e ci sono, quindi, diversi studi che analizzano le conseguenze di queste strutture sull’ambiente. Proprio in questi studi emerge che l’impatto degli impianti nella fase di realizzazione si esaurisce, tendenzialmente, in poco tempo. E poi c’è l’impatto ambientale dell’impianto in attività: in questo caso, gli effetti positivi sono ancora di più. Secondo le analisi, infatti, i piloni di questi impianti vengono rapidamente colonizzati da animali incrostanti che sono alla base di una catena alimentare che porta allo sviluppo di vere e proprie oasi che ruotano attorno alle strutture. E questo lo sappiamo già per quanto riguarda il nostro mare, perché abbiamo avuto modo di verificarlo con le piattaforme di estrazione del metano. Le preoccupazioni maggiori sono per gli uccelli, che possono spostarsi in altre aree o addirittura impattare con le pale eoliche. Ad oggi, però, si è arrivati a una tecnologia tale per cui le pale possono girare anche molto lentamente producendo comunque l’energia necessaria, mitigando questo rischio”.
Per quanto riguarda l’impatto visivo, invece, e conseguenti riflessi sul turismo?
“Difficile negarlo, perché viste le dimensioni l’impianto sarà sicuramente visibile dalla costa. Ed è proprio questo il compromesso, che per me è accettabile e necessario, che dobbiamo fare tra la grande urgenza di produrre energia pulita e le conseguenze di questa produzione. Poi, però, va detta una cosa: il tipo di turismo che c’è a Rimini difficilmente avrà un impatto concreto dalla presenza del parco eolico in mare.
Chi viene a Rimini lo fa per la spiaggia, per i servizi, per la ricettività, per l’intrattenimento e la vita serale. Può non essere bello dirlo, ma è un turismo non propriamente legato al paesaggio.
Allo stesso tempo, invece, un impianto eolico come questo può portare la Riviera a mostrarsi come un territorio aperto e attento alle esigenze ambientali, che modifica se stesso per fare passi concreti verso un nuovo modo di produrre energia”.
C’è una direttiva europea (2014/89) che obbliga gli Stati membri a realizzare, entro il prossimo marzo, una pianificazione del proprio spazio marittimo. Una sorta di piano regolatore del mare. Tra chi si oppone al parco eolico a Rimini c’è chi afferma che il progetto è stato presentato di fretta e senza un vero coinvolgimento degli operatori del territorio per anticipare questa direttiva, che potrebbe limitare gli spazi utili per l’impianto. Cosa può dirci su questo?
“È vero, la direttiva c’è, ma va detto che proprio in vista di questo provvedimento europeo la regione Emilia-Romagna ha realizzato una pianificazione del proprio spazio marittimo nella quale ha individuato tre aree idonee per impianti eolici, una delle quali è proprio quella sulla quale sorgerà, se approvato, il parco eolico di Rimini.
Infine, va aggiunta una cosa: nel Piano Energia e Clima l’Italia si è data l’obiettivo di produrre, da eolico in mare, 300 megawatt di energia entro il 2025. L’impianto riminese, da solo, sarebbe in grado di soddisfare questo obiettivo”.