Nel 1520 la Municipalità di Rimini concede ai Canonici di San Giuliano l’esenzione per otto anni “acciocché rifacessero l’albergo delle Celle de’ Crociati, ruinato per l’occasione delle guerre”: così si legge a pagina 670 del “Raccolto istorico” di Cesare Clementini [1561-1624], pubblicato a Rimini nel 1627.
L’albergo è l’antico ospizio attestato da un documento del 1250: esso sorgeva accanto alla Chiesa di Santa Maria Maddalena delle Celle.
I Crociati sono i padri dell’ordine dei Crociferi, fondato nel 1169 e dedito all’assistenza ospedaliera.
Nel 1280 i Crociferi vengono allontanati per non aver pagato l’affitto e per i danni arrecati agli immobili. La storia si ripete ’diverse volte’, saltuariamente. Nel 1468 essi sono ancora presenti alle Celle, come attesta un documento citato da Giuseppe Garampi nell’indice (pagine 511-512) del suo celebre testo dedicato alle ”Memorie ecclesiastiche” della Beata Chiara di Rimini (Roma, 1755).
Il caos della Rimini del ’500
Alla fine del 1400, i ’padroni’ si stancano e decidono di non cedere più a nessuno la chiesa e l’ospizio: questo si legge in un documento del 1500. Da allora in poi, per un certo periodo, solo i terreni furono concessi in affitto: erano 13 poderi sparsi in tutto il circondario, per 27 tornature, cioè quasi nove ettari attuali. Il borgo delle Celle era legato a quello di San Giuliano dalla famosa fiera che quest’ultimo vi teneva dal 21 giugno (vigilia della festa del Santo) sino a tutto luglio.
Sempre nel Clementini troviamo che quell’esenzione fu concessa “ad instanza di Renzo Orsino da Ceri, Capitano d’huomini d’arme”.
Il motivo dell’esenzione (“ ruinato per l’occasione delle guerre”) e il mestiere di chi presenta la richiesta (un militare mercenario) ci restituiscono il clima dei brutti giorni vissuti dalla città all’inizio del XVI secolo: un assalto al borgo San Giuliano, e la messa a sacco della città, specialmente delle case dei fuorusciti, dei banchi degli ebrei (1503), e del palazzo abitato dal governatore.
Il 22 giugno 1510 agli Ebrei è concessa l’autorizzazione a “facere bancum imprestitorum”, cioè di svolgere legalmente attività finanziaria. E l’anno successivo è stipulato l’accordo con Emanuelino ed Angelo da Foligno che per il loro banco avrebbero pagato alla Municipalità una tassa annua di 400 lire.
Delle società di prestito ebraiche nel corso del secolo si serve lo stesso Comune, afflitto da costante mancanza di denaro.
Nel 1515 si discute la proposta di bandire gli Ebrei dalla città quali nemici della Religione e promotori di scandali nel popolo. Nello stesso 1515 avviene un tumulto del quale Carlo Tonini incolpa gli Ebrei, ma che potrebbe essere stato promosso non da loro ma contro di loro, se consideriamo il contesto storico dei cento anni precedenti.
Il contesto storico
Il 10 ottobre 1500 Pandolfo IV Malatesti (nipote di Sigismondo Pandolfo), cede Rimini al duca Valentino e si trasferisce a Venezia passando per Cervia.
Valentino arriva a Rimini il 30 ottobre. Siamo all’indomani della prima guerra d’Italia (1492-97).
Francia e Spagna avevano guardato all’Italia, caratterizzata dalla crisi del nostro equilibrio politico che aveva come perno l’asse Milano-Firenze-Napoli. A Firenze Carlo VIII è accolto come liberatore dal dominio mediceo. A Roma gli concedono il passaggio alla volta di Napoli.
L’equilibro della penisola, scrive Franco Gaeta (2012) sfugge di mano agli italiani: lo sbarco degli spagnoli in Calabria affretta il ritorno in Francia di Carlo VIII. Il suo successore (1498) è Luigi XV che rivendica il ducato di Milano. Venezia si allea con la Francia (1499):
entrambe fanno guerra contro Milano, che viene conquistata.
Il Valentino conquista Pesaro, Imola e poi Rimini.
Nel 1503 c’è l’intervento veneziano in Romagna, ed il Malatesta ritorna a Rimini.
Tre anni dopo, scrive Gaeta, lo Stato della Chiesa ristabilisce la sua autorità nelle nostre zone. Nello stesso 1503 Pandolfo IV vende Rimini a Venezia: come osserva G. L. Masetti Zannini (2002), egli è spinto dalla “ostilità dei cittadini, da lui provocati con prepotenza e crudeltà” e dalle difficoltà finanziarie. Per Rimini gli anni di inizio secolo sono i giorni più brutti. I vincitori, scrive Carlo Tonini, saccheggiano le case dei sostenitori dei Malatesti e compiono vendette nei loro confronti. La misera città, egli osserva, “rimase alla discrezione de’ furibondi vincitori”.
Nel 1509 Rimini è restituita alla Chiesa: papa Giulio II si collega con Venezia “e si mette alla testa del proprio esercito, passando per Ravenna e Rimini”, racconta Carlo Tonini. Poi arriva anche l’esercito spagnolo. I francesi vincono a Ravenna, poi occupano Rimini. La città è recuperata alla Chiesa dal duca d’Urbino. Nel 1512 ritornano gli spagnoli. La confusione militare della città s’accompagna a tensioni che avvengono nel 1513 per i tumulti contro gli Ebrei. Il 4 dicembre 1516 è decretata la pace generale che però non pone fine ai guai: l’Italia ha un nuovo equilibrio, incentrato sull’egemonia delle potenze straniere che distruggono il sistema degli Stati italiani, costituitosi nell’età di Lorenzo il Magnifico.
Antonio Montanari