Lunedì 22 giugno, nel dopocena, secondo, intenso incontro della verifica richiesta da monsignor Lambiasi, al Consiglio Pastorale Diocesano e al Consiglio Presbiterale, sulla pastorale del dopo virus. Prospettive e difficoltà
La cosa che colpisce maggiormente negli incontri sulla pastorale del dopo Covid è la franchezza del linguaggio, certamente un’abitudine con il vescovo Francesco, ma divenuta prassi consolidata già dai primi confronti fra sacerdoti durante il lockdown. Pochi bizantinismi e nessuna concessione al dire certe cose per significarne altre… Quella parresia che ha fatto commentare, con un sorriso, al Vescovo, alla fine del confronto del Consiglio Pastorale Diocesano e del Consiglio Presbiterale, “ Come disse De Gasperi alla Conferenza di pace di Parigi: Prendendo la parola sento che tutto, tranne la vostra cortesia, è contro di me”. In realtà nessun intervento aveva avuto come obiettivo il Vescovo, ma la franchezza espressa aveva messo tutti nella condizione di forte verifica personale oltre che comunitaria.
Lunedì 22 giugno, nel dopocena, secondo incontro della verifica richiesta da mons. Lambiasi ai due Consigli diocesani sulla pastorale del dopo virus.
Dopo l’introduzione del Vicario generale don Maurizio Fabbri che ha presentato la sintesi dei lavori di sabato 20 ( vedi pagina 2 de ilPonte del 28 /6) sono iniziati gli interventi su quali priorità darsi fra le tante indicazioni emerse.
A rompere il ghiaccio don Osvaldo Caldari, Rettore del Santuario Madonna di Saiano:
“ Non possiamo perderci in chiacchiere. Il Signore passa e devi saperlo riconoscere”. E subito una proposta concreta: “ Il ‘decreto rilancio’ permette la regolarizzazione di molti immigrati irregolari. È un’opportunità da cogliere se vogliamo essere concreti nell’amore per il povero”.
Padre Fernando Taccone, superiore dei Passionisti di Casale, ricorda la famiglia nel lockdown, positivamente per le occasioni avute di vita insieme anche nella preghiera, ma anche negativamente quando sono emerse fratture e povertà precedenti che la convivenza forzata ha portato all’esasperazione. “ Sulla famiglia – ha concluso – occorre insistere”.
Al “ ritorno all’essenziale”, che diventerà il leimotiv della serata, è dedicato l’intervento di don Roberto Battaglia, parroco di San Girolamo: “ Occorre ricentrarci come metodo e contenuto su ciò che si vive, e lì saper riconoscere Gesù. Perché lui è già all’opera.
Sta già accadendo qualcosa di nuovo. Allora, più che programmare, occorre guardare, riconoscere quel che accade e obbedirvi. Serve un’immersione nella vita per cogliere i germogli di vita reale, che Cristo vuol farci incontrare”.
Per Giordano Vaccari, diacono di San Mauro Pascoli, la pandemia ha messo ognuno di noi di fronte ai suoi limiti e ai valori ultimi “ Ho capito che fra un ateo e un uomo di fede non c’è sempre così tanta distanza come noi pensiamo. Ebbene, questo è uno spazio importante per il dialogo. A meno che decidiamo di barricarci in chiesa. Il Papa parla chiaro, ma è un po’ solo”.
Don Antonio Moro, parroco di Bellaria “ occorre ripartire dai poveri, essere dalla loro parte”. Tre proposte: come prima riprende quella di don Osvaldo sulla regolarizzazione degli stranieri presenti ed operosi. Le altre due riguardano il come aiutare le parrocchie in difficoltà (proponendo il dono di uno stipendio mensile dei sacerdoti per questi bisogni) e il finanziamento del Piano Marvelli (chiedendo alle organizzazioni sindacali di appoggiarlo con un‘ora di lavoro donata).
Due scelte pastorali e due provocazioni da parte di don Pierpaolo Conti, parroco di Villa Verucchio. “ Dobbiamo ripensare la Chiesa come famiglia, attenta a tutti i bisogni. Al primo posto siamo chiamati a mettere le persone e non l’organizzazione. Davvero occorre ripensarsi in forma più fraterna e comunitaria. Siamo, inoltre, chiamati ad una rivoluzione copernicana, mettendo al primo posto della pastorale gli adulti, le famiglie, le piccole comunità”. Poi due provocazioni: la chiusura dell’ufficio catechistico (“ La pastorale dei bambini va collocata dentro la pastorale delle famiglie”) e l’abolizione del “ lei” in favore del “ tu” (“ Se diamo del tu a Dio nel Padre nostro, perché teniamo le distanze fra di noi?”).
“ Questo tempo, con tanti esempi concreti, ci ha insegnato che il Vangelo prima lo vivi, poi lo spieghi”. Stefano Vitali, della comunità Papa Giovanni è fortemente preoccupato per la povertà che coinvolgerà dall’autunno molta gente. “In questa situazione siamo chiamati ad essere un esercito di bene e nel bene non c’è chi è vicino e chi è lontano”.
Anche per don Sanzio Monaldini, parroco di Morciano bisogna “tornare all’essenziale”.
“ Se continuiamo a puntare sulle regole (e la tentazione continuamente riemerge) siamo dei perdenti. Il nostro annuncio dev’essere incentrato su Gesù”. Poi due proposte: ripartire dagli adulti (“ senza voler noi preti imporre le cose”) ed educare la gente alla solidarietà, perché “ la povertà sarà un problema serio”.
“ Viviamo un tempo di incertezza e di difficoltà. E la fede è un modo di stare nell’incertezza”. Walter Chiani della parrocchia del Crocifisso. legge questo tempo come una anticipazione del futuro, dunque “ occorre reagire con uno sguardo lungo”. “ Il Papa ci dice che compito della Chiesa è la formazione delle coscienze”. Poi con affermazioni un po’ apodittiche, forse per il breve tempo a disposizione, dice: “ La parrocchia si è dimostrata inadatta a questo compito e anche la centralità del clero non risponde più a questa esigenza”.
Chiani vede il nuovo nella famiglia e nei poveri. “ Sarebbe un errore enorme rinunciare al futuro. Il cammino sinodale va ripensato in questa ottica”.
Giorgio Bellavista, di Comunione e Liberazione, interpreta questo come un “ tempo di grazia”. “ Tutto ciò che succede nella vita è un’occasione. Ripartiamo dall’annuncio di Gesù vivo e di un Padre che ci ama”.
L’ultimo intervento dell’assemblea è di don Andrea Turchini, appena nominato Rettore del Seminario Regionale.
È fortemente preoccupato che qualcuno interpreti questo come uno dei tanti incontri di fine anno pastorale…. “ Questo metodo di incontro occasionale non ci aiuta. Così il percorso sinodale si inceppa. Dobbiamo avere il coraggio di cambiare metodo. Diciamo di voler tornare all’essenziale, ma ciascuno di noi ha un’idea diversa di essenziale, per questo dobbiamo continuare a confrontarci in maniera permanente, cominciando da subito. Se devo dire cos’è per me essenziale oggi, è riscoprire il senso della domenica e affrontare tutto il tema degli adulti”.
Il Vicario don Maurizio coglie la palla al balzo: “Questo tempo è un tempo di elaborazione, non pensiamolo come ad un tempo vuoto”.
Le conclusioni toccano al Vescovo:
“ Abbiamo appena avuto il tempo di nominare le cose, di indicare i problemi.
Sarà un percorso comune quello che ci attende, comune anche con gli altri vescovi e le altre chiese. Anche lì si gioca la sinodalità”. Poi indica tre strade: “ Dobbiamo ancora esercitarci nella lettura dei bisogni; siamo chiamati a porre dei segni creativi e non dei manifesti programmatici; trovare una prospettiva sintetica fra tanti elementi (eucarestia, solidarietà. ecologia, pace, giustizia…). Ci siamo raccontati quel che abbiamo vissuto, quel che ci ha fatto soffrire, quel che ci ha fatto gioire, ma non possiamo fermarci qua. Abbiamo bisogno di pregare, discernere, ascoltarci. Non possiamo prendere scorciatoie”.
Quasi certamente ora la riflessione continuerà a livello di Vicariati e Zone Pastorale, laici e preti insieme.