Ultimamente la scomparsa di alcuni preti più giovani di me mi ha sconvolto, e la considero quasi un tradimento. Alcuni mi erano stati “scolari” durante i primi anni di insegnamento; comunque li conoscevo bene quasi tutti fin da quando erano giovani. L’ultimo ad andarsene è stato don Ferdinando Della Pasqua, di cui ho sempre apprezzato la bontà, l’affabilità e l’apertura mentale. È stato dall’inizio di questo secolo che l’ho conosciuto meglio, cioè da quando mi ha invitato a Roncofreddo per studiare la possibilità di organizzare un vero e proprio museo con le opere provenienti da varie parrocchie soppresse della zona e incorporate nella sua (quelle di Cento, Musano, Monteleone, Santa Paola, Castiglione), prive di parroco residente e con le chiese aperte solo per le funzioni domenicali. Allora ne ho conosciuto veramente il carattere aperto e generoso, e apprezzato la cordiale disponibilità, l’amore per i suoi parrocchiani e l’interesse per la loro storia, la capacità di rispettarne la mentalità e di collaborare con le istituzioni pubbliche.
Già da tempo aveva trasferito, per sicurezza, una parte delle suppellettili liturgiche, delle opere d’arte e della documentazione d’archivio delle parrocchie soppresse presso la parrocchiale del capoluogo, ed era stato veramente un atto indispensabile, di grande prudenza. Ma voleva per loro una esposizione pubblica, per dare alla gente la certezza che le “sue cose”, oltre che conservate bene, erano sempre pubblicamente visibili, tenute distinte le une dalle altre, ben riconosciute e riconoscibili e quindi disponibili in ogni momento; e per creare un ambiente capace di educare alla storia della religiosità del territorio. Don Ferdinando cercò ed ottenne la collaborazione del Comune, della Provincia, della Regione, della Diocesi di Rimini e della Soprintendenza, riuscì a far restaurare alcune opere e quindi a formare un museo interessantissimo, da accostare idealmente alla bella chiesa parrocchiale settecentesca dedicata a San Biagio e all’archivio parrocchiale, ordinato e custodito con grande cura, insieme alla biblioteca, implementata da quella dell’ex parroco di Bagnolo, don Tino Mancini, che è stato suo ospite per molti anni (e fino alla morte).
Il museo d’arte sacra di Roncofreddo è risultato veramente un gioiello di museo parrocchiale e dà un’idea dell’importanza che il paese e il territorio ebbero durante i secoli, e soprattutto della cultura religiosa che li informava. È stato inaugurato nel 2004 ed ha un allestimento semplice, funzionale e sicuro (dell’architetto Pierluigi Sammarini). Nelle sue quattro sale espone più di un centinaio di pezzi, tra cui alcuni capolavori, come la celebre Madonna della rondine (proveniente da Cento), un Calvario ligneo quattro-cinquecentesco (di proprietà comunale, proveniente dalla distrutta chiesa degli Olivetani), un dipinto del Centino ( Sant’Antonio di Padova, proveniente da Musano) e una serie di bellissime suppellettili liturgiche e di paramenti. Tanta ricchezza d’arte si spiega,
oltre che con la forte religiosità della popolazione, con il fatto che Roncofreddo è stato per più di due secoli la capitale del marchesato concesso da Pio V nel 1570 ai Malatesta, prodi capitani al servizio della Santa Sede.
Durante mesi di frequentazione dunque ho potuto rendermi conto del carattere di don Ferdinando, della sua cultura, della sua disponibilità, del suo amore per la gente, della sua attenzione per tutte le testimonianze materiali di fede a noi pervenute, anche se modeste e frammentarie, anche per le cellette votive, per i paliotti di scagliola, per le suppellettili liturgiche e devozionali fuori uso.
Avevo proposto di creare un piccolo circuito di musei d’arte sacra fra le diocesi di Rimini e di Cesena: il museo di Roncofreddo, infatti, è vicino a quelli di Longiano, di Sogliano, di San Giovanni in Galilea, di San Giovanni in Compito, tutti diversi ma in un certo senso complementari, che permettono di avere un quadro quanto mai vasto e vario e interessante della storia, dell’arte, della cultura della zona. Non so se l’idea ha avuto qualche sviluppo.
Da qualche anno non avevo notizie di don Ferdinando e del “suo” museo, e proprio poco prima della “quarantena da virus” stavo pensando di andarlo a trovare. Ora è arrivata la notizia, per me assolutamente inattesa e sconcertante, della sua scomparsa. Grazie, Signore, per avercelo dato. Ma non ce lo potevi lasciare un altro po’?
Pier Giorgio Pasini