Spiagge, il turismo balneare riparte. E gli stabilimenti potranno alzare il sipario già da sabato 23 maggio, cioè due giorni prima del previsto. L’annuncio arriva dall’assessore regionale al Turismo e Trasporti: “Dopo la pubblicazione dei protocolli con le linee guida balneari post emergenza coronavirus- spiega Andrea Corsini – diversi stabilimenti si sono organizzati e sono pronti e attrezzati per garantire servizi in sicurezza già dai prossimi giorni. Abbiamo quindi ritento fosse giusto, dopo la lunga chiusura, consentire di accogliere i primi clienti già da questo fine settimana”.
Si anticipa l’apertura di ombrelloni e sdraio di un paio di giorni ma la raccomandazione è sempre garantire e osservare tutte le misure di sicurezza per evitare contagi. La Regione insiste: evitate il concentramento solo in alcune porzioni di spiaggia, per facilitare e garantire sicurezza e distanziamento tra le persone.
Le linee guida per gli stabilimenti balneari sono chiare. Prevedono una superficie minima a ombrellone di 12 metri quadrati (indicativamente 4 e 3 metri tra paletti degli ombrelloni e delle file); 1,5 metri tra le attrezzature di spiaggia, come lettini e sdrai sulla battigia; numerazione e assegnazione delle postazioni o degli ombrelloni; steward
E poi spiagge libere con la possibilità, da parte dei Comuni, di prevedere accessi contingentati.
Rimini è stata una delle province più colpite dal contagio di Covid in termini sanitari, ma anche tra le prime realtà a stringere e a reagire. “Ad oggi, però, non si è preso in considerazione nella sua gravità lo choc economico che il nostro territorio ha subito, sta subendo e subirà nei prossimi mesi, in termini di finanza pubblica, difficoltà d’imprese, posti di lavoro e aumento della domanda sociale. – fa presente il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi – Il turismo non esporta merci ma importa persone. E’ colpito al cuore dalla pandemia che colpisce appunto le persone. Le aziende legate al turismo, ai servizi, i lavoratori di questo settore subiscono i maggiori danni economici. Senza lavoro e imprese anche le entrate dei comuni che servono per dare servizi saltano”. (t.c.)