Piano piano l’aura di mistero che circonda il Coronavirus inizia a diradarsi. Ogni giorno gli esperti che stanno lavorando senza sosta, all’interno dei laboratori di tutto il mondo, riescono a scoprire qualcosina di più. È ormai assodato, per esempio, che il Covid-19 non colpisce solo i polmoni, ma provoca danni a molti altri organi del nostro corpo, tra cui cuore, vasi sanguigni, reni, intestino e cervello.
Ne parliamo con il dottor Carlo Biagetti (nella foto con Marcello Tonini, Direttore Generale dell’Ausl Romagna), Responsabile SPIAR -Programma per la gestione del rischio infettivo ed uso responsabile degli antibiotici Ausl Romagna, nonché medico presso gli Infettivi di Rimini, che si è occupato dei reparti Covid fin dall’inizio dell’emergenza.
Dottor Biagetti, a distanza di oltre due mesi dal primo caso di Coronavirus, qual è la situazione riminese?
“Attualmente la curva dei contagi risulta in calo nel territorio provinciale, così come è calato il numero di persone ricoverate in ospedale. Abbiamo avuto momenti molto duri, con decine di ricoveri al giorno, nel mese di marzo, tanto che la tenuta del sistema ospedaliero riminese è stata messa a dura prova.
Ricordiamo tutti le ipotesi di allestire un ospedale da campo o di ricavare spazi presso i locali della Fiera di Rimini. Per fortuna non ce ne è stato bisogno. Non dobbiamo, però, dimenticare che abbiamo a che fare con un virus del tutto nuovo, del quale abbiamo imparato tantissimo in questi mesi, ma rimangono ancora delle aree inesplorate, per cui dobbiamo essere molto prudenti sia dal punto di vista clinico sia dal punto di vista dei comportamenti individuali”.
Ci può spiegare ancora una volta come si viene infettati e perché l’uso della mascherina è così fondamentale?
“La via di trasmissione di questo virus è per droplet e contatto, mentre la via aerea è ipotizzabile solo in alcune situazioni particolari. Ciò vuol dire che il passaggio dell’infezione avviene attraverso le microscopiche goccioline respiratorie che emettiamo quando tossiamo, starnutiamo, ma anche semplicemente quando parliamo, senza rendercene conto.
Queste goccioline possono passare direttamente da un soggetto ad un altro, se ad esempio due persone parlano a meno di un metro di distanza, e seppur molto piccole hanno un peso tale da ricadere ad una distanza inferiore di un metro e possono depositarsi su oggetti dove possono permanere anche per diverse ore.
In questo caso se una persona tocca quegli oggetti e poi porta le mani alla bocca, agli occhi o al naso, viene a sua volta contagiata. È evidente che se adottiamo comportamenti prudenti il rischio diminuisce. Ad esempio con la mascherina, cercando di mantenere il distanziamento ad oltre un metro e limitando i contatti fisici, viene diminuito il rischio di passaggio diretto delle goccioline da persona a persona.
Lavando spesso le mani, con acqua e sapone o con gel idroalcolico, per almeno 30 secondi e in tutte le loro parti, e cercando di evitare di portarle al viso, si limita il rischio di venire contagiati in maniera indiretta. Più in generale in questa fase è ancora importante limitare per quanto possibile i contatti sociali al necessario, rispettare le ordinanze emesse, ma sopratutto utilizzare tanto buon senso per allontanarsi da situazioni pericolose”.
Un recentissimo studio dell’Università di Yale ha dimostrato che gli effetti del Covid-19 sul corpo umano possono essere gravi e non riguarderebbero solo i polmoni. Che ne pensa?
“Come le dicevo prima, abbiamo imparato tanto di questo virus in questi tre mesi, ma la ricerca continua ininterrottamente e giorno dopo giorno si acquisiscono nuove conoscenze.
Sicuramente la manifestazione clinica principale del virus è a livello polmonare, ma è altrettanto vero che durante l’infezione si innescano altri meccanismi che, sebbene con minor frequenza, possono portare anche ad ulteriori problemi ad esempio sulla coagulazione del sangue, a livello del sistema nervoso centrale e altro”.
Ne consegue che il virus aggredisce in modo diverso a seconda dei pazienti e che dunque la cura non può essere univoca?
“Tutte le patologie hanno manifestazioni aspecifiche e con sintomi ed effetti diversi in pazienti diversi, e questo ovviamente vale anche per Covid-19. Nella prima fase abbiamo utilizzato diversi farmaci che avevamo già in commercio, basandosi sulla precedente esperienza cinese.
Tra questi si è fatto spazio l’idrossiclorochina, un farmaco antimalarico che inizialmente si somministrava solo ai pazienti per i quali si rendeva necessario il ricovero ospedaliero. Successivamente abbiamo verificato che una somministrazione precoce aiuta a contrastare il peggioramento del quadro clinico, e abbiamo iniziato a somministrarla anche a domicilio. In provincia di Rimini sono circa 400 i pazienti sui quali è stata ed è utilizzata, con risultati incoraggianti.
Naturalmente in questa fase, in cui abbiamo acquisito più esperienza e i numeri si sono ridotti, siamo tornati alla normalità della sperimentazione clinica.
Attualmente all’interno dell’Azienda, sono attivi diversi protocolli di studio per verificare efficacia e tollerabilità di terapie innovative e speriamo di avere risultati concreti nel minor tempo possibile”.