Il contagio qui non è arrivato. Covid Free, potrebbe esibire un cartello con orgoglio l’Istituto Maccolini di Rimini. Casa di riposo e Rsa, l’unica stima di cui andar fiera è che nessuno dei 142 ospiti si è infettato. Un successo reso possibile dal personale che ha accettato un autoisolamento volontario all’interno della struttura per quasi quattro settimane.
“Una piccola grande avventura di carità” la definisce suor Rita Benigni, superiora dell’Istituto e gestore pro-tempore.
A Rimini lo conoscono tutti: il Maccolini è un istituto storico che accoglie ospiti e dal 1900 è gestito dalla Congregazione Suore di Carità di Maria Bambina.
Quando il Covid-19 inizia a diffondersi, e i numeri del contagio e le morti diventano un pane quotidiano, il direttore Matteo Gauitoli e la superiora suor Rita si guardano in faccia: “Che facciamo?”. Gli ospiti sono tutti anziani, e anche la comunità delle suore che abita nella casa di fronte al Maccolini non scherza in quanto a primavere. Una dozzina di religiose prestano servizio in vario modo all’interno dell’Istituto ma si tratta comunque di soggetti a rischio, rischio molto alto.
“Andrà tutto bene, era il mantra ripetuto da tutti. Ma tutti aggiungevano: stiamo a casa. Dunque chiudiamoci in casa pure noi” ritorna a quei momenti suor Rita, 73 anni, infermiera professionale originaria di Ascoli. Ma per gli anziani ospiti del Maccolini quale altra casa esiste se non il Maccolini?
“Questa è attualmente la loro casa” ha rilanciato il direttore. Da qui la proposta avanzata al personale: “Isolatevi insieme agli ospiti fino al passare del picco per evitare contagi. Consultatevi con le vostre famiglie, avete 24 ore di tempo per prendere una decisione”.
Perplessità, dubbi legittimi, ipotesi scientifiche da vagliare, riflessioni. Il direttore informa telefonicamente anche gli operatori non presenti in struttura: tutti debbono essere al corrente e prendere una decisione. La prima risposta è debole: appena 20 adesioni, troppo poche per partire. “E chi può biasimarli?”. Qui accade l’impensabile. Nelle 12 ore sucessive, le adesioni si impennano a 45, un grande segno di responsabilità e amore per il proprio lavoro e soprattutto per gli anziani.
Ok si parte, eccome se si parte.
Primo scoglio da affrontare: dove mettere a dormire infermieri, oss e ausiliari, mantenendo il distanziamento sociale? La palestra e tutti gli ambienti possibili si trasformano in reparto notte. Ma i letti non sono sufficienti per questo piccolo esercito della carità.
Vengono in soccorso le suore di via Angherà con letti e brande. E anche la chiesa del Maccolini fa spazio al personale, recluso con i nonni dell’istituto, ammassando le panche e senza blasfemia.
Suor Emilia è la suora medico, specializzata in psichiatria ma qui è come stare in trincea, i gradi contano poco. Il 17 marzo inizia la reclusione volontaria del Maccolini: con i medici out, la presenza e la competenza di suor Emilia fanno tutta la differenza del mondo, mentre altre consorelle prestano i servizi più disparati. “L’Ausl Romagna ci ha comunque fornito una formazione online e procurato i presidi personali – assicura suor Rita – mentre gli infermieri a loro volta hanno formato il restante personale compreso quello ausiliario”.
La presenza costante degli operatori ha sensibilmente ridotto il distacco dai familiari: “Si è creata una famiglia: lo stesso infermiere, la stessa oss, gli stessi volti, gli stessi gesti. Anche le videochiamate con i parenti sono risultate uno strumento utile. È diventata un’esperienza forte umana e di grande aiuto per i più deboli”.
Dal 17 al 31 marzo l’isolamento è totale, il personale non è mai rientrato a casa. Il tutto dopo aver informato la Prefettura locale, la Ausl e la Provincia di Rimini. Festicciole interne, telefonate o videochiamate, nonostante i ritmi serrati che la situazione impone, hanno permesso una comunicazione dei nonni con le famiglie d’origine. Poi il 31 marzo le misure sono state allentate.
“Ora il personale rientra a casa ma solo per dormire. E qualora ci fosse una seconda ondata siamo pronti per ritornare tempestivamente in quarantena”. Si sono organizzati i piani di lavoro in modo tale che si evitino al massimo le uscite esterne.
“Una scelta difficile che richiede un grande sforzo organizzativo e professionale”, ammette Suor Rita. Un tentativo messo in atto con amore per tutelare gli ospiti. “Il problema per le case di riposo ai tempi del Covid-19 non è solo la possibilità di trasmettere il virus fra gli ospiti – gli anziani sono soggetti deboli che vanno protetti anche da una comune sindrome influenzale che gira nei periodi invernali – ma è soprattutto quella che esso venga trasmesso dall’esterno”.
Anche la cucina è stata chiusa, gli alimenti sono garantiti con un servizio di asporto che prevede la consegna di cibo in contenitori di materiale a perdere per evitare contaminazioni. Una parte esterna della struttura per la consegna di materiali da parte dei fornitori.
Le religiose ora rimangono all’interno dei propri appartamenti e la loro vicinanza è attraverso la preghiera costante per tenere lontano ancora dall’istituto Maccolini il malefico virus. “Papa Francesco ci accompagna dall’inizio della quarantena, lo seguiamo tutti i giorni alla messa delle 7 e nei momenti fraterni, con gioia, ricordiamo le sue omelie e le sue intenzioni” afferma suor Rita, la superiora di questo Istituto protagonista di una grande storia di felicità.