La maglia di una squadra non l’ha mai indossata, ma quando c’era da palleggiare e dribblare al campetto o in strada, lei era sempre la prima a scendere in campo.
E sai che tiri, poi. Quella per il calcio è una passionaccia che Maria Fabbri coltiva da sempre, e in quel rettangolo verde alla fine è entrata per davvero. Dalla porta principale, con il fischietto in bocca, i cartellini in tasca e il pallone sottobraccio.
“Per nove anni ho praticato la pallavolo, ma il mio sport preferito è il football, da sempre. – racconta Maria, 25 anni da compiere, di Torre Pedrera, sfegatata tifosa interista – Nel 2019 ho letto un’inserzione su Facebook dell’Associazione Italiana Arbitri e mi sono buttata in questa avventura”.
Il gol era dietro l’angolo.
Quattro ore settimanali, quasi due mesi di corso, un esame finale orale e scritto: la nuova vita da arbitro è iniziata.
“Incontri tecnici al lunedì, revisione di gare di categorie superiori, quiz: i primi mesi sono stati di aggiornamento”.
L’esordio in campo era alle porte: il 22 gennaio scorso, la Fabbri seguita come un’ombra a bordo campo da un commissario, che ne giudica le gesta, fa il suo ingresso sul rettangolo verde per dirigere la prima partita.
“Un’ansia terribile. Ma una volta in campo, mi sono concentrata sulla gara”.
E la partita fila via liscia liscia. Le entrate a gamba tesa l’aspettano nella Perla Verde. È in programma il derby (categoria Giovanissimi, classe 2005) Riccione Calcio 1926 – Asar Accademia calcio. I ragazzini in campo ne inventano di tutti i colori: sceneggiate, battutine, gesti non propriamente fraterni.
Sulle tribune accade anche peggio, con insulti di ogni genere che piovono sul campo all’indirizzo del neo arbitro, impegnato a tenere le redini della gara.
“Ho persino pensato di interrompere la partita. ammette a gioco fermo la Fabbri – I giocatori mi hanno seguito fino allo spogliatoio.
I complimenti degli allenatori a fine gara, però, mi hanno ripagato dello sforzo”.
Per fortuna la terza partita è andata via senza particolari problemi. In tribuna anche uno spettatore d’eccezione: babbo Gabriele.
“È di poche parole. Lui e mamma Anna sono stati presi in contropiede dalla mia decisione, ma mi vedono felice e dunque mi fanno correre e fischiare…”.
Magari con qualche apprensione, a causa di genitori e tifosi che diventano ancora più indisciplinati (e incivili) se la giacchetta nera è… in rosa.
Lo stop dei campionati ha privato la ragazza col fischietto del privilegio di dirigere il fratello Giovanni in campo.
“L’avrei trattato come qualsiasi altro giocatore.
Con valutazioni oggettive.
Rischiando magari di finire in «fuorigioco» in famiglia, rimbrottata per un fallo non fischiato al minore dei miei cinque fratelli, o una scelta non appropriata”.
L’emergenza Coronavirus ha frenato la scalata dell’arbitro in gonnella di Rimini nord, ma la Maria fa buon viso a cattivo gioco.
“C’è ben altro a cui pensare, ora. Il calcio ritornerà, una volta che il Coronavirus avrà perso la sua partita, e allora anche io tornerò a fischiare.
Certo, a quasi 25 anni sono arrivata tardi, ma se lo merito farò comunque un salto di categoria. E mi piacerebbe specializzarmi in arbitro assistente”.
Con una laurea in Scienze Motorie intascata nell’ottobre scorso al Campus di Rimini, il prossimo dribbling di Maria è la magistrale in Stampa preventiva adattata. Anche nello studio ha polso fermo e le collaborazioni in ambito professionale non mancano. Se c’è un uomo solo in mezzo al campo, beh quello è l’arbitro. Cosa le piace di più di questo ruolo?
“Il pieno potere decisionale e l’immediatezza con cui vanno prese le scelte. – è risoluta Maria, capelli corvini e occhiali dalle lenti rotonde alla Harry Potter – Non devi farti condizionare dalle situazioni esterne: occorre isolarsi. Inoltre, è necessaria la fermezza nei provvedimenti e mai rimediare ad un errore con un altro errore”.
Del suo corso arbitri era l’unica donna, nella sezione di Rimini è preceduta solo da un’altra ragazza, più giovane ma più avanti di categoria. Ostruzioni, falli violenti, fuorigioco, simulazioni: qual è l’aspetto tecnicamente più difficile?
“Controllare sempre le diverse fasi del gioco e mantenere la giusta posizione. In quest’ultimo aspetto debbo ancora migliorare. La passione non mi fa difetto. E spero di convincere anche i detrattori che storcono il naso perché sono arbitro donna”.