E’ un termine che si sente usare sempre di più, in epoca recente: criptovalute. Ma di cosa si tratta? Semplificando al massimo, le criptovalute sono monete virtuali. Più tecnicamente, sono rappresentazioni digitali di valore, basate su un particolare sistema tecnologico chiamato blockchain: una sorta di registro digitale globale che certifica ogni singola transazione avvenuta in rete attraverso le criptovalute, e che viene protetta con sistemi di sicurezza di tipo crittografico.
La particolarità di questo registro digitale, però, è che le transazioni sono contenute in una serie di “blocchi” distribuiti su tutta la Rete a livello globale. Tutto questo permette alle criptovalute di prescindere da qualsiasi tipo di intermediazione, andando a costituire un sistema di pagamento completamente decentralizzato e alternativo ai circuiti ordinari, come le banche.
Caratteristiche che possono portare a notevoli vantaggi: le criptovalute garantiscono maggiore velocità ed efficienza nei pagamenti, oltre a garantire l’inclusione finanziaria. Allo stesso tempo, però, alle luci si alternano le ombre. Il sistema delle monete virtuali, infatti, è in grado di identificare con precisione ogni singola transazione, ma non i mittenti e i destinatari, portando, almeno potenzialmente, ad essere usato per finalità di riciclaggio o finanziamenti illeciti a organizzazioni criminali.
Rimini si interroga
Ed è proprio per approfondire il tema dei rischi finanziari legati alle monete virtuali che Rimini è voluta intervenire, attraverso il convegno Corruzione&Criptovalute, organizzato dall’Ordine dei Commercialisti riminese. Ad analizzare l’argomento è Claudio Clemente, direttore dell’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF), l’ente autonomo della Banca d’Italia con il ruolo di unità centrale antiriciclaggio.
Dottor Clemente, facciamo chiarezza. Cosa sono esattamente le criptovalute?
“La definizione di criptovaluta è rappresentazione digitale di valore. Ma occorre chiedersi: qual è questo valore? Qual è il valore sottostante a una moneta virtuale? Zero. La criptovaluta non ha valore intrinseco, il suo utilizzo si basa sul consenso, cioè sull’accettazione di soggetti a compiere transazioni con questo strumento. La moneta virtuale acquisisce valore nel momento in cui un soggetto è disposto a scambiarla con una moneta che invece di valore ne ha, come quelle avente corso legale: ad oggi, infatti, le transazioni con criptovalute avvengono per conversione, attraverso specifiche piattaforme dette exchanger”.
Da dove possono nascere, dunque, i rischi di attività illecite con monete virtuali?
“La tecnologia sulla quale si fondano le monete virtuali, la blockchain, garantisce l’affidabilità sulla tracciatura di ogni criptovaluta utilizzata, ma non l’identificazione dei soggetti mittenti e destinatari. Questo pseudo anonimato può rappresentare un forte incentivo ad attività illecite attraverso le criptovalute, come finanziamento di organizzazioni criminali, riciclaggio o corruzione. Ed è un rischio riconosciuto: nel 2017 la Commissione europea ha definito ‘inadeguato’ il sistema giuridico dell’UE per fronteggiare i rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo attraverso monete virtuali. Una valutazione confermata anche di recente, nel 2019”.
Come difendersi da tutto questo?
“Occorre agire sugli operatori professionali che si muovono nel mondo delle monete virtuali, ovvero gli exchanger (già citati) e i wallet provider, piattaforme che forniscono servizi di portafoglio digitale. Ed è ciò che si sta facendo: una recente Direttiva europea (843 del 2018) ha esteso l’àmbito di applicazione di un’altra Direttiva (del 2015), in materia di prevenzione di riciclaggio e finanziamento al terrorismo, anche a exchanger e wallet provider, sottoponendoli agli obblighi di verifica, conservazione e segnalazione delle operazioni sospette (in linea con una normativa che in Italia c’era già dal 2017). Operazioni sospette che vengono poi analizzate da noi di UIF, in rete con tutte le unità di intelligence finanziaria degli altri Paesi”.
Questi rischi sono lontani nel futuro o sono già attuali?
“Nel 2019 su circa 100mila segnalazioni di attività finanziarie sospette, 800 sono legate alle criptovalute. Non è un numero esagerato, perché ad oggi, e almeno per il momento, le monete virtuali sono poco attrattive per le organizzazioni criminali. E questo a causa di un’altra caratteristica specifica delle criptovalute, ossia la loro grande volatilità: hanno un valore fortemente altalenante, che in poco tempo può oscillare in modo notevole. Oggi, dunque, non è lo strumento preferito per determinate attività illecite, ma occorre tenere alta la guardia, perché in futuro potrebbe esserci maggiore confidenza con lo strumento e la situazione potrebbe cambiare”.