I gatti, si sa, hanno nove vite, ma questa volta la “resurrezione” di Cats su grande schermo non ha portato ad una nuova esistenza, almeno a vedere gli incassi (un flop negli USA) ed i commenti negativi nei confronti della versione cinematografica diretta dal regista de Il discorso del Re e Les Miserables e tratta dal popolarissimo musical di Andrew Lloyd Webber, ricavato dal poema di Eliot, in scena per 21 anni a Londra e applaudito in tutto il mondo.
Ma è davvero così brutta questa trasposizione? Alcuni aspetti sono stranianti, dalle pellicce “digitali” modellate sul corpo degli attori, ai dialoghi inseriti tra una canzone e l’altra per far comprendere meglio lo sviluppo di una trama che in realtà nello show teatrale è lasciata in penombra per dar spazio alle varie personalità dei felini danzanti, all’utilizzo di alcuni attori un po’ sopra le righe (come Rebel Wilson nei panni di Jennyanydots), fino ad una Londra riconoscibile e immaginaria nello stesso tempo, a tratti fin troppo “computerizzata” (vedi epilogo a Trafalgar Square), Però alcuni numeri colpiscono, come la scena iniziale, il duetto di Mungojerry e Rumpleteazer, gatti birichini e la performance “ferroviaria” di Skimbleshanks, il gatto della ferrovia.
Nel cast molte presenze illustri (Jennifer Hudson alla quale spetta cantare a pieni polmoni l’indimenticabile “Memory”, Judi Dench, lo spassoso James Corden, Ian McKellen, Taylor Swift, Idris Elba e Jason Derullo); spicca la ballerina principale del Royal Ballet Francesca Hayward (spesso nel ruolo di Clara nel natalizio Lo schiaccianoci) nel ruolo di Victoria, gattina abbandonata con un cuore grande, utilizzata come collante per creare maggiore spessore alla trama, necessaria specie per chi non ha mai visto il musical.
A teatro Cats è stata ben altra cosa, ma il film non è così brutto come lo si dipinge. Miao!