Un vero contagio in Italia, e purtroppo anche a Rimini e in provincia, si è già diffuso: la psicosi. Un allarme che è già degenerato in un altro virus: la ripulsa nei confronti di persone di origine cinese e a volte di altri asiatici. Si chiama sinofobia, e discende direttamente da quella paura antica che gli stranieri portino con sé malattie.
Nell’emergenza attuale da coronavirus, l’ondata sinofoba è però ancora più incresciosa, perché investe non soltanto le persone in arrivo dal gigante asiatico, ma anche i cittadini cinesi e naturalizzati italiani che risiedono qui da anni, attività commerciali, ristoranti, bambini che frequentano le nostre scuole, piccoli calciatori: tutte persone che non hanno alcun tipo di contatto e di rapporto con la città di Wuhan e la provincia di Hubei, epicentro dell’epidemia.
Sull’allarme e la psicosi da coronavirus, si è soffermato anche il noto virologo di origine riminese Roberto Burioni. In particolare, Burioni punta il dito contro le fake news, capaci solo di creare grande allarme: “Chi è il cretino che fa uscire queste notizie di «sospetta infezione da coronavirus» a Bari, a Parma e via dicendo? I medici? I direttori sanitari? Chi? Non serve a niente. State zitti e comunicate solo le notizie certe in questo momento in cui la gente è spaventata”.
Nessun caso in regione
Due certezze sulla terribile epidemia ci sono. Il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato d’emergenza della durata di sei mesi. Sono anche stati stanziati 5 milioni di euro. Confermati i due casi a Roma: una coppia di cinesi provenienti da Wuhan, che erano atterrati a Milano il 23 gennaio prima di arrivare in un hotel della capitale. La coppia, ricoverata allo Spallanzani di Roma in discrete condizioni di salute, aveva fatto una tappa anche a Parma.
Ma in Emilia-Romagna – ed è la seconda certezza – non si registrano casi: le indagini condotte su due pazienti presi in carico dal Policlinico Sant’Orsola di Bologna hanno escluso completamente la presenza del Coronavirus.
Locali si svuotano
Le assicurazioni, la ragione e il buon senso sembrano non attecchire, lasciando spazio a reazioni scomposte. Lo chef del noto ristorante giapponese di Riccione Kimiama, è stato insultato per strada, lui e la moglie. Il motivo? Immaginatelo. “Spero solo che questo incubo finisca presto” ha ammesso sconsolato al Carlino il titolare del locale Luca Anzovino.
Sospetti, occhiatacce, battutine corrono veloci quanto un virus. E ne fanno le spese tanti. Una coppia di affezionati clienti del ristorante fusion Emoshi Sushi, in piazza Malatesta, a Rimini, si è recata a cena. Quel che Stefano Angotti, il titolare, non aveva messo in conto, era la paura che corre irrazionale nel locale. “Qualche cliente è venuto a raccomandarsi di sterilizzare tutto ciò che avevano toccato”.
Domande inquisitorie, battute maliziose, occhiate sospettose: la paura fa novanta e investe tutto ciò che è cinese e persino asiatico in maniera indistinta. In coda alla cassa di un supermercato a Villa Verucchio, la ragazza è preceduta da una signora asiatica, la segue una donna con un solo prodotto. La ragazza vuole farla passare ma la donna, adducendo ogni sorta di scusa, rifiuta.
Ristoranti cinesi, ma anche sushi bar, ramen bar hanno già registrato un calo di interesse e di fatturato. Un allarmismo che penalizza. Attenzione al virus, ma anche al razzismo che lo prende a pretesto.