Il cognome registrato alla nascita è lo stesso dello scalcagnato ragioniere compagno di disavventure di Fantozzi, ma nel caso di Federico si tratta “semplicemente” di un errore di trascrizione: “Fillini” resterà soltanto un disguido della levatrice Zaira Santi, che aveva comunicato all’anagrafe – sbagliando – il cognome del nascituro in assenza del padre.
Ma quella del giovane Federico sarà un’ infanzia comune a quella di tanti altri bambini riminesi dell’epoca. Rimini poteva essere una parentesi nella vita del futuro regista di Amarcord, per fortuna non è stata un caso. Anzi, quegli anni di formazione resteranno per sempre impressi non solo nella memoria di FF ma troveranno spazio anche in tanti frame della sua fortunata filmografia.
È il caso anche della frequentazione alla scuola elementare.
Siamo negli anni Venti, e dopo aver appurato che l’asilo, quello “vero”, era il Pio Istituto San Giuseppe, gestito dalle famosissime suore “cappellone”, e che anche i primi due anni di elementari li ha trascorsi sui banchi di via Bonsi, FF approda in terza elementare alle più prestigiose scuole Tonini.
“Lo attesta tutta una serie di «documentazioni», – fa notare lo storico riminese Davide Bagnaresi – composta da ricordi e firme sui libri”, come per esempio il romanzo Rosalia (edito da Paravia), in cui compare la dedica “Federico Fellini III A”. Ce lo ricorda Liliano Faenza, una delle più vivide memorie storiche di Rimini, nel gustoso Dentro il secolo.
All’infanzia e alla giovinezza del riminese Fellini, Bagnaresi ha dedicato studi e tante attenzioni nel tentativo di mostrare come la riminesità del regista abbia avuto un pezzo enorme non solo nei ricordi e nella frequentazione mai interrotta della città, ma soprattutto per comprendere appieno i tanti riferimenti disseminati in tutta la super premiata filmografia del regista. Questi studi confluiranno in un testo e Bagnaresi ne darà notizia nel convegno “Fellini e il Sacro”, in programma a marzo a Rimini e a Roma.
Rimini, anni Venti. È il periodo in cui esce il periodico Lucignolo, “il giornalino dello scolaro”, uno specchio della Rimini di allora vista con gli occhi dei bambini: il mare, la fame, i giochi, la mamma.
Il periodico avrà una vita abbastanza lunga e pubblicherà i temi di futuri politici, dottori, partigiani, insomma la classe dirigente cittadina degli anni Cinquanta: tra questi anche FF e lo storico amico Luigi Benzi. Il “Titta” scrisse un pensierino sulla madre (“La mia mamma ha nome Irene Ghinelli, mi manda pulito alla scuola, mi vuole bene e anche io le voglio più bene”).
Quello di Federico è un tema di una decine di righe dedicato al riso, la pianta e il frutto, “ancora poco utilizzato in Italia”. Anticipa in qualche modo la campagna che andrà in scena nel decennio successivo sull’alimentazione ma che evidentemente interessa gli alunni delle Tonini.
Solitamente ogni tema era accompagnato da un’illustrazione ma l’autore del componimento non è mai il disegnatore stesso: un vero peccato che FF non abbia potuto illustrare se stesso. L’onore, ancora inconsapevole, di illustrare il futuro cinque volte Premio Oscar, spetterà al coetaneo Ciro Angelini. Ma già nel suo tema si rintraccia la particolarissima attenzione del giovane Federico verso i colori e le sfumature.
Della passione per i colori e il disegno, sappiamo – sempre grazie a Bagnaresi – che mamma Ida assecondava con piacere tale inclinazione, acquistando settimanalmente colori e fogli, permettendo al figlio piccolo di disseminarli per casa.
La rivista ha pure una funzione propagandistica: oltre a temi e pensierini degli scolari, Lucignolo ospita infatti il notiziario dell’Opera Nazionale Balilla riminese. La rivista conteneva la rubrica “Cronaca Nostra”. Nel marzo 1929 (data speciale per il fascismo: decennale dei fasci di combattimento a Milano, e a poche settimane dalle elezioni plebiscitarie), la rubrica dà notizia dei giovani riminesi scelti per il picchetto d’onore: 36 scolari, due per classe.
Tra i selezionati c’è FF. È trascorso appena un mese dal famoso nevone rievocato da Amarcord. I luoghi del picchetto: il cimitero, viale Rimembranze, il monumento ai caduti, che sia lo stesso ricordato nel film?
Federico nel picchetto “interpreta” un ruolo simbolico: il futuro regista di 8 e 1/2 irriderà sempre il fascismo. “Federico matura ben presto una spiccata indole nel dissacrare l’autorità, qualunque essa sia. – prosegue Bagnaresi – A ognuna ha affibbiato un nomignolo e in questa bonaria dissacrazione rientrano tutti: il Re (con la sua «voglia di coniglio»), l’ambizioso comandante dell’ONB (Mangiaforma), il boxer olimpionico locale (Sing-Sing), il preside della scuola (Zeus), gli insegnanti, gli amici (Masticabrodo, Ciapalos).