Il domani è arrivato. Quello che fino a pochi decenni fa era impensabile, se non nelle forme della fantascienza, oggi è già cominciato: la rivoluzione rappresentata dagli smartphone, infatti, non ha portato solo a un diverso (più efficiente) utilizzo della tecnologia, ma a una vera e propria rivoluzione nel modo di rapportarsi dell’uomo con il mondo circostante.
Da quando gli smartphone sono entrati nelle nostre vite, infatti, sono diventati il mezzo privilegiato per informarci, viaggiare, comunicare, dialogare, lavorare. Insomma, sono diventati una vera e propria estensione del nostro corpo.
Uomo e macchina in simbiosi, dunque. Tutto questo, però, è solo il primo passo. Da qualche anno, infatti, si è cominciato a parlare di una nuova rivoluzione, ormai alle porte: il 5G. Si tratta della nuova tecnologia della telefonia mobile e della connessione Internet, che ha una caratteristica particolare: oltre a permettere notevoli incrementi nelle prestazioni (velocità di connessione, capacità di trasmettere dati), è il punto di partenza per arrivare al cosiddetto “Internet delle cose” (in inglese Internet of Things – IoT), ovvero una Rete non più limitata ai soli computer o telefoni cellulari, ma estesa a una vasta gamma di oggetti del nostro quotidiano.
Illuminazione pubblica e privata, semafori, elettrodomestici, saranno tutti connessi grazie a questa nuova tecnologia, e dialogheranno tra loro: la sveglia suonerà prima se c’è maggior traffico, le confezioni dei medicinali potranno avvisare nel caso ci scordassimo di assumerli, ecc. La Rete, insomma, non sarà più accessibile solo con determinati strumenti, ma sarà dappertutto, diffusa attorno a noi.
La questione salute: la sentenza di Torino
Ma come funziona? La tecnologia 5G opera attraverso l’installazione di piccole antenne (SRB-Stazioni Radio Base) un po’ dappertutto in città: nei lampioni, nei tombini, sugli edifici, ecc., con un conseguente aumento delle onde elettromagnetiche cui ognuno di noi è esposto quotidianamente. Occorre, dunque, porsi subito una domanda: quanto può essere pervasiva (e invasiva) una tecnologia del genere? E soprattutto: quali sono gli effetti sulla salute?
Ebbene, proprio pochi giorni fa è arrivata una risposta importante a questo quesito. La Corte di Appello di Torino ha confermato una sentenza del 2017 nella quale si stabiliva un “nesso di causalità” tra l’utilizzo del cellulare e l’insorgenza del neurinoma, un tumore del nervo acustico. Una sentenza che ha riacceso il dibattito.
E mentre la ricerca afferma che “non ci sono attualmente prove scientifiche sufficienti a sostenere un rapporto diretto tra l’esposizione a campi elettromagnetici e il cancro”, aggiungendo però che “la comunità scientifica concorda sul fatto che sono necessari ulteriori studi” (ultimo aggiornamento dell’AIRC), diverse ricerche sembrano sostenere il contrario, portando a numerose proteste in tutto il mondo, Italia compresa, e alla nascita di tanti movimenti “No-5G”.
Il dibattito e le ricerche, dunque, continuano. Una domanda, però, è fondamentale. Se non esiste, ad oggi, la certezza assoluta e scientifica che le onde elettromagnetiche dei cellulari siano completamente innocue per la salute umana, perché non fermarsi e attendere questa certezza? L’innovazione tecnologica è davvero la cosa più importante?