Illustrate, d’arte, storiche e persino “gialle”, sì, ispirate a indagini e ambientazione poliziesche. Di Guide di Rimini ne sono state pubblicate tante, anche di pregevole fattura e di generi differenti tra loro.
Un baedeker ispirato ai colori primari, utilissimo e originale vademecum per orientarsi nella città che ospita capolavori di Giotto e Cagnacci, è una assoluta, piacevole novità. Tanto più che l’andar per Rimini proposto da Alessandro Giovanardi si rivela poi una proposta impostata com’è su di una pinacoteca immaginaria. Non un luogo, ma un cerchio magico. Un percorso, quello proposto da I colori di Rimini (edizioni Interno4, 14 euro) che rammenta più – per ammissione stessa dell’Autore – “un girovagare senza meta”.
Se, dunque, il libro in questione non è un libro di scienza, né dirà nulla di nuovo agli storici dell’arte e non propone neppure apparati di erudizione, perché mai anche i cinque lettori di manzoniana memoria dovrebbero accostarvisi?
Questo volume si squaderna come un “racconto orale che avrei fatto a un amico che insieme a me avesse visitato i luoghi che ospitano i quadri proposti” rivela Giovanardi, che sa il fatto suo, moderno Caronte riminese che traghetta concittadini e non in un viaggio cittadino attraverso la pittura. Il google maps della situazione è la tavolozza dei colori: l’oro del Trecento, con Giotto e la Scuola riminese di quel secolo; poi il bianco, il nero, il rosso e il blu.
Insegnante all’Istituto Superiore di Scienze Religiose “A. Marvelli” di Rimini-San Marino, direttore della rivista Ariminum (in coppia con Andrea Montemaggi), Giovanardi nelle 112 pagine del libro (a proposito, sarà presentato il 24 gennaio, alle 17.30 con Gabriello Milantoni presso la Fondazione Carim) lancia una sfida: quella di puntare i riflettori su Rimini non per il cinema che ha prodotto e ospitato (un nome su tutti, Fellini, di cui festeggeremo il centenario della nascita), non per la fotografia (Marco Pesaresi, dove sei?), non per la grafica pubblicitaria ma neppure per il profilo architettonico e urbanistico della città.
L’Arco d’Augusto, il Ponte di Tiberio-Augusto, le mura antiche, il Tempio Malatestiano, “insieme ad alcuni campanili gotici e barocchi scampati a terremoti e guerre riassumono la storia nobile del centro storico di Rimini” fa notare Giovanardi. Eppure i non riminesi restano sorpresi anche dalla presenza di così tanti capolavori della pittura conservati in musei e chiese. Piero della Francesca, Giovanni Bellini, Guido Cagnacci e Giotto rappresentano ben più di un biglietto da visita.
Sono la certificazione che questo pittorico “volto celato” è nascosto solo a chi non ha la bontà di incamminarsi tra ciò che di più prezioso, autentico e incantevole può offrire Rimini tra le sue pieghe. Capolavori assoluti della pittura realizzati da maestri che tra l’Arco e il Ponte hanno vissuto e lavorato. Quadri magari meno noti, come Visione di Sant’Antonio del Guercino, ma anche o l’apoteosi azzurra di Cantarini, detto il Pesarese, profusa in quel San Giacomo ospitato nel Museo della Città.
Per chi ha ancora gambe e fiato, occhi e cuore, il percorso può proseguire con una sosta dinnanzi al Compianto su Cristo morto di Benedetto Coda, pittore sul quale i critici nel corso dei secoli hanno espresso giudizi contrastanti e distanti. La palese terrestrità delle pitture sacre del Benedetto meritano attenzione e – perché no? – una certa devozione.
Lo stesso tema, il Compianto del Cristo morto, è stato figurato anche da Giovanni Bellini: non a caso i due artisti figurano nel capitolo terzo tra i rappresentanti del nero (e delle lacrime). L’oro che rimanda allo splendido Trecento riminese è sfavillante, un fuoco sacro che si si ritrova in Giotto e nei riminesi della sua scuola: il miniatore Neri, Baronzio, Giovanni da Rimini e altri a cui dobbiamo opere di grande valore.
Se per incontrare il bianco non servono tante “posizioni” (Agostino e Piero nel Tempio Malatestiano), il rosso ci catapulta in un ambiente abitato da Mastelletta e soprattutto da Cagnacci, pittore adorato da Giovanardi che ne tesse le lodi ad ogni piè sospinto.
La tavolozza dei colori a questo punto è stesa. Rimini è svelata a chi ha occhi e cuore per lasciarsi sorprendere, una pennellata dopo l’altra.