Pinocchio di Carlo Collodi è universalmente riconosciuto come romanzo per ragazzi (e non solo) complesso ed affascinante, una “fiaba non solo fiaba” che ha conosciuto, nel corso della sua fortuna letteraria, iniziata nel 1881 quando uscirono le prime puntate de “Le avventure di Pinocchio” su “Il Giornale dei Bambini”, innumerevoli riletture critiche e cinematografiche, con fan blasonati a partire da Benedetto Croce (“il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l’umanità”), e adattamenti come il cartoon Disney, il popolarissimo sceneggiato Rai di Luigi Comencini arrivando fino alla rilettura creativa di A.I di Steven Spielberg che riprende un progetto di Stanley Kubrick, oltre alla versione diretta e interpretata da Roberto Benigni.
Proprio Benigni, adoratore della storia collodiana, ritorna in questa versione diretta da Matteo Garrone, questa volta nei panni di Mastro Geppetto, colui che scolpisce e infonde vita al burattino di legno, generando un bambino ribelle e desideroso di conoscere il mondo, protagonista di un percorso di crescita pericoloso e straordinario che lo porterà ad una rinascita in forma umana.
Garrone adatta il romanzo di Collodi con lo spirito giusto, riportando le atmosfere al tempo adeguato, condensando il testo con bella capacità di sintesi, riuscendo anche ad inserire guizzi personali (l’incipit con Geppetto). Con il rispetto della pagina letteraria e con l’utilizzo di un cast ricco e positivamente coinvolto (da Gigi Proietti – Mangiafuoco, alla coppia Massimo Ceccherini- Rocco Papaleo per Gatto e Volpe fino a Marina Vacht per la Fatina), Garrone vince la sfida anche al botteghino, affascinando con un racconto che non perde un grammo della sua ricchezza e riesce a sorprendere tutti, forse perché ognuno di noi, nella vita è, o è stato, un po’ Pinocchio.