Sono trascorsi 12 anni da quel 2 novembre del 2007 in cui don Oreste ci ha lasciati. Da subito la gente lo ha considerato “santo”, perché in lui ha colto la tangibilità del Vangelo.
«Si può parlare di un santo. Si può parlare a un santo. Si può far parlare un santo. Don Oreste non è ancora stato proclamato santo, neanche beato, ma noi non saremmo qui, oggi, se la sua vita non parlasse di santità» raccontava il Vescovo di Rimini mons. Francesco Lambiasi il 27 settembre 2014, alla cerimonia di apertura della causa di beatificazione.
Dopo cinque anni di lavoro, la prima fase, quella diocesana, si conclude con la sessione di chiusura, in Basilica Cattedrale sabato 23 novembre alle ore 16, che sarà pubblica, in cui tutti i componenti del tribunale presteranno nuovamente giuramento. Si sigilleranno gli scatoloni contenenti i documenti, che verranno poi spediti alla Congregazione delle cause dei santi.
Abbiamo intervistato don Giuseppe Tognacci, giudice del Tribunale ecclesiastico nel processo di beatificazione.
Un cammino che si conclude dopo l’ascolto di molti testimoni…
“Sabato 23 novembre si celebrerà l’ultima Sessione dell’Inchiesta sulla vita, virtù e fama di santità di don Oreste Benzi, è definita ’Sessione di chiusura’, pubblica come quella di ‘apertura’, e sarà la 151° Sessione. Le Sessioni sono state come tanti anelli di una catena, come tappe di un lungo percorso: abbiamo ascoltato oltre 130 testimoni; la maggioranza di essi presentati dalla Postulazione, ma anche molti chiamati ex officio, cioè convocati dal Delegato Vescovile”.
In cosa consiste l’ascolto dei testimoni? Vengono interrogati o rilasciano semplici testimonianze?
“Il clima nel quale i testimoni sono stati escussi (si dice proprio così!) è stato molto sereno, affinché ognuno di loro potesse partecipare la propria conoscenza di don Oreste.
L’interrogatorio ordinariamente ha seguito l’ordine numerico delle domande preparate da Promotore di Giustizia. Le domande, ben oltre 100, riguardano la personalità di don Oreste, come ha vissuto tutte le virtù, quale fama di santità è percepita, eventuali fenomeni straordinari da lui goduti e/o compiuti.
I testimoni, come ho detto, sono stati scelti dalla Postulazione, un buon numero, oltre 40, chiamato ex officio”.
Quali sono i ruoli in un processo?
“L’interrogatorio è condotto dal Delegato Vescovile alla presenza del Promotore di Giustizia e del Notaio che verbalizza; al termine della deposizione il verbale viene interamente letto e, eventualmente, corretto secondo la volontà del testimone che lo sottoscrive insieme ai tre suddetti officiali del Tribunale.
Il Promotore di Giustizia – che non è affatto l’avvocato del diavolo, ma colui che vigila affinché tutto si compia secondo le Norme in materia emanate dalla Santa Sede – può chiedere al Delegato Vescovile, durante l’interrogatorio, di fare domande al testimone; inoltre può chiedere, sempre al Delegato Vescovile, di approfondire o chiarire aspetti attraverso altri interrogatori esplicitamente da lui richiesti; infine esamina tutti gli Atti realizzati, così come ha facoltà di fare la Postulazione, e li giudica ok oppure chiede (così può fare la Postulazione) ulteriori atti che ritiene necessari per l’Inchiesta che si sta compiendo”.
Tutte le testimonianze erano favorevoli o ci sono state anche testimonianze problematiche?
“Circa la qualità e il contenuto delle testimonianze, posso solo dire che io, come gli altri membri del Tribunale, nella Sessione di apertura, ho giurato sui Santi Vangeli di conservare il segreto circa la conoscenza acquisita in Causa”.
Quanto materiale documentativo avete prodotto?
“La risposta desidero darla non ora, ma in Cattedrale il prossimo 23 novembre. Dico solo che l’Inchiesta riguardante Sandra Sabattini, che anch’essa ho condotto come Delegato Vescovile, rispetto a quella di don Oreste è stata un giocoso passatempo…”
C’è qualche situazione o storia che l’ha colpita in particolare?
“Sì, ho avuto la grazia di ascoltare storie umane che conservo nell’anima mia e, in alcune circostanze dell’interrogatorio ho dovuto trattenere le lacrime per la forte commozione che mi ha preso”.
Come tribunale vi siete recati nei luoghi dove don Oreste è vissuto.
“Tra i luoghi visitati sorprende in particolare la casa canonica: un luogo di estrema semplicità, caratteristica che appartiene anche a tante altre case canoniche delle nostre parti costruite in quel periodo. Ma se pensiamo alla notorietà di don Oreste, un prete che ha viaggiato come pochi, ai vari livelli di frequentazione – era uno che contattava anche il Presidente del Consiglio dei Ministri – al giro di risorse materiali che ha avuto tra le mani per portare avanti la sua opera, questo rimarca ancora di più non solo l’essenzialità ma anche l’estrema povertà in cui viveva”.
Appartenendo la perfezione solo a Dio, in un processo canonico come vengono considerati i limiti umani di una persona?
“L’umanità della persona (indole, carattere, luoghi, tempi, rapporti) è il terreno nel quale la Grazia semina e opera incessantemente e misteriosamente; con la medesima concreta umanità la persona dice ‘sì’ a Gesù che la chiama a seguirLo, e la sequela non è mai un rettilineo costantemente pianeggiante… Questo, in don Oreste, ritengo sia evidente”.
Che valore ha il lavoro che avete fatto ora che il processo passa di competenza alla Santa Sede? Quali saranno ora le prossime tappe del processo?
“l valore è assai notevole, perché ciò che si è compiuto in questi 5 anni è l’Inchiesta che la Chiesa ha ufficialmente fatto sulla persona di don Oreste, sul suo ‘tendere’ con tutto se stesso a Gesù nell’esercizio del suo ministero sacerdotale. Sarà proprio sul materiale che compone gli Atti dell’Inchiesta compiuta in Diocesi di Rimini, non su altri, che l’Autorità della Chiesa esprimerà il suo giudizio.
Speriamo che, una volta aperti gli Atti (rotti i sigilli) ed esaminati nella forma, vengano giudicati validi giuridicamente; solo allora il Postulatore romano potrà muovere il lavoro per giungere alla stesura della ‘Positio’, cioè il ‘concentrato’ delle migliaia di pagine realizzate nell’Inchiesta diocesana, che il Vescovo sigillerà solennemente nel primo Vespro della solennità di Cristo Re sotto lo sguardo del Crocifisso di Giotto che domina l’abside della Cattedrale”.
Con quale titolo possiamo ora pregare don Oreste?
“Don Oreste, da quando si è aperta questa ‘avventura santa’, ha il titolo di Servo di Dio; quando, a Dio piacendo, si arriverà al Decreto in cui si riconoscerà che ha vissuto in pienezza le virtù, sarà Venerabile, poi… che Dio porti a compimento l’opera che dall’eternità ha iniziato in questo figlio di Achille e Rosa, figlio e padre della Chiesa riminese, sacerdote di Cristo e per Suo amore difensore e servitore in eterno dei più poveri e dei più deboli…”