L’ambiente chiama e il territorio riminese risponde. Cresce, infatti, la raccolta differenziata, passata dal 64.1% del 2017 a oltre il 67% nel 2018, con un recupero pro capite di oltre 520 chilogrammi per abitante e un effettivo recupero che sfiora il 90%. Questo è quanto emerge dalla decima edizione di «Sulle tracce dei rifiuti», report di sostenibilità del Gruppo Hera dedicato all’economia circolare che traccia la destinazione dei rifiuti raccolti, presentato in questi giorni a «Ecomondo», la fiera di riferimento a livello internazionale per l’innovazione industriale e tecnologica in corso a Rimini.
“La multiutility – sottolinea Stefano Venier, Amministratore Delegato del Gruppo – conferma il proprio ruolo d’eccellenza in un’economia virtuosa che ogni anno muove 12 miliardi di euro di fatturato, di cui oltre 2.6 solo nel riminese, dove le attività collegate alla prima destinazione e al recupero dei rifiuti danno lavoro, attraverso 24 aziende e 27 impianti di recupero, a più di 7mila persone”.
Un Report nato per capire l’importanza di separare i rifiuti e dove è possibile tracciare i materiali, dal cassonetto alle aziende che li ricevono utilizzandoli poi come nuova materia prima. Proprio per questo è indispensabile sapere quali sono i materiali che vengono raccolti: si va dagli sfalci e le potature (chiamate in gergo il verde) alla carta, passando per l’organico, il vetro, la plastica, il legno, il ferro e i metalli come imballaggi in acciaio, alluminio e banda stagnata.
Per capirci, proviamo a fare un esempio pratico. Un flacone di shampoo che viene buttato nel corretto contenitore Hera della plastica, arriva presso i centri di raccolta della città e passa per un impianto di selezione. Lì, la plastica, viene separata da corpi estranei o metalli e il flacone, a seconda della sua composizione, finirà nel gruppo delle plastiche Pe (polietilene), PP (propilene), PVc (cloruro di polivinile), Pet (polietilentereflato), PS (polistirene) o altri. Già suddivisa per tipologia, la plastica passa poi attraverso altre strutture dove viene lavata e macinata, e trasformata in scagliette o granuli pronti per essere fusi e produrre nuovi oggetti in plastica. Lo shampoo, insieme ad altri nove flaconi simili, potrà quindi diventare una sedia. Con qualche altro contenitore in più potrà diventare addirittura un caldo maglione di pile o una maglietta di poliestere. Altro esempio può essere quello della scatoletta di tonno in alluminio che si butta nella campana del vetro. Andrà subito ad un impianto di selezione per essere separata dal vetro o da altri materiali come la plastica (in alcuni casi, infatti, vengono raccolti insieme), attraverso dei sistemi meccanici, magnetici o manuali. Poi, verrà fusa ad altissime temperature, per essere poi reintrodotta nel ciclo di produzione e, dunque, subire ulteriori fusioni o lavorazioni. Così la scatoletta sarà utilizzata per produrre nuovi utensili, elettrodomestici, complementi di arredo, articoli sportivi, materiali edili e molto altro.
Lucia Genestreti