È lui o non è lui?” chiederebbe su “Striscia la Notizia” Ezio Greggio. La domanda è più che legittima. Il personaggio ritratto nel particolare della “Resurrezione di Drusiana” degli affreschi trecenteschi della chiesa di Sant’Agostino assomiglia incredibilmente a Dante Alighieri. “Certo che è lui” risponderebbe, se fosse ancora vivo, il grande cultore di storia riminese Nevio Matteini. Nel volume Rimini, i suoi dintorni, edito da Cappelli editore, nel 1956, scriveva infatti il Matteini: “Si riconoscono Dante (volto di profilo a destra), il Petrarca (volto di tre quarti a sinistra), Pandolfo e Carlo Malatesta: il divin Poeta indossa una lunga veste di color olivo, ha il capo coperto di un lucco bianco e cinto della corona d’alloro. L’immagine dantesca risponde esattamente ai dati fisionomici forniti dal Boccaccio”. Matteini era un temerario. Già sostenere che fosse raffigurato Pandolfo, un secolo prima che nascesse, appare impresa ardita. E per quanto riguarda Dante, a sostegno della sua tesi, Matteini riporta non solo l’inconfondibile naso ma anche scritti anteriori di Francesco Filippini e Giovanni Nave. I quali, tuttavia, si avvantaggiarono del presunto ritratto. Il restauro dell’affresco dell’abside, svelato dal terremoto del 1916, fu infatti favorito dalla prossimità del sesto centenario della morte del poeta, avvenuta nel settembre del 1321. Anche grazie alle attribuzioni di Filippini e Nave, Rimini fu inserita nel circuito delle città dantesche, ottenendo in tal modo buona parte dei fondi necessari per i restauri dell’abside che si conclusero, appena in tempo, nel 1921.
Più cauto è lo storico dell’arte Pier Giorgio Pasini, che nel suo La pittura riminese del Trecento (Pizzi Editore, 1990) scrisse: “La decorazione trecentesca di questa chiesa interessò subito la pubblicistica, anche popolare, soprattutto per un presunto ritratto di Dante, riconosciuto fra uno dei personaggi raffigurati nella parete di destra dell’abside. Anzi a questo presunto ritratto si deve in buona parte il rapido recupero dell’opera”. Ogni riferimento a Dante scompare invece nella Guida per Rimini che sempre Pasini scrisse per l’editore Maggioli nel 1989 e che a fine 2019 verrà ristampata con aggiornamenti.
Taglia corto la questione il volume Il Trecento riminese in Sant’Agostino a Rimini di Angelo Turchini, Claudio Lugato e Alessandro Marchi (edizioni “Il Ponte Vecchio”, 1995): “Il poeta fiorentino veniva riconosciuto nel robusto personaggio dalla veste color verde oliva con risvolti vermigli, coperto di un elegante copricapo cinto di alloro; alla sua sinistra un altro personaggio gli indica la scena con gesto eloquente del pollice. Oggi questa identificazione non è più accettata; tuttavia questo personaggio è sicuramente importante dato che l’artista gli ha riservato un ruolo di prim’ordine”.
Dante o non Dante è di certo notevolmente cresciuto l’interesse per gli affreschi di scuola giottesca riminese, specie dopo il gran risalto e la presentazione pubblica del bel volume Il Trecento riscoperto, gli affreschi della chiesa di Sant’Agostino a Rimini a cura di Antonio Paolucci, Daniele Benati e Alessandro Giovanardi con le splendide fotografie di Gilberto Urbinati e la prefazione di mons. Francesco Lambiasi.
A differenza di cent’anni fa, nel 2021 non potremo dunque annoverarci fra le città che celebreranno il settimo centenario della morte del Sommo poeta. E tuttavia, poiché Dante è patrimonio del mondo intero, è forte la tentazione di riaccendere i riflettori su una fake news di cent’anni fa.
Giorgio Tonelli