Basta dare un’occhiata al suo curriculum sportivo per rendersi conto che accanto ai vari Myers, Ruggeri, Semprini, Ferroni, Righetti, Morri, Rinaldi, anche Pierfilippo ‘Filo’ Rossi ha un posto speciale nella storia del basket riminese.
Da Varese a Trapani, un vero giramondo.
Si può dire, Filo, che hai conosciuto bene l’Italia e gli italiani.
“È stata un’esperienza sportiva e umana che mi è servita molto. Conoscere gente e modi di vivere diversi è sempre un arricchimento, anche culturale. Ho avuto un’esperienza all’estero, a Salonicco, che però è durata solo quattro mesi. Ecco, una cosa che avrei avuto piacere di fare era proprio quella di giocare all’estero. Non ci sono riuscito, pazienza”.
Esperienze brevi a Rimini, la prima nel 1998/1999, la seconda nel 2003/2004 dove tra l’altro non hai finito la stagione. Si può rispolverare il vecchio adagio che nessuno è profeta in patria?
“Esperienze brevi, ma molto significative. Ricordo con piacere l’anno in A1 con la Pepsi. Giocavo con dieci amici più che colleghi. Una stagione tra le più belle della mia carriera”.
A proposito di carriera: gli anni con la Scavolini, indimenticabili?
“Sono stati gli anni della mia gioventù, del mio esordio in prima squadra e nel massimo campionato. Ho giocato con grandissimi personaggi, autentici campioni che mi hanno permesso di disputare delle finali Scudetto. Solo col passare del tempo capisci la ricchezza e la bellezza che quell’indimenticabile periodo mi ha regalato”.
Smetti da giocatore nel 2009 per poi rientrare nel mondo del basket con l’Happy basket nel 2017. Nel frattempo?
“Sono diventato procuratore sportivo. Ho lavorato con alcune agenzie, collaborando con persone del nostro settore. Intanto, la Federazione mi ha concesso la possibilità di attuare una sospensiva, dandomi l’opportunità di tesserarmi anche come allenatore”.
Il futuro: coach o procuratore?
“Vedremo. Ho colto questa opportunità di allenare perché mi è sempre piaciuto lavorare con i giovani. Tant’è che in estate curavo qualche camp. Quindi non ho messo molto a dire sì alla proposta dell’Happy. L’anno scorso è andato tutto molto bene, con la promozione delle ragazze in serie B. Vediamo se quest’anno riusciremo a fare qualche altro piccolo passo in avanti”.
Inizi la carriera di allenatore con il basket femminile, in cui tuo padre Paolo (con lui in foto) è un celebratissimo coach. Una scelta casuale o voluta?
“Casuale. Quando mio padre Paolo ha smesso di allenare ad alto livello e ha accettato di guidare l’Happy Basket, a volte andavo in palestra a dargli una mano. Cosi quando ha deciso di smettere, la società mi ha chiesto se volevo provare a seguire le sue orme. Ed eccomi qui”.
Il presente parla di serie B. Un campionato impegnativo. Con quale prospettive lo affrontate?
“Innanzitutto voglio ringraziare la società che mi ha dato l’opportunità di costruire una squadra composta da ragazze molto giovani. Siamo riusciti a confermare il gruppo solido dello scorso campionato. In più abbiamo inserito quattro giocatrici interessanti e di prospettiva, che per età possono giocare anche in under 18. Quindi abbiamo due squadre, under 18 e prima squadra, di ottima qualità e con un alto livello di miglioramento. Il nostro obiettivo principale rimane la salvezza, da conquistare prima possibile. Poi se riusciamo a lavorare bene e cementare ulteriormente un già ottimo spirito di gruppo, chissà che non potremo toglierci altre soddisfazioni”.