A Rimini c’è una certa cultura della bicicletta. Le piste ciclabili sono tutt’altro che rarità, e numerosi sono i riminesi che ogni giorno si recano a scuola o in ufficio pedalando. Così come sono tanti i ‘ciclisti della domenica’, attratti dalle meraviglie delle colline dell’entroterra. Ma tra i riminesi c’è anche chi, con la bici, fa molto di più, attratto dalle meraviglie non solo del territorio, ma di tutto il mondo.
Gevelyn Bretti, 30 anni, è nata e cresciuta a Rimini. Diplomata all’Alberghiero, ha lavorato come barista stagionale a Rimini (in estate) e in Val di Fiemme (in inverno), prima di partire per l’Australia dove ha conosciuto suo marito, Anton.
Con lui vive e lavora all’estero, per anni, ma senza trovare il luogo perfetto. E così la decisione: partire da Barcellona (dove vivevano) per tornare in Australia, dove si sono conosciuti. Ma a modo loro: in bicicletta. Comincia così un viaggio di due anni attraverso il mondo, tutto a pedali.
La testimonianza di un’avventura e di come, spesso, il mondo sia molto diverso da come viene raccontato.
Gevelyn, ciclo-viaggiatrice per il mondo. Come nasce questa passione?
“Il primo viaggio in assoluto in bicicletta è stato nel 2014/2015. Vivevo e lavoravo da tre anni a Edimburgo assieme a mio marito, Anton, ma eravamo stanchi del maltempo, di non vedere mai il sole.
Così abbiamo deciso di trasferirci a Barcellona dove eravamo stati l’anno precedente in vacanza. E così siamo partiti”.
Perché avete scelto proprio la bicicletta?
“Volevamo le nostre amate bici con noi, le stesse che usavamo per andare al lavoro tutti i giorni. Volare era un po’ complicato, e così abbiamo deciso di partire pedalando, piano piano e senza fretta, e magari prendere qualche treno quando eravamo stanchi.
Siamo partiti con la nave dal Regno Unito fino ad Amsterdam, e da lì in bici. In tre mesi abbiamo raggiunto Barcellona passando per Olanda, Belgio e Francia. Alla fine non abbiamo preso neanche un treno, è stato un viaggio completamente in bicicletta”.
Ma non vi siete fermati.
“Ci siamo resi conto che, una volta arrivati a Barcellona, eravamo quasi più tristi per aver terminato il viaggio, rispetto alla felicità di aver raggiunto la meta. Siamo rimasti a vivere e lavorare per un anno e mezzo a Barcellona, ma presto abbiamo capito che non era il posto per noi. E così mio marito mi ha convinto: lasciare tutto e partire per l’Australia, dove lui ha le sue origini.
Ovviamente, sarebbe stato un altro viaggio in bici. Così ci siamo preparati, attrezzati, abbiamo studiato l’itinerario e il 31 maggio 2017 siamo partiti”.
Raccontaci questa avventura.
“Abbiamo preso la nave da Barcellona per Civitavecchia, e dopo aver visitato qualche amico a Rimini e in Val di Fiemme ci siamo diretti verso la Slovenia. E da lì abbiamo attraversato mezzo mondo: Croazia, Bosnia, Montenegro, Albania, Grecia, Turchia, Georgia, Armenia, Azerbaigian, Iran (il mio preferito), Emirates e Oman. Da lì abbiamo volato fino al Pakistan, e abbiamo proseguito attraverso Cina, Kazakistan, Kyrgyzistan, Tajikistan, Uzbekistan, Turkmenistan e di nuovo in Iran, dove siamo stati gli ultimi sette mesi. Purtroppo, però, durante il soggiorno in Pakistan mio marito ha subìto un brutto incidente, che l’ha condizionato da lì in avanti. Infatti, a causa dei suoi problemi di salute, ci siamo dovuti fermare. Lui è tornato in Australia, dov’è tuttora, mentre io sono tornata a Rimini e lo raggiungerò a breve”.
Cos’è successo?
“Eravamo a Gujranwala, ospiti della famiglia di un ragazzo pakistano con cui lavoravo a Barcellona. Siamo usciti e ci hanno proposto di muoverci in moto, e nonostante cifossimo dati la regola di non andare mai in motocicletta con qualcuno, vista la pericolosità, abbiamo fatto un’eccezione a patto che andassero piano e sul lato della carreggiata.
Al rientro verso casa ho sentito un forte colpo dietro di me: inizialmente ho pensato a un incidente di qualcun altro, ma poi ho visto mio marito a terra che perdeva sangue dalla testa e dalla gamba. Siamo andati subito in ospedale, ma abbiamo vissuto una brutta esperienza: ci hanno mandato via quasi subito anche se mio marito era incosciente.
Motivo? Non eravamo musulmani. Ci hanno mandato via, e sul foglio di accettazione c’era scritto ‘cristiani’. Avevo chiesto di fare la radiografia al piede, ma non l’hanno eseguita fino a quattro giorni dopo, quando siamo tornati perché il piede era gonfio. Ci dissero che non c’era nulla: solo due settimane dopo abbiamo scoperto che il piede era rotto”.
A parte questo spiacevole episodio, cosa porti a casa di questa esperienza?
“È stato un viaggio eccezionale. Ci siamo resi conto che i media, spesso, dicono molte bugie rispetto ad altri Paesi. Come nel caso dell’Iran, un Paese di cui mi sono completamente innamorata: ci siamo stati per quasi un anno, e abbiamo trovato un Paese molto ospitale e sicuro. Posso dire che ci siamo sentiti più al sicuro in Iran che in Europa!
È un luogo bellissimo, pieno di cultura, storia e natura. Molto diverso da come viene raccontato dai mezzi di comunicazione: in un anno di soggiorno non abbiamo mai sentito parlare di terrorismo. E non solo: mentre in Pakistan c’è assoluta intolleranza verso le altre religioni, in Iran ti considerano come fratelli e sorelle, sempre, a prescindere dal credo religioso. Un certo tipo di comunicazione non solo è sbagliata, ma pericolosa, perché produce stereotipi che portano alla paura e all’intolleranza”.
E com’è tornare ‘in Occidente’, dopo aver visto un mondo del genere?
“Tornare a Rimini, e più in generale nella società occidentale, è stato un po’ uno shock. Mi sono resa conto che ci lamentiamo molto per nulla. Dovremmo imparare ad apprezzare maggiormente ciò che abbiamo, e che diamo per scontato: dalla libertà di espressione all’igiene, o anche solo al fatto che non siamo ingiustamente etichettati come terroristi…
Abbiamo libertà di movimento e una moneta che ci permette di farlo. Non è cosi ovunque. Abbiamo imparato a vivere con poco, arrangiarci, lavarci i capelli per strada o fare la doccia nel bosco con una bottiglia, a cucinare accendendo il fuoco con la legna. E abbiamo capito che il necessario per vivere non è molto. Sarebbe bello imparare da loro: abbassare i nostri ritmi, condurre una vita meno sfrenata e più attenta a ciò che è veramente importante”.
E ora? Quando la prossima avventura?
“Per quanto riguarda il prossimo futuro, starò in Australia dove mio marito ha la famiglia e dovrà curarsi dall’incidente. Lo raggiungerò tra qualche settimana, ancora non so di preciso quando. E poi chissà, il mondo è grande. Magari ripartiremo di nuovo”.