Nell’ottobre del 1945 giunge a Rimini, in qualità di vice parroco di Santa Maria Ausiliatrice, don Giovanni Bertinieri; proviene da Ancona ed ha il compito di rimettere in movimento le attività salesiane interrotte nei lunghi e devastanti anni di guerra e di tenere aggiornata la “Cronaca della Casa”, una sorta di “diario” della comunità di Marina che ci aiuterà a ricostruire la storia delle origini della parrocchia di Bellariva. Le prime impressioni del sacerdote – gettate a caldo su questo quaderno – si riferiscono all’Istituto salesiano, che trova «gravemente danneggiato dai bombardamenti». Oltre alle mansioni statuite, don Bertinieri riceve dal parroco don Marino Travaglini l’incarico di curare la parte spirituale della popolazione del Comasco, antico termine di Bellariva (nella foto in alto, negli anni ’40) – ancora molto usato – che deriva dalla presenza in zona della colonia De Orchi della provincia di Como. In questo vasto territorio di periferia, al momento scarsamente abitato ma destinato ad un grande sviluppo urbanistico e demografico, è attiva da novembre la cappella delle suore della Piccola Opera, un minuscolo luogo di preghiera creato per intercessione di Maria Mayr Marvelli, madre di Alberto. L’Istituto delle monache, ubicato in viale Regina Elena, al numero civico 132 (foto in mezzo), nei pressi dello stand del “Tiro a volo”, raccoglie un gruppetto di orfani e svolge un’azione di apostolato fortemente sostenuta dalla famiglia Marvelli (la loro casa nella foto in basso); un affettuoso legame consolidato durante il periodo dello sfollamento, quando Alberto si era reso disponibile ad assistere le suore e i loro bambini quotidianamente.
La signora Mayr, comprendendo le difficoltà che incontrava la gente di Bellariva per raggiungere la chiesa di Maria Ausiliatrice – distante alcuni chilometri –, chiese alle religiose di dar vita ad un punto di raccoglimento devozionale nel loro refettorio. Per conseguire questo obiettivo, Maria Mayr Marvelli anticipò diecimila lire per predisporre l’ambiente e si impegnò a provvedere all’acquisto dell’altare e delle suppellettili; inoltre, una volta realizzata la chiesina, si prese anche l’incombenza di curarne l’ordine e la pulizia. La parte tecnica della trasformazione del refettorio in cappella fu seguita direttamente da Alberto che, stando alla “Cronaca della casa”, «si recava sul posto due volte al giorno».
Don Bertinieri si butta a capofitto nell’incarico assegnatogli da don Travaglini: la domenica officia la Santa messa nella cappella delle suore con spiegazione del Vangelo e durante la settimana intrattiene in questo luogo periodiche conversazioni con i “suoi” fedeli. Questi, da pochi all’inizio, col passare delle settimane aumentano fino a riempire, nei giorni festivi, la chiesina. Nel giro di qualche mese, l’intraprendente sacerdote riesce ad infondere a quella minuscola comunità di frontiera l’orgoglio dell’appartenenza alla famiglia dei Figli di don Bosco. Un entusiasmo che fa lievitare nell’animo del vice parroco il sogno della istituzione di una “succursale salesiana” a Bellariva. Un pensiero fisso, questo, che diviene sempre più pressante, fino a persuadere i confratelli ad inviare il 12 marzo 1947 una istanza ai superiori dell’Ispettoria adriatica per addivenire al più presto alla «costruzione di un collegio» e di una chiesa parrocchiale in «quel territorio». Nella missiva si paventava il pericolo che quell’area potesse passare «sotto la giurisdizione di un altro parroco», dato che, fin dal settembre del 1946, correva voce che quella zona fosse destinata alla erezione della nuova chiesa di S. Agnese.
Don Luigi Colombo, ispettore della Congregazione salesiana adriatica, incuriosito dalla richiesta, il 28 aprile 1947, si precipita a Rimini ad esaminare l’«appezzamento di terreno» di fronte alle rovine della colonia Murri, ritenuto idoneo per farvi «sorgere un’altra opera salesiana riminese, con parrocchia e collegio». Soddisfatto del sopralluogo, l’ispettore lascia la città incoraggiando don Bertinieri a perseverare nel suo “sogno”. (1 – continua)
Manlio Masini