Der junge Lord di Hans Werner Henze su un graffiante libretto di Ingeborg Bachmann in scena al Gärtnerplatz Theater di Monaco
MONACO, 8 giugno 2018 – Difficile pensare a una fotografia della società di oggi più riuscita di quella scattata in Der junge Lord nel 1965, oltre mezzo secolo fa. Del resto gli autori, il compositore Hans Werner Henze e la scrittrice Ingeborg Bachmann, sono due personaggi fuori quota. Il libretto della romanziera austriaca prende spunto da una novella di Wilhelm Hauff, ma – più che attualizzare la grottesca favola ambientata nella prima metà dell’ottocento – sembra delineare alla perfezione l’atmosfera che si respira oggi, in Italia e non solo. Peccato che quest’opera non venga mai rappresentata nel nostro paese: per ascoltarla bisogna spostarsi in Germania, dove al Gärtnerplatz Theater di Monaco è in scena una nuova produzione.
Al centro di questa irresistibile commedia c’è un ricco intellettuale inglese di vedute progressiste (oggi verrebbe etichettato come radical chic) che approda in una cittadina della provincia tedesca: becera e perbenista, spaventata soprattutto dal “diverso”. Sir Edgard, personaggio muto e che comunica solo per bocca del segretario, ha al suo seguito ben due servitori neri: una cuoca giamaicana (da lui salvata durante un naufragio), che qui si troverà a fronteggiare le avances sessuali del sindaco, e una sorta di maggiordomo, contro cui si accaniscono i bambini del paese, crudelissimi – come stupirsene, visto che sono figli di tali genitori? – con scherzi e dispetti. Il massimo affronto che Milord fa agli abitanti della cittadina è il sostegno agli artisti di un circo – un’opportunità per riflettere sulla emarginazione della gente di spettacolo – mentre disdegna i ripetuti inviti dei notabili locali. L’aspetto più grottesco di questo perfetto campione della grettezza odierna è dato dal fatto che la ragazza più ricca del paese, già innamorata dello studente Wilhelm, s’invaghisce del nipote di Sir Edgard. In realtà, ordendo una beffa, il nobiluomo aveva fatto assumere allo scimmione del circo sembianze umanoidi: non se ne accorge nessuno e, anzi, il presunto Lord Barrat viene preso a modello dai locali, che interpretano i suoi atteggiamenti e l’insolita gestualità come massima espressione di aristocrazia.
Il modello drammaturgico ideale sembra quello britteniano di Albert Herring, ma sono numerosi anche gli omaggi all’opera italiana – Henze e la Bachmann erano entrambi molto legati al nostro paese – attraverso personaggi come il lampionaio e il maestro di ballo (palese eco della Manon pucciniana), mentre sul versante musicale si avvertivano distintamente numerose citazioni, come l’esilarante marcetta dell’Amore delle tre melarance di Prokof’ev: senza dubbio la più ricorrente.
Brigitte Fassbaender, da qualche tempo passata alla regia dopo una gloriosa carriera da mezzosoprano, ha firmato – insieme a Dietrich von Grebmer per le scene e i costumi – uno spettacolo spiritoso e ben ritmato, ambientandolo in una generica atmosfera primo novecentesca. Unica concessione alla contemporaneità, alcune immagini in bianco e nero – proiettate durante gli interludi – con il profilo di un’asfittica città che sembra avvitarsi sempre più su se stessa. La messinscena è molto attenta a cogliere ogni suggestione del libretto e, anzi, fa diventare omosessuale il Segretario per aggiungere un ulteriore tratto di diversità. La numerosa compagnia di canto ha ben assecondato le intenzioni registiche. Due i tenori rivali, alla maniera di Rossini: Brett Sprague è quello più acuto, come si conviene a una scimmia che va oltre l’umano, più lirico invece è Lucian Krasznec nei panni di Wilhelm. Anche le giovani donne sono due, con la classica distinzione fra soprano lirico e leggero, ossia Mária Celeng interprete di Luisa e Ilia Stape, la sua amica Ida. Nell’entourage di Sir Edgard il ruolo del Segretario era affidato a Christoph Filler, un baritono fin troppo tenoreggiante; mentre la spiritosa cuoca Begonia, il mezzosoprano Bonita Hyman, era capace anche di affondi contraltili. Molto incisivo il direttore del circo Alexandros Tsilogiannis, ancora un tenore. Ann-Katrin Naidu interpretava la Baronessa, personaggio di spicco dell’aristocrazia locale (con il corollario delle due spiritose amiche Anna-Katharina Tonauer e Jennifer O’Loughlin, quest’ultima particolarmente brava): un contralto che deve affrontare grandi ascese in acuto, con effetti oltremodo comici. Fra i notabili cittadini si sono distinti il basso Levente Páll (il Sindaco) e il tenore Juan Carlos Falcon (il Professore).
Un contributo determinante alla riuscita dello spettacolo lo ha dato la bacchetta di Anthony Bramall che ha diretto con grande precisione l’ottima Orchestra di Gärtnerplatz, valorizzando una strumentazione dalla timbrica insolita (ci sono anche la chitarra e il mandolino) e imprimendo un andamento brillante alla musica di Henze, costruita su un tappeto sonoro fornito dagli archi su cui s’innestano reiterate percussioni. Del resto, qui anche il pianoforte viene usato in modo percussivo.
Giulia Vannoni