Un concerto di Riccardo Muti con la partecipazione del pianista Maurizio Pollini ha inaugurato il trentesimo Ravenna Festival
RAVENNA, 5 giugno 2019 – Un confronto ravvicinato fra due giganti, sul terreno di Mozart. Il pianista Maurizio Pollini è stato lo straordinario ospite nella serata inaugurale del trentesimo Ravenna Festival, impegnato come solista insieme all’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini diretta da Riccardo Muti.
Con un’inversione rispetto al programma preannunciato, i due brani che hanno visto Pollini protagonista sono slittati nella prima parte: la serata si è così aperta sullo splendido ‘allegro vivace’ del Concerto in mi bemolle maggiore KV 449, del 1784, dove la sapiente bacchetta di Muti ha distillato dall’orchestra temi spesso anticipatori di quelli che ritroveremo, di lì a poco, nel Mozart operista. È seguito poi lo spettacolare Concerto in re minore KV 466, del 1785, certamente uno tra i più amati dai pianisti di tutte le latitudini per il suo andamento drammatico.
Ancora una volta, il Mozart di Muti punta su sonorità piene – scelta ottimale in uno spazio acusticamente un po’ dispersivo come il gigantesco Palazzo De André – e sembra guardare con occhio molto attento anche al versante teatrale. Da perfetto padrone di casa, il direttore ha messo il solista sempre a proprio agio, fornendogli un sostegno impeccabile sia per l’appiombo ritmico sia per l’accuratissimo dosaggio degli equilibri sonori. Da parte sua Pollini si è accostato alle due pagine forte di un’esperienza maturata attraverso la frequentazione di tanti autori, anche novecenteschi, privilegiando le aperture verso orizzonti che già si schiudono su un ottocento mai apparso così imminente. L’affetto del pubblico, che affollava numerosissimo ogni ordine di posti, si è concretizzato anche nel premio che Cristina Muti (insieme ai condirettori artistici Franco Masotti e Angelo Nicastro) ha consegnato al pianista, come in passato era talvolta successo con altri grandi artisti.
La seconda parte della serata ha preso avvio da Meeresstille und glückliche Fahrt (Calma di mare e viaggio felice), titolo mutuato da un testo poetico di Goethe: un’ouverture da concerto scritta da Mendelssohn nel 1828 e perfettamente in linea con il tema del Ravenna Festival di quest’anno, intitolato …per l’alto mare aperto… Un’esecuzione splendida, non solo perché Muti ha saputo trarre il meglio dai giovani orchestrali (basterebbe pensare ai primi piani del flauto e del fagotto), ma ha creato un’inarrestabile tensione esecutiva, capace di valorizzare la raffinata orchestrazione di una musica ormai immersa nell’atmosfera romantica, attraverso una lettura mai edulcorata e immune da qualsiasi convenzionalità – come a volte succede con questo autore – usando lo sguardo di chi ripensa al passato avvalendosi dell’esperienza successiva: creando una sorta di arco ideale che da Weber sembra ricollegarsi a Wagner.
Scontato il travolgente successo ottenuto con il quarto brano in programma, il Boléro di Ravel (1928). Qualcosa in più di una facile concessione al pubblico: soprattutto un modo per far intervenire l’orchestra a pieno organico – i due concerti di Mozart vanno poco oltre gli archi – dando così la possibilità a tutti i giovani componenti, compresi i nuovi ingressi, di essere adeguatamente valorizzati. Un omaggio a una pagina che, oltre ad essere ascoltata, merita di essere vista: per rendersi conto di come una costruzione all’apparenza semplicissima (un inesorabile ¾ scandito dal tamburo e un tema ripetuto in maniera ossessiva per ben diciotto volte) sia capace di trasformarsi in un vorticoso e inarrestabile meccanismo, in grado di scuotere fino alle più intime fibre gli ascoltatori. Come un implacabile ingranaggio a orologeria.
Giulia Vannoni