Reginald Dwight, timido grassottello con un finissimo orecchio per la musica non c’è più, al suo posto è subentrato l’istrionico Elton John, maestro di composizioni pop note in tutto il mondo, campione di travestimenti eccentrici sul palco, ridondante davanti al pubblico quanto fragile nel privato. “L’uomo razzo” ha ora il suo film, uscito in concomitanza con le date del suo Farewell Tour che segna l’addio definitivo alle scene: regista è quel Dexter Fletcher chiamato a terminare il travagliato Bohemian Rhapsody ma questa volta l’approccio è suddiviso tra musical e sprazzi di vita reale, tra tocchi di fantastico anche esagerati, in sintonia del resto con la “chiassosità” del personaggio, tra i suoi fantasiosi occhiali e i costumi di scena ridondanti e colorati, e rivelazioni dei suoi personali demoni (il film si apre con Elton in costume da diavoletto che affronta una sessione di disintossicazione) come alcool, droghe e shopping compulsivo.
A indossare costumi, occhiali e tormenti dell’artista c’è Taron Egerton, già in tandem con Fletcher per Eddie the Eagle e sorprende non poco la scelta di far interpretare all’attore le canzoni del divo pop, con effetto riuscito: Egerton ce la mette davvero tutta per “mimetizzarsi” anche nell’ugola del cantante. Sfilano così canzoni come “Tiny Dancer” e “Don’t Go Breaking My Heart” (il popolare duetto con la cantante Kiki Dee) e la stessa “Rocketman”, in un catalogo sonoro nel quale il piano è farina del sacco di Elton e le parole sono di Bernie Taupin, l’inseparabile paroliere.
Una biografia musicale che non cerca a tutti i costi il realismo spicciolo, pur insinuandosi nella vita dietro le quinte di Elton John, e privilegia la strada di un film pop a tutto tondo, vivace e variopinto, proprio come l’uomo di “Candle in the Wind”.