Quattordici anni fa volava dal sesto piano di un palazzo, oggi inaugura il secondo stabilimento della sua impresa. È proprio caduto in piedi, Mirko Manenti: un “miracolato” il cui incidente lo ha portato su una nuova strada imprenditoriale e umana, senza più corsa a piedi ma ricca di soddisfazioni tra Borghi, Bellaria, Camerano e Santarcangelo.
È il 1995. Mirko, originario di Massamenente di Sogliano, opera come fabbro per una impresa artigiana di infissi. Uno dopo l’altro li monta in tutta Italia. A Bologna è impegnato in un allestimento di facciate a specchio, quando accade un incidente: vola dal sesto piano del palazzo. Un volo libero di 16,70 metri, un tuffo nel vuoto. Anzi sul marciapiede: Mirko cade in piedi. “Ero molto atletico e veloce, correvo tutti i giorni anche dopo 10 ore di lavoro, pesavo 72 kg” racconta. Forse la forma fisica, sicuramente il destino amico: Mirko atterra. “Ho sentito cedere di schianto le caviglie, come se si fossero liquefatte. Ma non credevo ai miei occhi: ero ancora vivo!”.
Le fratture non si contano: oltre ad entrambe le caviglie, il volo ha comportato la rottura del bacino, di alcune vertebre, costole. Finisce per tre mesi all’ospedale Maggiore di Bologna mentre tutta la stampa parla di questo “angelo” planato inconsapevolmente a terra. A Torino subisce un’ulteriore operazione alla tibia. Dopo mesi uscirà in stampelle dagli ospedali, ma vivo.
Senza ricevere alcun rimborso per l’incidente.
“Ho fatto ricorso, anzi più ricorsi, ma inutilmente. Anzi, ho speso una fortuna in avvocati”.
Tutto questo non l’ha fermata, però.
“Dopo tre anni di inattività, sono ripartito con un corso CAD finanziato dalla Comunità Europea e tenuto dall’Osfin. Mi piaceva, alle 3 di notte ero ancora al pc a smanettare. Dopo 6 mesi di stage con il professore del corso, sono approdato dall’architetto Bertozzi per tre anni. Il lavoro era gratificante ma non riuscivo a stare seduto tutto il giorno. Si gonfiavano gambe, piedi e… cuore. Non credevano che sarei andato via, l’ho fatto”.
Ancora una volta riparti da zero.
“Mi arriva una dritta da un amico: «Guarda c’è un signore che cerca personale per riempire i suoi distributori automatici di cibo e bevande a San Mauro Pascoli, paga bene». È un settore di cui non conosco nulla, ma la meccanica mi affascina, ho necessità di lavorare e dunque mi butto. Dopo appena un mese, il proprietario è colpito da infarto. Resto solo. Di caffè non so nulla, non esisteva un gestionale dell’azienda, il mio è stato un corso accelerato. Ho salvato l’azienda, consegnando a tutte le ore del giorno e della notte. Con Pironi di Romagna Vending sono rimasto per 26 mesi”.
Non mi dica: un’altra inversione a U.
“Mia mamma Mina è stata un profeta: vedendo la passione con cui lavoravo e il tempo che dedicavo all’azienda, mi sfida: «se sei così bravo e appassionato, perché non diventi imprenditore di te stesso?». Ho incontrato la torrefazione Rekiko, produttore di caffè, la settimana seguente ero già in pista con appena cinque macchinette per caffè in cialda. Oggi ne conto 400 (per diversi tipi di caffè, da Pascucci a Rekiko a Caffè d’Italia…) e 300 distributori automatici, oltre a decine di ricariche di acqua e in aggiunta gli ultimi distributori automatici touch screen utilizzabili anche tramite cellulare. E pensare che i primi tre caricatori li ho preparati manualmente io nel magazzino di casa”.
Nasce Fast Coffee, è l’inizio di una nuova vita. E del boom.
“Nel 2008 il lavoro si impenna. Assumo il primo dipendente nel 2009: oggi sono dieci. Sono partito nel garage di casa, poi ho acquistato il primo capannone nel 2008. Nel 2018, liberatosi il magazzino di fianco al nostro abbiamo colto la palla al balzo… l’abbiamo acquistato. E dotato di impianto di riscaldamento e refrigerazione per i miei dipendenti: se lo meritano”.
Quali sono le chiavi del suo successo?
“Sacrificio e passione. Amo il caffè, in tutte le sue varianti. Ma prima di tutto ambisco a risolvere ogni problema che si presenta al cliente. Il servizio è veramente un punto di forza: non c’è bisogno di numero verde, basta chiamare in azienda, io e i ragazzi rispondiamo immediatamente e consegniamo nel più breve spazio di tempo in un territorio che va da San Marino a Cattolica, da Rimini a San Mauro. Per un’urgenza siamo intervenuti anche alle 3 di notte!”.
La sua è anche una professione fatta di relazioni. Le capita qualche incontro divertente?
“In una scuola i bambini appendevano bigliettini al distributore: «Rubato 1 euro, Rubato 2 euro…». Un bambino onesto ci disse: «Non restituite il denaro ai bambini che ne fanno richiesta, stanno facendo i furbetti!». Sorridendo, gli abbiamo risposto: «Viva la sincerità!». E gli abbiamo offerto uno snack”.
Tutto casa e azienda, a Camerano. Però non ha dimenticato la sua origine nella valle del Rubicone.
“Ho acquistato la casa di nonna Alba: un atto per ribadire le mie origini. Quando voglio respirare aria sana, godermi un paesaggio, passeggire con gli animali che adoro o immergermi nel verde incontrando amici veri, salgo a Massamente”.
Sulle cialde del caffè infuria però la polemica circa lo smaltimento.
“In Italia si contano circa 3 milioni di distributori automatici di caffé, per un consumo giornaliero di almeno 6 milioni di bicchieri di plastica. Il problema esiste, eccome! Si può iniziare separando il caffé nell’umido e il resto nella plastica. Ma sono già disponibili le capsule totalmente compostabili, con il kit ecologico composto da bicchiere di carta e paletta di legno”.