Tutti d’accordo. In un momento storico in cui si discute, spesso animatamente, dei più disparati argomenti, ce n’è uno che trova tutti schierati in un’opinione comune. È il tema dei maltrattamenti degli insegnanti ai danni dei propri alunni. Notizie che scatenano subito indignazione e rabbia, soprattutto perché la maggior parte delle volte si tratta di bambini molto piccoli, alunni delle scuole elementari o addirittura dell’asilo. Ed è giusto che sia così. Passata la rabbia, però, e tornando a ragionare di testa e non di pancia, ci si accorge che, probabilmente, la questione è più complessa di quanto sembri.
Attenzione, non si sta in alcun modo giustificando questo tipo di comportamenti. Maltrattare dei bambini, soprattutto se a farlo è un professionista il cui ruolo è educarli in sicurezza, è sbagliato, sempre e comunque. Ma se negli ultimi anni questi casi di maltrattamenti continuano ad aumentare, e se gli insegnanti che li pongono in atto sono quasi sempre insospettabili, senza alcuna macchia nella propria carriera e alle porte della pensione, forse c’è qualcos’altro. Forse il modo in cui è strutturato il percorso professionale di un insegnante italiano ha delle falle, presenta dei difetti che possono portare a conseguenze negative. Ed è proprio questo il punto focale della questione: perché in Italia casi come questi sono sempre di più? Sono coincidenze, eventi accidentali o c’è qualcosa che non funziona nel nostro sistema d’istruzione? Sono domande provocatorie, certo. Ma che non possiamo non porci.
La situazione a Rimini
A dimostrazione del fatto che il fenomeno sia in sensibile aumento, basti guardare alla realtà della nostra città. In tempi recenti, infatti, sono diversi gli insegnanti, di asili e scuole elementari riminesi, indagati o processati per maltrattamenti sui propri alunni. Il più recente risale a circa un mese fa, quando una maestra 62enne di una scuola comunale per l’infanzia ha ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, preludio a una richiesta di rinvio a giudizio. L’accusa? Maltrattamenti aggravati nei confronti di tre alunni, che all’epoca dei fatti (primavera 2018) avevano cinque anni. Nello specifico l’indagine, condotta dalla Sezione Minori della Squadra Mobile della Questura e partita grazie alle segnalazioni di una collega supplente, escluderebbe veri e propri episodi di violenza fisica, accertando però casi di comportamenti inappropriati, tra i quali modi bruschi, parole pesanti e rimproveri eccessivi e inadeguati. In attesa che il procedimento prosegua, occorre segnalare un dato: la donna, ormai alla soglia del pensionamento, presenta una quarantennale carriera priva di alcuna ombra, e prima di queste accuse non c’era alcuna traccia di sospetti o rimostranze da parte di colleghi o genitori. Solo negli ultimi anni l’insegnante sarebbe stata soggetta a “esplosioni incontrollate di rabbia – si legge nel capo d’imputazione provvisorio – urlando, scuotendo e umiliando gli alunni, bloccandoli, a volte con la forza, zittendoli con modi inappropriati”. Un caso emblematico, per il tema presentato in apertura di articolo, ma che è solo il più recente a Rimini.
Gli altri casi
Risale a circa un mese fa anche un’altra vicenda, analoga a quella appena raccontata. Agli inizi di aprile, infatti, un’insegnante riminese di 45 anni si vede notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, per l’accusa di maltrattamenti su sette alunni della scuola materna nella quale insegnava all’epoca dei fatti (la scorsa estate). Secondo l’inchiesta, partita dalle segnalazioni dei genitori nel giugno 2018, a loro volta informati da alcuni dipendenti della struttura, e stando ai racconti dei testimoni sentiti dalla Procura, la maestra avrebbe ripetutamente strattonato i piccoli (che all’epoca avevano poco più di un anno), facendoli anche cadere a terra. Non solo: i bambini sarebbero stati costretti a stare seduti con la forza, e addirittura ci sarebbero stati lanci di oggetti verso di loro. Anche in questo caso, la maestra non presentava comportamenti del genere in passato.
Si cita infine un altro caso, risalente al 2016 e che proprio nelle scorse settimane è entrato ufficialmente nella fase processuale. Alla sbarra è un’altra maestra di Rimini, oggi 65enne, accusata di aver utilizzato metodi aggressivi e violenti, anche a livello fisico, nei confronti dei bambini della scuola materna in cui insegnava all’epoca della denuncia, scattata grazie alla segnalazione di una collega della stessa struttura. L’indagine, nel 2016, aveva portato addirittura all’applicazione degli arresti domiciliari per l’insegnante.
Parla l’esperto
Alla luce dei casi illustrati emerge come il fenomeno dei maltrattamenti dei bambini da parte delle maestre esista, sia un tema caldo e molto presente negli ultimi anni, perlomeno a Rimini. È così in tutta Italia? E soprattutto, riallacciandosi alla questione presentata in apertura, sono casi isolati o possono essere indizi di un sistema d’istruzione che presenta importanti criticità da affrontare? Risponde a queste domande il dottor Vittorio Lodolo D’Oria, medico, uno dei massimi esperti in materia di Stress da Lavoro Correlato degli insegnanti, spesso interpellato in processi di questo tipo in tutta Italia.
“Dall’inizio del 2019 ci sono già almeno tre casi di maltrattamenti. E dobbiamo renderci conto che, senza un intervento concreto e sollecito da parte delle istituzioni, con il passare del tempo la situazione peggiorerà”, spiega Lodolo D’Oria in un recente intervento su Adnkronos, rilanciato in tutta Italia per la sua importanza di contenuto e, soprattutto, di progetto rispetto alle possibili soluzioni future. “Da cinque anni a questa parte, da quando il fenomeno è sensibilmente aumentato, mi occupo delle numerose denunce di presunti maltrattamenti da parte delle maestre a danno dei propri alunni, che supera oggi di gran lunga i 100 casi all’anno”.
Quali possono essere le cause principali?
“Uno dei problemi fondamentali è che le nostre maestre sono diventate le più vecchie d’Europa. Negli ultimi 20 anni sono state fatte quattro riforme previdenziali sostanzialmente al buio. Si è passati dalle baby pensioni alla Fornero, che è sbagliata perché non ha tenuto conto dell’usura psicofisica e dell’anzianità di servizio, e cioè ha trascurato le malattie professionali degli insegnanti. Il 90% dei casi a processo, che ho analizzato, riguarda maestre con più di 55 anni e con almeno 30 anni di anzianità di servizio. In Italia le malattie professionali degli insegnanti non sono ancora ufficialmente riconosciute, e questo è un grosso problema: l’80% delle diagnosi di inidoneità sono di tipo psichiatrico”.
Si tratta del cosiddetto “burnout”, o sindrome da stress lavorativo, casi di veri e propri esaurimenti nervosi dovuti alla propria professione. Ma quali possono essere, alla luce di questa situazione, le possibili soluzioni? Risponde sempre il dottor Lodolo D’Oria: “Il ruolo del dirigente scolastico, in questi casi, è imprescindibile essendo responsabile dell’incolumità dei bambini del suo istituto. Quindi, di fronte a presunti maltrattamenti, i genitori dovrebbero rivolgersi in prima battuta al dirigente, che conosce le gerarchie, le competenze, le incombenze e ha tutti gli strumenti per intervenire. Ma visto che per molti – ha aggiunto il medico – è necessario che intervengano le Forze dell’Ordine per ristabilire le storture nella scuola, almeno forniamo loro le necessarie conoscenze gestionali, e le relative dinamiche per intervenire. E quindi perché i Ministeri dell’Istruzione e della Giustizia di fronte a questo fenomeno non si sono mai confrontati?”.
Poca attenzione, dunque, alla natura del lavoro degli insegnanti oggi, e ai conseguenti disturbi che può provocare. “Più che misure come l’utilizzo delle telecamere nelle scuole, sarebbe importante applicare il decreto legge 81/08 che, all’articolo 28, prevede la prevenzione e il monitoraggio dello Stress da Lavoro Correlato per la tutela della salute dei docenti. Un decreto, però, mai finanziato. Inoltre sono pochi i dirigenti che fanno prevenzione e spesso la fanno male, con test inadeguati. Insomma, è scandaloso che le istituzioni non si siedano a un tavolo per trovare una soluzione a un fenomeno in crescita. La sicurezza e l’incolumità dei bambini passa attraverso la salute mentale degli insegnanti”.