Consapevoli che “tutti i credenti e gli uomini e le donne di buona volontà sono chiamati a rispondere alle numerose sfide poste dalle migrazioni contemporanee con generosità, saggezza e lungimiranza, ciascuno secondo le proprie responsabilità”, raccogliamo l’invito a essere comunità accoglienti perché sappiamo che “rinunciare a un incontro non è umano”. Inizia con queste parole il documento conclusivo del Meeting “Liberi dalla paura”, promosso da Caritas Italiana, Fondazione Migrantes e Centro Astalli appena svoltosi a Sacrofano (RM).
“Dare un nome alla paura. Il nostro mondo sembra sempre di più attraversato dalla paura, spesso alimentata e strumentalizzata ad arte dai potenti del mondo. Non c’è paura più insidiosa di quella che nasce dalla diffidenza e si alimenta della mancanza di speranza. Essa ci fa vedere l’altro come un contendente, un avversario, fino a trasformarlo in una minaccia, un nemico. Spesso dimentichiamo che la paura è esperienza anche dei migranti: crea ansia l’arrivare in un luogo nuovo, non familiare che a volte si rivela ostile…”.
“Come cittadini crediamo profondamente nella dignità di ogni persona e vogliamo, con solidarietà, impegnarci a restituirla a coloro ai quali è stata tolta, secondo il sentire della nostra Costituzione”.
“Accogliere costruisce la pace. Le cause delle migrazioni forzate – guerre, sfruttamento, ingiustizia sociale, violenza, tirannide, disoccupazione, terrorismo, inquinamento ambientale… – ci riguardano, come abitanti del pianeta e come cittadini di Paesi che spesso hanno responsabilità nel determinare o aggravare tali cause. Non va nemmeno dimenticato che generazioni di italiani hanno vissuto sulla loro pelle la difficile esperienza dell’emigrazione, hanno sofferto per la separazione dalle famiglie d’origine e affrontato condizioni di lavoro non facili, alla ricerca di una piena integrazione nella nuova società. L’ingiustizia e il conflitto sono fattori determinanti nelle migrazioni di ieri e di oggi e l’accoglienza, se vissuta con lungimiranza e consapevolezza, ci offre l’opportunità per intraprendere la via della riconciliazione e della costruzione paziente della pace. Ciò è possibile solo nei contesti locali, dove si vive la quotidianità dell’incontro, dove il dialogo della vita si gioca in piccoli gesti, in risposte a necessità concrete e misurabili, a situazioni esistenziali che interrogano tutti, quali la malattia e il disagio mentale”. “Accogliere è il nostro modo di contribuire alla costruzione di una società rinnovata, capace di lasciarsi alle spalle l’ingiustizia del mondo e offrire alle generazioni più giovani un futuro di pace, di crescita economica, di maggiore equità sociale”.