L’allarme arriva da una ricerca di Save the Children: sempre più bambini vivono in zone periferiche, nei cosiddetti quartieri dormitorio. Pubblicata di recente dalla Treccani, la ricerca sottolinea come due bimbi su cinque, in Italia, non hanno spazi verdi in cui giocare e luoghi di incontro per ritrovarsi. Situazioni che inevitabilmente vanno a incidere sul loro carattere.
Ma come?
“I bambini e gli adolescenti, soprattutto quelli che vivono nelle aree maggiormente urbanizzate – sottolinea Francesca Vescovelli, psicologa psicoterapeuta, dottore di ricerca in scienze psicologiche – tendono a trascorrere la maggior parte del loro tempo all’interno di spazi chiusi. Tuttavia, numerose ricerche hanno osservato come svolgere attività e trascorrere tempo negli spazi aperti sia importante sia per la salute fisica, sia per quella psicologica di bambini e adolescenti. Quando trascorrono molto tempo tra le pareti domestiche i bambini, soprattutto quelli più piccoli, finiscono per lanciarsi in comportamenti pericolosi come, ad esempio, correre e saltare. Il gioco in un parco, in un campo o in spiaggia, più libero e meno strutturato, in presenza di un adulto attento, ma non invadente, permette al bambino di esprimere e di soddisfare meglio i suoi bisogni fisici e psicologici”.
Parlando di spazi verdi, vi sono davvero benefici psicologici nello stare all’aria aperta?
“I bambini lasciati liberi di giocare in spazi aperti e sicuri, come parchi e spiagge, si sentiranno più liberi di esplorare l’ambiente circostante, di usare l’immaginazione e divertirsi e saranno quindi bambini più felici. Passeggiare su un prato, osservare i colori della natura, raccogliere le foglie e i rametti secchi, toccare e manipolare la sabbia, respirare la brezza marina o il profumo dei fiori, ascoltare il canto degli uccelli e il rumore del mare, aiuta i bambini di tutte le età a sviluppare e affinare i cinque sensi. Il gioco all’aperto, inoltre, favorisce lo sviluppo di capacità cognitive, come la concentrazione e l’attenzione, la creatività e la capacità inventiva, elementi essenziali per affrontare e risolvere i problemi che bambini e adolescenti possono incontrare nella loro quotidianità. Queste competenze sono centrali anche per ottenere migliori prestazioni scolastiche e rappresentano ingredienti essenziali per il benessere psicologico”.
Un benessere derivato anche da una più facile socializzazione.
“Giocare al parco può aiutare i bambini e gli adolescenti a incontrare e conoscere nuove persone e a instaurare o fortificare rapporti interpersonali. Diventa quindi uno strumento di socializzazione unico e prezioso, altro ingrediente essenziale del benessere psicologico in età evolutiva (così come in ogni fascia d’età). In termini di salute psicologica, inoltre, si possono ricavare numerosi benefici determinati dalla possibilità di muoversi più liberamente e non secondo schemi o programmi predefiniti o strutturati (come spesso avviene all’interno di abitazioni o palestre). Studi recenti hanno evidenziato che questa maggior libertà di movimento si associa a minori livelli di stress, irrequietezza e ansia, che spesso i bambini vivono per via delle scadenze e dei rigidi programmi cui sono sottoposti”.
Purtroppo gli adolescenti sembrano preferire i videogiochi alle corse in cortile, ma è anche un fatto di opportunità perchè le strade sono meno sicure.
“Trascorrere tempo all’aperto porta a uno stile di vita più sano e a una riduzione della sedentarietà, a meno ore trascorse davanti a tv, videogiochi e sui social network, con un effetto protettivo per la salute fisica. In particolare, gli studi evidenziano un minor rischio di sviluppare malattie legate alla scarsa attività e a stili alimentari inadeguati, come, ad esempio, l’obesità. Muoversi all’aria aperta aiuta inoltre bambini e adolescenti a rafforzare il loro sistema immunitario, aumentando i livelli di vitamina D, un importante fattore protettivo contro infenzioni, malattie cardiovascolari e diabete. L’importanza dello svolgere attività all’aria aperta è alla base del concetto di Outdoor Education. Con questo termine si vuole dare un orientamento pedagogico che mira a promuovere le esperienze di formazione e apprendimento a contatto diretto con gli ambienti naturali, esterni alle classiche mura scolastiche”.
Ci spieghi meglio.
“Diversamente da un’aula scolastica, ad esempio, un ambiente come un parco, un giardino o un orto permette al bambino di esplorare, conoscere, osservare e sperimentare nuove attività in maniera più ampia e profonda. In questa stretta relazione fra la persona e l’ambiente entrano in gioco tutti e cinque i sensi. Si tratta quindi di un metodo di apprendimento basato su un approccio di tipo sensoriale-esperienziale che favorisce lo sviluppo di attività psicomotorie, cognitive ed emotive e promuove un senso di rispetto per l’ambiente. A livello scolastico, in Italia, si stanno diffondendo numerose esperienze di Outdoor Education soprattutto nella scuola dell’infanzia. Anche nella provincia riminese, progetti come la «Scuola nel bosco» e la «Scuola sul mare» sono esempi di Outdoor Education realizzati per la fascia 0-6 anni. Con «Scuola nel bosco» si fa riferimento a una tipologia di scuola in cui non esiste un vero e proprio edificio scolastico. I bambini trascorrono la maggior parte del tempo all’aperto, indipendentemente dalle condizioni climatiche, salvo condizioni estreme.
In conclusione, la possibilità di sperimentarsi e trascorrere del tempo all’aria aperta riguarda non solo le attività scolastiche, ma anche il tempo libero. Uscire di casa, trascorrere del tempo e giocare nei parchi sono tutte attività che aiutano bambini e adolescenti a sviluppare maggiori capacità relazionali, a migliorare le loro prestazioni fisiche e la loro condizione di salute”.
Quali fattori limitano questa possibilità?
“I ritmi frenetici a cui sono costrette le famiglie di oggi. Altro aspetto importante da considerare è la sicurezza del quartiere in cui si vive: alcuni studi hanno osservato come ad influenzare il tempo trascorso all’aperto con i propri figli vi è, infatti, la percezione dei genitori circa il grado di sicurezza di un determinato quartiere. I genitori che tendono a percepire il quartiere in cui vivono come più pericoloso tendono a far uscire di meno i loro figli che, di conseguenza, trascorrono più ore davanti alla televisione e ai videogiochi”.
Silvia Ambrosini