La Disney affronta una delle sfide più ardue della sua storia, recuperando la governante creata da P.L.Travers, protagonista di uno dei film più amati da diverse generazioni. Cinquantaquattro anni dopo il film con Julie Andrews, premiata con l’Oscar per la sua interpretazione e i suoi indimenticabili gorgheggi, ecco la nuova versione con Emily Blunt, “praticamente perfetta sotto ogni aspetto”, che scende dal cielo grazie ad un aquilone (“quell’aquilone” per chi conosce il film di Robert Stevenson) e arriva nuovamente in viale dei Ciliegi 17 per aiutare ancora una volta i Banks, o meglio i figli dei Banks Michael (Ben Whishaw) e Jane (Emily Mortimer), in lotta contro la recessione economica che attanaglia la Gran Bretagna alla fine degli anni ’20. Lui è rimasto vedovo con tre bambini a carico e rischia di perdere la casa per debiti con la banca, lei è single e ha preso il piglio combattivo di mamma operando come sindacalista. Tocca a Mary Poppins scendere dal cielo apparentemente per i bambini, ma in realtà per “trasformare” gli adulti e renderli più consapevoli del loro ruolo.
Il ritorno di Mary Poppins è tutto un affettuoso e gioioso rimando all’illustre predecessore: canzoni (scritte da Mark Shaiman con supervisione di Richard Sherman, fratello superstite del duo che scrisse i celebri motivi del 1964), balletti, tecnica mista attori e cartoni animati (notevoli), parenti bizzarri (al posto dello zio Albert c’è la cugina Topsy interpretata da Meryl Streep) e spazzacamini, pardon, lampionai, i tempi sono cambiati (il leader è Lin-Manuel Marianda, attore e compositore – suo il musical di successo Hamilton), per ritrovare la serenità familiare in mezzo ai problemi economici, dove i bambini vengono educati a sognare per poi ritornare nel mondo reale e i grandi ad aprire gli occhi e a tornare bambini per un po’.