Dalla collina riminese alla metropoli europea, con un bagaglio di diverse lingue lette e parlate, è in cammino da 80 anni sempre con lo stesso desiderio: servire Cristo e far incontrare le persone con la salvezza presente, qui ed ora. Classe 1938, don Luigi Scappini è coetaneo e compagno di scuola di don Aldo Amati, don Romano Nicolini, don Domenico Valgimigli, e don Alvaro della Bartola (tornato al Padre nel 2008): persone diverse ma “affiatate, unite dalla vocazione prebiterale, dalla formazione, dalla amicizia e stima reciproca”. Cinque sacerdoti uniti dalla stessa fede-amore per Gesù, dalla stessa passione per la Chiesa, per la vocazione presbiterale.
Don Luigi vive da alcuni anni a Berlino, dove è stato direttore spirituale di un seminario missionario, ma la sua storia è impastata di terra e di fango. Nato a Montefiore Conca, nella parrocchia Santa Maria della neve il 28 novembre 1938 da Aldo e Anna, i contadini del parroco, e a quattro anni Luigi già serviva la messa.
“Durante le vacanze estive veniva alla chiesa parrocchiale un seminarista; mi colpì con il suo modo di stare in chiesa, il suo modo di pregare. Qui è sbocciata la vocazione al presbiterato: «Voglio essere come lui», pensavo”.
Era il 1949.
“Attraverso il parroco e la maestra di quinta elementare, il Signore mi ha aperto tutte le strade: l’esame di ammissione, la retta al seminario…
Ho fatto le scuole medie e il ginnasio nel seminario minore di Rimini; il liceo nel seminario minore di Roma, la filosofia e la teologia fino alla licenza nel Seminario Maggiore di Roma.
Sono stato ordinato presbitero dal vescovo Monsignor Emilio Biancheri nella chiesa della mia parrocchia, Santa Maria della neve, a Serbadone, il 17 marzo 1963”.
Inizia il suo servizio pastorale nella Diocesi di Rimini.
“Due anni cappellano a Bellaria, ai quali ne sono seguiti quattro a San Giuliano martire in Rimini, poi per 13 anni parroco a Sant’Ermete”.
Arriva il 68, e la rivoluzione non è soltanto sociale ma soprattutto personale. E investe come uno tsunami anche lei, don Luigi.
“Nel periodo più difficile ho incontrato i monaci di Taizè e poi i piccoli fratelli di Charles di Foucauld: da questi sono approdato al cammino neo-catecumenale, una Kenosis, un vero noviziato.
Sono stato tre mesi a pregare nel deserto del Sahara con i piccoli fratelli.
Era il 1972: una parola di San Paolo mi penetrò nel cuore e mi illuminò: anche se parlassi le lingue degli angeli… anche se dessi tutti i miei beni ai poveri ma non ho l’amore, niente!
Questo ero io: avevo fatto tutto, anche le cose più religiose, l’apostolato, per me stesso, per realizzarmi”.
Inizia così un periodo nuovo, diverso, forse inaspettato.
“Grazie all’esperienza del cammino neo-catecumenale ho conosciuto me stesso: permaloso, ipocrita, orgoglioso, scandalizzato della debolezza e della povertà dei miei genitori…
Ma in un ritiro-convivenza ho pianto di gioia al vedere che il Signore mi aveva perdonato tutti peccati: una gioia grande, una libertà grande, una gratitudine grande e il desiderio di andare a dire a tutti: il Signore mi ha perdonato i peccati.
Alla conclusione delle Lodi c’è stato un invito ad alzarsi per coloro che si sentivano chiamati dal Signore.
Come invito fu usata la parola di Aggeo dell’ufficio delle letture del giorno: vi sembra questo il tempo di abitare tranquilli nelle vostre case ben coperte mentre questa casa è ancora in rovina?
Sono partito come Itinerante e il Signore ha sempre aperto tutte le difficoltà con tanti miracoli che mi è impossibile riassumere in poche righe: sei anni spesi tra Sicilia e Calabria”.
Al termine dei quali è ritornato a casa, a Rimini.
“Dopo due anni trascorsi come Cappellano a Novafeltria, il Vescovo di Rimini e Amministratore della Diocesi di San Marino-Montefeltro Mons. Locatelli mi ha lasciato partire ancora per la missione-famiglie a Berlino. E sono iniziate altre meraviglie. Nel marzo 1988, in occasione del 25° di Presbiterato con l’intera classe del seminario abbiamo avuto la grazia di essere ricevuti in udienza da Papa Giovanni Paolo II. Al congedo finale, prima della foto, il Papa indicando me e le famiglie in missione con me a Berlino disse ad alta voce: «Il futuro è di quelli!»”.
L’anno dopo cadeva il Muro di Berlino.
“Un segno di grande trasformazione, e non solo sociale e politica.
Un’altra novità è la nascita, il 6 ottobre 1991 del Seminario Redemptoris Mater di Berlino, con 24 ragazzi!
Il Cardinale Sterzinsky ha detto a proposito: «I ragazzi saranno formati sotto la responsabilità del vescovo di Berlino, saranno preti della diocesi di Berlino, disposti dopo alcuni anni di servizio nella Diocesi, a evangelizzare in altre zone e regioni del mondo». La fondazione del seminario è avvenuta con la benedizione di Papa Wojtyla”.
Lei, sacerdote della Chiesa riminese, operava a Berlino, ma senza aver mai reciso il cordone ombelicale con Rimini.
“Nell’ottobre 2000, al giubileo delle famiglie, durante la preghiera in piazza San Pietro ho chiesto al Signore un segno per vedere la sua volontà: ritornare a Rimini o incardinarmi a Berlino?
Nel mio cuore c’era una sincera disponibilità a fare la sua volontà. Dopo tutto quello che avevo ricevuto…
L’ufficio delle letture di quel giorno presentava la stessa lettura del giorno in cui mi sono alzato per la missione itinerante: è stata per me la chiamata ad andare fino in fondo (incardinazione) per amore alla Chiesa cattolica a Berlino, per amore al seminario e ai seminaristi del Redemptoris Mater di Berlino”.
E così è diventato “tedesco” a tutti gli effetti. Ma altre sorprese l’aspettavano dietro l’angolo…
“Maggio 2006: una operazione chirurgica alla testa. Diagnosi: tumore benigno.
Al risveglio dall’operazione mi ha aiutato una Parola di San Paolo: Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (cfr Gal 2,19).
Con alti e bassi, grazie al Signore e al lavoro dei medici, mi sono rimesso in piedi.
Oggi sono in pensione, ma continuo a lavorare nel seminario come confessore, e nella evangelizzazione in due parrocchie.
Il seminario ha già ordinato 37 presbiteri: alcuni sono già parroci, altri cappellani, e alcuni sono già in missione”.
E le nozze d’oro?
“Celebrate a Santa Marta, nel marzo 2017: il 50° della Ordinazione Presbiterale con don Aldo Amati e gli altri compagni. Una meraviglia.
La nostra classe di preti ordinati nel 1963, da mezzo secolo è infatti fedele a un appuntamento annuale. Un incontro, le esperienze messe in comune, la celebrazione della S. Messa, i momenti conviviali a tavola. Per i cinquant’anni di sacerdozio, però, noi ex alunni del Seminario Romano siamo stati ricevuti dal Papa e abbiamo celebrato messa con lui!
Inoltre, don Aldo ha avuto la bella pensata per l’occasione di mettere nero su bianco i frutti del nostro «matrimonio»; non prediche, ma la testimonianza dell’amore con il quale il Signore ci ha investiti nelle vicende più disparate, e di come abbia suscitato energie impensate e diverse per portare un contributo alla missione della Chiesa. Insomma, le nozze d’oro sono diventate un libro: Preti allo specchio 50 anni dopo, edito proprio da ilPonte”.
C’è un altro episodio che l’ha sorpresa, anche per eventuali sviluppi futuri?
“Il grande evento della Sinfonia nella Berliner Philarmonie del giugno scorso: La Sofferenza degli innocenti. Uno spettacolo emozionante.
Ispirata al grido di dolore di milioni di madri che hanno visto morire i loro bambini, nell’abisso dei campi di concentramento nazisti, grido accomunato idealmente a quello della Vergine Maria che assiste alla morte del proprio figlio appeso ad una croce, La Sofferenza degli Innocenti rappresenta un originale ponte di dialogo tra ebrei e cristiani. Una «rivoluzione nella relazione fra i cristiani e il popolo di Israele» l’ha definita il rabbino David Rosen, direttore degli Affari Interreligiosi dell’American Jewish Committee, che vi ha assistito in diverse occasioni. «Ora una Porta è aperta» ha rilanciato il nostro Arcivescovo.
Ogni tanto mi viene in mente quello che diceva il vecchio Simeone: ora lascia o Signore che il tuo servo vada in pace… perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza”.