Avevamo lasciato Nicola Padovani, nocchiere riminese arruolato nella XII Squadriglia M.A.S. della Regia Marina Italiana, nell’accampamento militare presso il lago Ladoga, in Russia, alla vigilia delle operazioni belliche, nel contesto dell’assedio di Leningrado. Con l’ultimo racconto, fatto in prima persona dallo stesso Padovani (detto ‘Lùngo’), viene mostrato l’avvio e lo sviluppo di queste operazioni, tra le più importanti della seconda guerra mondiale.
Le cannoniere sovietiche
Per proteggere il loro traffico costiero, che si svolgeva prevalentemente fra il porto di Nuova Ladoga e Morje, in Carelia, mediante grosse bettoline rimorchiate o semoventi, i russi disponevano di una torpediniera, di sei cannoniere, di una ventina di grosse e veloci motovedette e di altre unità armate di minore entità. Dalla nostra parte vi erano i quattro M.A.S., sei vedette posamine tedesche e un raggruppamento di 30 pontoni semoventi fortemente armati; l’utilizzo di questi ultimi mezzi fu modesto per le continue avarie.
Il nostro gruppo, guidato dall’ufficiale in seconda sottotenente di vascello Carlo Ercolesi, si era nel frattempo organizzato. Nessuno restava inoperoso, adattandosi, a seconda delle necessità, ai più impensati mestieri. Per i M.A.S. avevamo improvvisato pontili e rifugi mimetizzati e diradati con accanto un’officina per l’approntamento dei siluri e un’altra per i motori. Insieme con i nostri sottufficiali lavoravano con ammirabile dedizione. Il capo radiotelegrafista Fossati aveva montato la sua stazione radio e disteso i suoi “aerei” in una radura della foresta. I M.A.S., quando partivano in missione, potevano contare sui collegamenti con la base. Le baracche di cartone incatramato, in cui viveva la spedizione, inizialmente montate su un braccio della baia furono spostate verso l’interno della vicina foresta.
Seppur nella apparente tranquillità delle foreste, occorreva stare ben vigili. Nel corso della notte, più raramente di giorno, bombardieri isolati si avvicendavano per ore sul cielo di Sortanlahti, cercando di colpirci con bombe di grosso calibro, che scavavano nel terreno umido e sabbioso veri crateri. La impenetrabile e fitta foresta faceva da efficace copertura: per quanto siano state sganciate moltissime bombe non si è verificato mai alcun danno, a parte qualche scheggia in una baracca. Alla fine di luglio presero parte le missioni dei M.A.S., che avranno fine agli ultimi di ottobre, quando per il pericolo di rimanere bloccati dai ghiacci, fu deciso di trasferirli nel golfo di Finlandia. In pratica, ogni qualvolta le condizioni del tempo lo permettessero, col calare della notte i M.A.S. prendevano il largo dirigendosi a pieni motori verso la zona di agguato, salvo poi procedere silenziosamente, più adagio, verso il punto stabilito. Data l’ampiezza del lago quando si scatenavano improvvisi e violenti colpi di vento, le acque si agitavano fortemente rendendo difficile la navigazione per gli scafi leggeri dei M.A.S..
Altro ostacolo era la nebbia, che frequentemente copriva con fittissimi banchi la riva e la superficie del lago, togliendo ogni visibilità. La generalità delle missioni aveva lo scopo di insidiare le rotte dei trasporti russi che portavano rifornimenti da Nuova Ladoga a Morje e a Osinovetski. Tali operazioni erano però ostacolate dalle condizioni idrografiche della zona sud del lago, dove passavano le rotte russe: i fondali erano molto bassi e alcuni attacchi, pur condotti con grande decisione sotto una forte reazione di fuoco nemico, risultarono vani perché i siluri nella loro sacca di partenza s’infilavano nel fondo melmoso. Maggior fortuna arrise al M.A.S. 528 (comandato dal sottotenente di vascello Aldo Benvenuti), che riuscì ad affondare una cannoniera di scorta russa di 800 tonnellate, con due siluri in mezzo a un turbinare di cannonate. Raramente i russi, pur disponendo di forze molto superiori, si avventurarono fuori dalle loro acque.
Una volta, però toccò al M.A.S. del caposquadriglia di essere attaccato a sorpresa da tre grosse motovedette, durante un trasferimento da Sortanlahti a Lahdenpohia. Sulla rotta, nei pressi dell’isolotto roccioso di Verkhossari, fu improvvisamente centrato dal tiro delle unità avversarie, fino ad allora non avvistate. In una vertiginosa scorribanda ad alta velocità (i nostri M.A.S. potevano raggiungere i 45 nodi) il M.A.S. 529, dopo aver rotto il contatto iniziale per scentrarsi dal fuoco, affrontò le unità avversarie a distanza ravvicinata, riuscendo a incendiarne una. Nel frattempo, però, anche il nostro M.A.S. era stato sforacchiato e un colpo, miracolosamente, aveva colpito un punto delicato nella condotta di refrigerazione del motore. Nonostante l’intervento del motorista Franco Povero, non fu possibile arrestare la fuoruscita dell’acqua e il motore dovette essere fermato. Per fortuna i russi, ormai distanziati, e preoccupati di dare assistenza all’unità colpita, non insistettero e così il M.A.S. 529, pur traballando a velocità ridotta, riuscì a raggiungere la base.
I nostri M.A.S. parteciparono anche ad alcune azioni dei pontoni semoventi tedeschi e, in particolare, a quella contro Suho, isolotto fortificato a nord di Nuova Ladoga. Non era però agevole lavorare insieme, a causa della bassa velocità di marcia di tali mezzi, inadatta per i M.A.S. Intanto la stagione avanzava e la temperatura diventava sempre più rigida. Cominciavano sulla riva a formarsi i primi ghiacci, pericolosi per i nostri scafi leggeri. Allora dovemmo ripiegare le tende e rifare il cammino inverso per tornare al mare nel golfo di Finlandia. Il Maresciallo Mannerheim, comandante delle forze finlandesi, venne in settembre a visitare la Squadriglia ed ebbe nei riguardi dell’opera dei M.A.S. parole di ammirazione. Prima di partire, il colonnello Jarvinen volle di persona distribuire le decorazioni al valore ai nostri equipaggi e, in particolare, i comandanti che si erano distinti in azioni vittoriose ricevettero la croce al valore della Indipendenza Finlandese, oltre alla medaglia in ricordo dei Fratelli d’Arme del Ladoga. A fine ottobre, gli ultimi del gruppo di unità che avevano operato sul Ladoga, lasciarono Sortanlahti.
Non era certo stata una vita facile quella dei cinque mesi da fine maggio ai primi di novembre. Ammaestrati dal viaggio di andata, quello di ritorno fu più sollecito: tutta l’organizzazione, ben sincronizzata, si rimise in moto.
La temperatura era diventata molto rigida, e non era precisamente una gita di piacere procedere esposti come si è sui M.A.S. a forte velocità, con temperature di oltre 15 gradi sotto zero, quando gli spruzzi si gelano sugli scafi. Dopo una decina di giorni tutti si trovavano ad Helsinki che, dopo un così lungo isolamento, apparve, e non soltanto per merito dei finlandesi, ancor più accogliente della prima volta. L’intenso e precoce freddo che a quelle latitudini paralizza ogni operazione bellica costrinse gli alti comandi a rinunciare all’utilizzo dei M.A.S. in azioni antisommergibili nel golfo di Finlandia.
Alla fine dell’inverno 1943 l’incalzare degli avvenimenti indusse il Ministero della Marina a ordinare il rientro della spedizione e lo scioglimento della XII Squadriglia M.A.S. Si rientrò in Italia il 5 luglio, 20 giorni prima della caduta del fascio, dopo 14 mesi fuori dall’Italia.
Parte 3 – fine – Leggi anche la parte 1 e la parte 2
A cura di Pier Domenico Mattani