L’arte di essere Regine. Del rock, naturalmente, visto che già dal titolo del film si evince che stiamo parlando della celebre Regina. No, non la sovrana Elisabetta, ma The Queen, il quartetto che ha attraversato la storia del rock con canzoni ancora oggi in grado di suscitare ammirazione.
Del biopic su Freddie Mercury e sulla storia della band se ne parlava da tempo: naufragato il progetto con Sacha Baron Coen nei panni del front-man morto di AIDS nel 1991, ecco la versione Bryan Singer, anche questa non priva di difficoltà, visto che il regista titolare ha abbandonato il set verso la fine delle riprese, con conseguente licenziamento dello stesso da parte della 20th Century Fox e reclutamento di Dexter Fletcher, anche se poi Singer ha mantenuto la firma della versione cinematografica. Sembra proprio una di quelle tipiche storie da rock band, ma al pubblico ovviamente interessa il prodotto finito: la musica per fortuna c’è (da brividi il set finale del Live Aid del 1985 ricostruito quasi integralmente, manca “We Will Rock You”), in versione originale e in bella quantità.
Spazio ovviamente al privato di Freddie, e alle vicende del gruppo, dalla prima versione come “Smile” al quartetto definitivo, con la loro voglia di sperimentare e rompere con le regole e una biografia che cerca di raccontare molto, non sempre riesce a centrare il bersaglio, cerca a tratti l’effetto ma perde di affetto, non è sempre esatta negli episodi storici: che ci fa “Fat bottomed girls” nel 1975 quando la canzone uscì nel 1978? E Freddie non è stato il primo Queen ad intraprendere la carriera solista: prima ci fu Roger Taylor.
L’interprete è veramente “mimetico” (Rami Malek) e anche le altre tre “Regine” non sono da meno (e John Deacon è interpretato da Joe Mazzello che da bambino era inseguito dai dinosauri in Jurassic Park).