La cosa che impressiona nella storia de il Ponte è che, dopo oltre 40 anni, tra gli abbonati dal 1977 abbiamo ancora persone e famiglie che conosciuto il settimanale non l’hanno più abbandonato, rinnovando ogni anno la loro amicizia. È vero: chi si abbona un anno, poi difficilmente disdice. Se qualcuno lo fa è perché è molto anziano, e non ci vede più, oppure sono i suoi parenti, quando ne comunicano il decesso, è il caso avvenuto nei giorni scorsi per la cara signora Rosanna Lolli. Contemporaneamente, però, ci sono ampi settori di potenziali lettori che, di fatto, non conoscono il settimanale oppure lo qualificano per la sua provenienza (“di chiesa”) e non per i suoi contenuti reali. A queste persone, in maniera particolare, si rivolge la giornata de il Ponte che celebriamo questa domenica. Siamo infatti convinti, che avere il giornale fra le mani, significhi aprire la possibilità che quell’incontro, magari casuale, possa continuare e diventare settimanale.
Ma ci sono anche tante e nuove motivazioni che arricchiscono i contenuti di questa giornata.
La prima certamente è fare scudo, con molti lettori e abbonati, all’attacco che una parte della classe politica sta portando (nei fatti, forse in maniera incosciente) alla piccola stampa del territorio. Con l’idea di colpire i grandi gruppi editoriali (che evidentemente costoro non sentono amici), si vorrebbe procedere allo smantellamento della nuova legge sull’editoria (che può vantare un’assoluta trasparenza e rigore nell’attribuzione dei contributi pubblici), votata due anni fa e appena entrata in vigore. La beffa è che quella legge non riguarda i grandi gruppi editoriali, ma pochi quotidiani nazionali no profit e tante testate locali, come il Ponte e il Corriere Romagna. Non a caso si chiama “Fondo per il pluralismo dell’informazione”. Senza questo presidio di pluralismo, che è anche un pungolo per la società e un controllo quotidiano sulle amministrazioni locali, l’Italia si ritroverebbe più povera. Non solo di voci ma anche di democrazia. Sono 300 le testate del territorio che rischiano il collasso.
La seconda cosa che va contrastata, perché indebolisce tutto un contesto di impegno e solidarietà così necessari oggi, è, con lo sviluppo della “rete”, la convinzione che siano segnati i tempi della carta stampata. Attenti a giudicare in fretta. Basti pensare a come è finito rapidamente il boom degli eBook. Anzi in America, che, come sappiamo, anticipa molte nostre scelte, 10 anni fa predicavano la fine dei giornali e oggi invece i grandi gruppi editoriali stanno rallentando i loro investimenti sulla “rete” (poco produttivi) e si stanno buttando a capofitto ad acquistare le piccole e medie testate locali. Non c’è dubbio che la “rete” impegni i giornali a cambiare, li obblighi a mutare le proprie caratteristiche, e anche a fare investimenti per la fruizione on-line, ma non cancellerà il giornale di carta. Cosa ce lo fa dire? La storia. Non c’è stato mai nessun nuovo media che abbia sostituito in tutto i precedenti. La radio non ha cancellato i giornali, la tv non ha spento le radio, internet non lo farà per chi l’ha preceduto.
Già, ma i giovani non comprano i giornali! In realtà i giovani non leggono, né giornali, né libri, né si informano tanto sui fatti che accadono. Ma a 30-40 anni le cose già cambiano. Certo tanti under 40 leggono i giornali attraverso i tablet o il computer, come pure lo fanno coloro che in tempo reale (e non con i soliti ritardi di posta!) vogliono avere il giornale a disposizione. Ma di giornale si parla. È giusto. Infatti da qualche anno il Ponte ha una app, che viene concessa gratuitamente a tutti coloro che si abbonano al cartaceo oppure come possibilità diretta di abbonamento ad un prezzo migliore. La app ha molti arricchimenti (che di fatto ne fanno un giornale nel giornale), ma per ora i lettori non sembrano averne apprezzato il valore, se non con consultazioni sporadiche.
Un’ultima annotazione riguarda le fake-news, le bufale costruite ad hoc e fatte girare in “rete”. Sono di grande aiuto (sic!) a riabilitare il ruolo dei giornali. Mentre nella “rete” non sai mai chi ha prodotto una notizia, il giornale ce l’ha stampata e rimane a testimonianza. Sarà dunque cura dei giornalisti e direttori, man mano che crescerà la coscienza e l’attenzione dei lettori a questo fenomeno (e già questo accade) a fare in modo che la notizia torni ad essere verificata, come le regole dell’etica giornalistica richiedono, prima di essere pubblicata. Noi, come Ponte, questo lo abbiamo sempre fatto e continueremo a farlo. Ciò che è stampato diventa così garanzia di veridicità. Certo, sempre salvo errori od omissioni.